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Piero Piazzi, il manager in passerella che non smette di sorprendersi

Piero Pazzi

Articolo apparso sul numero di settembre 2020 di Forbes. Abbonati

Il modello che voleva fare l’avvocato è diventato manager. Avrebbe potuto essere questo il titolo in cima all’articolo che state leggendo. Perché quella di Piero Piazzi, passato alle cronache come l’uomo che ha scoperto alcune tra le più grandi top model del periodo d’oro della moda, è una storia dalle mille sfaccettature, tutt’altro che ferma allo stereotipo del bello in mezzo alle belle.

“Devo essere glamour, ma sono il contrario”, esordisce accendendosi la prima sigaretta dell’intervista (ma anche una delle ultime dopo una svolta salutista nata da un soggiorno presso una health clinic quest’estate).
Piazzi è un italiano di caratura internazionale, noto da anni in tutto il pianeta. Vogliamo raccontarlo in maniera diversa da quanto hanno già fatto decine di altre riviste. E lo comprende subito. Vogliamo capire quale è stata la molla che lo ha spinto a intraprendere strade diverse nella sua vita e quale è la chiave che gli ha permesso di interpretare con il passare degli anni ruoli diversi restando sempre ai massimi livelli. “Ho sempre pensato che quello che stavo vivendo fosse solo un momento di passaggio”, spiega. “Che fossi destinato a fare altro”. E questo fin dagli inizi della sua carriera.

Nato a Bologna, a 16 anni sfida quella che definisce con tenerezza una famiglia borghese e risponde al richiamo della città che già allora era forse la più cosmopolita d’Italia, spostandosi a Milano. È qui che inizierà la sua carriera professionale, grazie all’incontro con Beatrice Traissac, che all’epoca guidava la migliore agenzia di modelli della città e che gli propone un percorso in quel mondo. “Mi chiese se volevo intraprendere quella carriera, ma io non sapevo neanche cosa fosse un modello”. Sempre con la convinzione che si trattasse di un impegno temporaneo, e con una certa voglia di buttarsi, disse sì. Poi arrivò la sua prima campagna per Emporio Armani. E da lì l’escalation internazionale, le esperienze lavorative a New York con tutti i più grandi fotografi del momento (da Avedon a Barbieri) e le serate allo Studio 54 con tutte le celebrità dell’epoca. Il tutto riuscendo comunque a conseguire la Maturità. E sempre con l’idea che diverso sarebbe stato il suo definitivo approdo professionale.

Ma come nel mondo dello sport anche nel mondo della moda è importante riuscire a capire quando è il momento giusto per smettere. E lasciare quando si è ancora ai massimi livelli è ciò che contraddistingue un campione da chi è destinato all’anonimato, a un ricordo ordinario. Nell’85, all’apice di quella che può essere definita la sua prima carriera, Piazzi torna così in Italia con l’idea di laurearsi. Non passerà in realtà molto prima che ancora Beatrice Traissac gli rivolga una proposta inedita per l’epoca. Gli offre infatti di occuparsi del reparto donna della sua agenzia. L’esordio è con il lancio di Marpessa, ne seguiranno a decine. Da Monica Bellucci a Carla Bruni, Mariacarla Boscono, Eva Riccobono, Lea T.

Nel 1990 arriva il salto in Riccardo Gay dove resterà fino al 2000. Saranno gli anni della consacrazione di Piazzi al top del model management. Con lui lavoreranno infatti Naomi Campbell, Kate Moss, Eva Herzigova, Valeria Mazza, Isabeli Fontana, Alessandria Ambrosio e molte altre.

“Ripensando a quegli anni credo che la mia voglia continua di imparare e l’ascolto degli altri abbia fatto la differenza. Sono riuscito a cambiare la concezione della professione, creando la figura professionale del model manager in un ambiente dove prima vigeva una certa improvvisazione”, ci dice.

Durante questo percorso Piazzi non si dimentica degli altri, iniziando nell’85 il volontariato all’Ospedale Sacco di Milano nel reparto dove erano in cura i malati di Hiv. Esperienza che oggi si rispecchia nell’impegno come ambassador in The Children for Peace, organizzazione non governativa che opera nelle aree più sfortunate del mondo in aiuto ai bambini orfani, abbandonati, sieropositivi e in condizioni di estrema povertà e alle loro famiglie.

Dopo cinque anni da modello e 35 da manager, oggi Piazzi è presidente e ceo di Women Milano, che fa parte del gruppo Elite World, il più importante network internazionale di agenzie di model management al mondo, del quale è anche coordinatore del business a livello mondiale. Non male per chi si è sempre considerato di passaggio nel mondo della moda. “È vero. Non ho mai pensato che stessi costruendo qualcosa, non avevo obiettivi. Ma attenzione: ho sempre voluto lavorare al mio meglio e sempre con il cuore. Questo credo mi ha permesso di ottenere risultati”.

Nel frattempo il mondo della moda è molto cambiato: la finanza internazionale è entrata pesantemente sulle passerelle, le influencer hanno preso in parte il posto delle modelle e da ultimo il Covid-19 ha messo in discussione alcuni capisaldi dell’industria come l’alternarsi delle collezioni. “Il mondo si è trasformato con le crisi: prima con la Guerra del Golfo, poi con le Torri Gemelle e ancora con la crisi finanziaria del 2008”. Poi sono arrivati gli influencer. “E qui bisogna distinguere. In passato ho criticato Chiara Ferragni e poi mi sono ricreduto. Perché oltre a fare delle foto ha dimostrato di saper fare anche tanto altro. Ma quelle come lei si contano sulle dita di una mano. E ci sarà una selezione naturale. Anche il Covid-19 favorirà la qualità piuttosto che la quantità. E si tornerà a rendere le cose più durature. Troppo spesso di recente la moda ha creato dei fenomeni. Ma il mondo non ha bisogno di supereroi, quanto di cose destinate a durare”. E come si riconosce qualcosa destinato a durare? “C’è una cultura nella bellezza. Nel mio senso di estetica non c’è posto per le cose troppo chiassose. La bellezza non è perfezione, semmai l’eleganza è l’equilibrio tra un insieme di cose diverse”.

“E allora qual è la sfida di oggi?”, gli chiediamo mentre ci accingiamo a salutarlo. “La moda risorgerà se riusciremo a tenere unito il sistema. E se questo sistema smetterà di essere terrorizzato dai giovani. Per questi motivi, se ci saranno le condizioni, potrebbe essere arrivato il momento di un mio impegno istituzionale”. Insomma, un altro momento di passaggio potrebbe essere nel destino di Piazzi. “Vede”, dice sorridendo mentre spegne l’ultima sigaretta, “non ho mai pensato di essere arrivato e non lo penso certamente adesso”.

 

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