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Diritti tv, sponsor, territorio. Ecco quanto vale il Tour de France

(Photo by Michael Steele/Getty Images)

Articolo tratto dal numero di luglio/settembre 2020 di BIKE allegato a Forbes Italia. Abbonati.

Nel corso della ultracentenaria storia del Tour de France, soltanto le due Guerre Mondiali hanno obbligato i ciclisti a lasciare le biciclette ferme a bordo strada, in attesa di tempi migliori per tornare a gareggiare. Dal 1903, anno della prima storica Grande Boucle, la più importante corsa ciclistica al mondo si è fermata solo nei periodo 1915-1918 prima e 1940-1946 poi: uno stop che l’epidemia del Coronavirus rischia tuttavia di far ripetere. L’edizione 2020, inizialmente programmata dal 27 giugno al 19 luglio, è stata posticipata a settembre (via il 29 agosto e arrivo a Parigi il 20 settembre).

La grande carovana in giallo dovrebbe partire, così, da Nizza a fine agosto per arrivare, come da tradizione, sugli Champs Élysées a Parigi 3.470 km dopo. In mezzo 21 tappe, tanta salita e tanto spettacolo, che attira sulle strade tra 10 e 12 milioni di spettatori (tema su cui gli organizzatori stanno lavorando per il 2020, visto il pericolo porte chiuse) e altrettanti in tv nei principali paesi d’Europa: nel 2019, ciascuna tappa tra Francia, Germania, Spagna, Olanda e Svezia ha avuto circa 11,8 milioni di telespettatori collegati.

Non è un caso, in fondo, se anche per il Tour de France una delle principali fonti di guadagno sono i diritti televisivi. La Grande Boucle è organizzata dalla Amaury Sport Organisation, che fa parte del gruppo Amaury (editore de L’Equipe e di France Football tra gli altri) e a cui fanno riferimento anche alcune delle altre maggiori gare ciclistiche mondiali (come la Vuelta a Espana, la Parigi-Roubaix e la Liegi-Bastogne-Liegi) oltre alla Dakar. L’Aso ha visto i suoi ricavi salire notevolmente negli ultimi anni, passando dai 180 milioni del 2013 ai 235 milioni di fatturato con cui ha concluso l’esercizio al 31 dicembre 2018 (ultimo disponibile): di questi, larga parte derivano dal Tour de France.

Secondo le stime, infatti, si parla di ricavi tra 100 e 150 milioni generati dalla Grande Boucle ogni anno. La larga parte arriva dai diritti tv (tra il 50% e il 55%), seguito dalle sponsorizzazioni (tra il 40% e il 50%) e infine dalle comunità e dalle località che investono per ospitare la gara. Per fare un confronto diretto, Rcs Sport, la società che organizza il Giro d’Italia, nel 2018 ha avuto un fatturato pari a 60 milioni di euro.

Solo in Francia i diritti tv della corsa in giallo valgono circa 25 milioni di euro l’anno nel contratto con France Television, le sponsorizzazioni minori valgono tra 250 e 300mila euro e c’è anche chi come LCL, dal 1987 sponsor della maglia gialla, versa all’Aso circa 10 milioni di euro annui. Senza dimenticare la famosa carovana del Tour, la carrellata di veicoli pubblicitari che anticipa il passaggio della corsa: i costi, secondo le indiscrezioni, parlano di circa 40mila euro per avere quattro veicoli all’interno della carovana, con ulteriore 6.300 euro per ogni veicolo in aggiunta.

Un giro d’affari importante anche per i paesi attraversati ogni anno dalla corsa. Secondo quanto spiegato dal ministero dello Sport francese, ogni euro speso dalle città o regioni per ospitare il Tour de France genera tra due e tre euro di indotto su tutto il territorio.

In Inghilterra, da dove la gara è partita nel 2007 e nel 2014, l’impatto economico è stato pari a circa 130 milioni di sterline per ciascuna edizione, mentre nel 2015 Utrecht ha avuto benefici economici per 23 milioni di euro e nel 2017 Düsseldorf addirittura 64 milioni (su 16 milioni investiti).

Chi forse approfitta meno di una forza economica di questo tipo sono i veri protagonisti della Grande Boucle, ovverosia i ciclisti. Il montepremi per i corridori nel 2019 era pari a complessivi 2,3 milioni di euro, da distribuire non solo in base alle vittorie di tappa ma anche alle varie classifiche (quindi classifica generale, classifica a punti, classifica dei gran premi della montagna, classifica dei giovani).

Chi vince la singola tappa porta a casa 11mila euro, con un montepremi complessivo per le sole vittorie di giornata pari a 231mila euro: volendo fare una media, si parla di vincere 66 euro per ciascuno dei 3.470 km percorsi, con picchi che vanno dai 343 euro per kilometro della cronoscalata da Lure a La Planche des Belles Filles (36km, la tappa più corta) ai 50 euro per kilometro della 12a tappa, la più lunga del Tour (da Chauvigny a Sarran, 219 km).

Geraint Thomas
Geraint Thomas in maglia gialla (Shutterstock)

Così, nel 2019, i ciclisti del Team Ineos (ex Sky) ha portato a casa ben 799mila euro, grazie soprattutto alla doppietta Egan Bernal-Geraint Thomas nella classifica generale, con la Jumbo-Visma che segue a 203mila euro (grazie al terzo posto finale di Steven Kruijswijk) e sul terzo gradino la Deceuninck-Quick-Step (189mila euro), con Julian Alapphilippe che ha tenuto la maglia gialla per ben 14 giorni. Una fatica forse non ricompensata dai premi del Tour de France: a quello, prevalentemente, pensano le varie squadre.

I 19 team in possesso della licenza dall’Uci, (l’Unione ciclistica internazionale) che permette di partecipare a tutte le gare del calendario mondiale sono sparse un po’ in tutto il mondo, da Israele al Sudafrica. Spesso, poi, la bandierina accanto alla squadra non corrisponde alla vera sede “ufficiale” della società: la kazaka Astana in realtà ha sede in Lussemburgo (la società si chiama Abacanto Sa) così come la belga Deceuninck-Quick Step (Decolef LUX), in Svizzera troviamo invece l’australiana Mitchelton-Scott e la UAE-Team Emirates degli emirati, mentre c’è anche chi come la tedesca Bora-Hansgrohe ha sede in Austria o l’altra tedesca del Team Sunweb in Olanda.

Il giro d’affari dei team permette comunque di garantire stipendi corposi ai big: la stessa Bora versa a Peter Sagan circa 6 milioni di euro secondo le indiscrezioni, mentre la Ineos (ex Sky) garantisce circa 5,5 milioni di euro a Chris Froome mentre Vincenzo Nibali, con il passaggio alla Trek-Segafredo, avrà un ingaggio da 3,7 milioni di euro. Numeri diversi per i gregari: i salari minimi sono pari a 30.800 euro l’anno per i neoprofessionisti e 38.110 euro per i professionisti, ma per i gregari di lusso, che con la riduzione del numero di corridori per squadra sono sempre più fondamentali, si può arrivare anche fino a 300mila euro.

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