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Il creatore dell’app italiana che traccia il Coronavirus: “Perché sarà ancora più utile dopo la fine dell’emergenza”

Emanuele Piasini fondatore di Webtek (Courtesy Webtek)

Poggiridenti, meno di duemila anime a pochi chilometri da Sondrio. E’ qui, in un fabbricato ricoperto da cristalli nel centro della Valtellina, che è stata sviluppata una delle prima app italiane per il tracciamento dei contatti tra persone allo scopo di ridurre il contagio da Coronavirus.

A crearla è stata Webtek, una giovane società fondata nel 2008 da Emanuele Piasini. Il trentacinquenne Piasini e il suo team, composto da 30 persone, prima del Coronavirus si occupavano di comunicazione e dello sviluppo di piccoli software. Cosa che continuano comunque a fare, ma “quando si è avuta la notizia del primo caso qui in Valtellina ho avuto l’illuminazione”, racconta Piasini. “Era uno dei primi giorni dall’allarme e dalla creazione delle prime zone rosse. Il malato era un ragazzo che studiava a Codogno e che aveva preso il treno per tornare a casa. Era chiaro come fosse impossibile sapere tutte le persone con cui era venuto in contatto durante il tragitto. O almeno, non era una cosa umanamente possibile. Ho capito allora che noi potevamo avere le competenze per realizzare uno strumento che consentisse la tracciabilità dei soggetti venuti a contatto con una persona poi risultata positiva al Covid-19”.

La sede di Webtek a Poggiridenti (Courtesy Webtek)

Nasce così l’applicazione “Stop Covid 19”: una app di tracciamento che sarà disponibile negli store nei prossimi giorni e che raccoglie i segnali Gps dei dispositivi mobili per poi convogliarli in un sistema d’intelligenza artificiale che li sovrappone per conoscere i soggetti che sono venuti a contatto con il contagiato.

“La Regione Umbria sarà la prima a testare la nostra applicazione, vuole a tutti i costi sperimentarla sul territorio. Credo che le altre seguiranno. E anche diverse aziende e università la stanno provando”, spiega Piasini. Che non si mostra preoccupato dalle critiche in merito a possibili violazioni della privacy rivolte ad applicazioni dello stesso tipo utilizzate ad esempio in Corea (dove nel frattempo il contagio da Coronavirus appare essersi arrestato o quantomeno ridotto).

La schermata di avvio di Stop Covid 19 (Courtesy Webtek)

“Abbiamo già fatto tutti i passaggi in termini di privacy”, ci dice. “Per le normative che ci sono oggi l’applicazione è naturalmente discrezionale, nessuno potrebbe imporre un suo utilizzo. E’ anche vero che nel momento in cui si accede all’app si accetta per due volte la sottoscrizione di un modulo per la privacy e che l’utente in qualunque momento può cancellare il proprio profilo. Inoltre l’unico dato che richiediamo obbligatoriamente è il numero di telefono. Quindi la app non traccia le persone ma i contatti tra le persone”.

Fin qui una gran bella storia di impresa capace di intercettare un bisogno reale e in questo caso quanto mai urgente. Resta da capire se arrivati ai numeri attuali del contagio in Italia una simile app potrebbe avere ancora utilità o se invece il virus rischia di essere ormai incontenibile. “In questo momento l’efficacia è limitata perché tutti gli italiani sono sostanzialmente isolati in casa, quindi non ci sono contatti da tracciare”, ci dice Piasini, “ma prima o dopo dovremo tornare alla normalità e ci saranno casi di ritorno. Quello sarà il momento in cui sarà ancora più importante isolare i casi di contagio”.

Insomma, “Stop Covid 19”, gratuita per cittadini e per le autorità, sarà la app del ritorno alla normalità. Ma occorre un impegno delle istituzioni, almeno in termini di sensibilizzazione, se non normativo: perché la app sia in grado di ricostruire i contatti tra quante più persone possibile, e quindi essere davvero efficace, serve infatti che sia scaricata sul più alto numero possibile di smartphone. Solo a quel punto sarà possibile costruire una reale rete di isolamento attorno alle persone potenzialmente contagiate.

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