Tante storie americane, di vita reale o raccontate al cinema, si fondano sul concetto della seconda opportunità. Il personaggio principale del racconto tenta di raggiungere un obiettivo, non ci riesce, per i motivi più vari, ma per un misto di scelte personali e incroci imprevedibili del destino si ritrova ad avere una nuova occasione. Puntualmente la seconda volta è quella buona, altrimenti queste storie non verrebbero recuperate per essere raccontate. Quando però c’è il lieto fine è inevitabile guardarsi indietro e pensare a tutto quello che è successo. E nella storia di Larry Ellison, fondatore di Oracle con un patrimonio secondo Forbes da 80 miliardi di dollari, c’è molto di cui parlare. Larry Ellison probabilmente non ha mai conosciuto i suoi genitori biologici. Il padre di sicuro, sulla madre invece non ci sono certezze, visto il grande riserbo che è sempre stato mantenuto sulla questione tra voci più o meno confermate o smentite a seconda dei casi. In più il suo vero cognome non è nemmeno Ellison che è invece quello del padre adottivo, un immigrato dalla Russia passato per Ellis Island prima di entrare negli Stati Uniti. Proprio dal passaggio sull’isola di fronte a New York gli è derivato quel cognome che tanto la richiama e che Larry si ritrova ad avere addosso per tutta la vita anche se non per sua scelta. A 9 mesi il piccolo Larry, nato nel 1944, prende una polmonite da cui riesce a guarire, ma a quel punto la madre, non sposata e lasciata da sola dopo essere rimasta incinta, sceglie di abbandonare il figlio affidandolo alle cure di due prozii a Chicago, come ricordano Vanity Fair e Business Insider.
Il quartiere in cui Larry Ellison cresce non è esattamente della buona borghesia, ma nemmeno così difficile nonostante le condizioni modeste della famiglia adottiva, come ricorda lui stesso in un’intervista del 1995: “Sono cresciuto nel South Side di Chicago. Ricordo che Look Magazine lo definì il più antico e peggiore ghetto nero degli Stati Uniti. Ma siamo certamente sopravvissuti a Look Magazine. Era un quartiere della classe medio-bassa. Era un ghetto ebraico, circondato da un ghetto nero e da un ghetto portoricano e latino. Ma non era affatto come i ghetti oggi. Voglio dire, i ghetti di oggi e i quartieri della classe medio-bassa di oggi sono dominati da armi e droga. Non sapevo nemmeno di vivere in un quartiere “cattivo”. Non ne ero consapevole. Nessuno me l’ha detto. E non l’ho scoperto finché non me ne sono andato”. Il rapporto con il padre adottivo non è mai stato semplice. L’uomo infatti continuava a ripetere a Larry che era un buono a nulla e non avrebbe mai combinato nulla nella vita, ricorda Fortune in un suo articolo. Sensazioni che sembrano essere confermate a scuola, con il ragazzo nella categoria dei più classici “bravi ma che non si applicano”. Al college la situazione sembra migliorare, tanto che Larry vince il premio di studente dell’anno in scienze all’Università dell’Illinois, ma proprio durante la premiazione gli giunge la notizia della morte della madre adottiva. “Era il mio unico supporto durante la crescita” ricorda Larry che trascorre l’estate in California prima di fare rientro a Chicago. Nuovo tentativo con l’università, questa volta l’Università di Chicago, ma dopo un solo semestre gli studi vengono lasciati definitivamente. “Mio padre ha iniziato a bere”, conclude Larry a Vanity Fair, “e così me ne sono andato”. Destinazione California, dove si presenta con una sgargiante Thunderbird decappottabile turchese del 1964 acquistata a poco prezzo con i propri risparmi così da dare un’impressione migliore di sé.
Inizialmente la situazione per Larry Ellison è precaria, ondivaga in mezzo a lavori occasionali, nonostante si trovi in un territorio ricco di stimoli e possibilità. Ancora nell’intervista del 1995 spiega: “Ho trovato un lavoro come programmatore, ero in gran parte autodidatta. Ho preso un libro sull’argomento e ho iniziato a programmare”. Dopo varie esperienze riesce a ottenere un posto di lavoro, sempre legato alla programmazione, alla Ampex e viene inserito all’interno di un team di lavoro che si stava occupando della realizzazione di un gigantesco database su richiesta della CIA: il nome in codice di questo progetto era “Oracle”, nome che Ellison sceglierà per la propria azienda, quando con il suo vecchio capo alla Ampex, Bob Miner, ed Ed Oates deciderà di mettersi in proprio. Lo spunto gli arriva durante una delle sue letture quando si imbatte nei concetti legati ai “database relazionali” teorizzati da un informatico IBM, Edgar F. Codd che immaginava sistemi in grado di archiviare e permettere l’accesso a grandi quantità di dati e informazioni. Un’idea che nel mondo digitale di oggi è data quasi per scontata, ma che alla fine degli anni ’70 di fatto non era mai stata presa in considerazione. Larry, Ed e Bob iniziano la loro avventura nel 1977 con la società di gestione di database Software Development Laboratories con 2mila dollari, di cui 1.200 messi di tasca propria da Ellison. Il primo cliente che riescono a intercettare è una grossa opportunità e allo stesso tempo un rischio: il primo database creato dai neonati imprenditori infatti viene offerto proprio alla CIA, con cui già avevano avuto a che fare ai tempi della Ampex. Una bocciatura da un nome importante come quello dell’agenzia di Langley potrebbe azzoppare da subito le ambizioni del trio, le cose però si mettono bene e così la vendita viene completata. È poi il turno dell’aviazione e vendita dopo vendita il nuovo database si diffonde in un crescendo di apprezzamenti che portano nel 1983 al cambio di nome in Oracle Systems Corporation. La società è passata attraverso periodi di crisi importanti, come negli anni ’90, e il suo stesso fondatore, come racconta sempre Vanity Fair, è sopravvissuto ad uno spaventoso incidente mentre praticava il bodysurf alle Hawaii. Gli ultimi dati, pubblicati a metà settembre del 2020, raccontano di un enorme potenza in grado di prevedere per il 2021 qualcosa come 39,9 miliardi di dollari di ricavi. “Quando ho fondato Oracle, quello che volevo fare era creare un ambiente in cui mi sarebbe piaciuto lavorare. Questo era il mio obiettivo principale. Certo, volevo guadagnarmi da vivere. Certamente non mi sarei mai aspettato di diventare ricco, certamente non così ricco” ammette Larry Ellison nell’intervista del 1995. La seconda opportunità, per lui, è stata davvero quella giusta.
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