In Europa si sta diffondendo l’idea di concedere dei vantaggi a coloro che sono stati vaccinati contro il Covid-19. Si tratta del cosiddetto passaporto vaccinale, una proposta avanzata dal primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis il 12 gennaio e accolta con grande favore dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che lo ha qualificato come un “requisito medico” necessario per mantenere aperte le frontiere.
In un contesto ancora privo di sostanziali certezze, in cui entrano in gioco questioni etiche, oltre che economiche e giuridiche, sull’eventuale possibilità di generare discriminazioni e limitazioni importanti nei confronti di chi non dispone di tale certificazione, cominciano a diventare diverse le amministrazioni pubbliche nazionali che ne valutano seriamente l’introduzione.
A partire dal Regno Unito, che nei giorni scorsi, attraverso il ministro degli Esteri James Cleverly, ha parlato della possibilità di un sistema di certificazione che consentirebbe ai cittadini vaccinati di viaggiare all’estero da quest’estate. Al programma Today di Bbc Radio 4, Cleverly ha detto che “non sarebbe una pratica così nuova” quella di chiedere la documentazione sulle vaccinazioni e che il governo britannico starebbe collaborando con i partner internazionali proprio in questa direzione.
Dopo le parole di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione dell’Unione europea, e del primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis sull’idea di un certificato che faciliti gli spostamenti all’interno dell’Unione Europea, alcuni stati membri stanno già rilasciando i propri certificati ai cittadini che sono stati vaccinati.
Il 21 gennaio l’Islanda è stato il primo paese europeo a fornire certificati di vaccinazione contro il Covid-19 a coloro che hanno ricevuto due dosi di vaccino, rivelando inoltre che riconoscerà anche qualunque altro certificato di vaccinazione simile emesso da qualsiasi altro paese dell’UE o Schengen. “Presentando il certificato vaccinale al confine saranno esentate dalle misure di controllo anti-Covid valide in quel Paese” ha fatto sapere il ministero della Salute islandese in una nota.
Questa settimana anche Danimarca e Svezia hanno annunciato che distribuiranno passaporti digitali, che non solo consentiranno ai cittadini di viaggiare, ma anche di cenare fuori e partecipare a eventi sportivi e culturali di persona. La Danimarca studia l’ipotesi di un registro online a cui si potrebbe accedere per verificare lo stato di vaccinazione, che potrebbe essere attivo già entro fine febbraio. “Sarà un passaporto extra che potrai avere sul cellulare per documentare che sei vaccinato” ha detto il ministro delle finanze danese Morten Boedskov. Il governo svedese invece conta di poter iniziare ad emettere certificati digitali entro giugno.
Anche la Spagna si è dichiarata ottimista sull’idea del passaporto sanitario. “La certificazione del vaccino è qualcosa verso cui stiamo andando inevitabilmente” ha detto il primo ministro degli Esteri Arancha Gonzalez durante un’intervista alla radio nazionale RNE il mese scorso. “Sarà un elemento molto importante per garantire un sicuro ritorno alla mobilità”.
Il ministro dell’Interno portoghese Eduardo Cabrita, in un incontro con la Commissione europea, ha dichiarato che il passaporto vaccinale renderebbe la situazione molto più facile da gestire. E anche Cipro sembra essere sulla stessa lunghezza d’onda, annunciando che abolirà i requisiti sanitari come i test e la quarantena per i viaggiatori che potranno dimostrare di essere vaccinati.
In Polonia, secondo il vice ministro della salute Anna Golawska, le persone che si vaccinano contro il Covid-19 riceveranno un documento di conferma, appena dopo la seconda dose. L’idea è stata inserita nel programma nazionale di vaccinazione della Polonia, adottato dal governo a dicembre, secondo il quale le persone vaccinate potranno utilizzare i servizi sanitari pubblici senza ulteriori test, non saranno incluse nelle misure per la socializzazione e non dovranno inoltre sottoporsi alla quarantena dopo essere state a contatto con una persona infetta da Covid-19.
Oltre ai freni posti da Francia e Germania, che ritengono l’idea ancora prematura, vista la minima percentuale di popolazione già vaccinata, e alle questioni etiche legate alle possibili discriminazioni che ne deriverebbero, sopraggiunge anche un aspetto meramente scientifico. I dati attualmente in nostro possesso suggeriscono che i vaccini per il Covid-19 bloccano la manifestazione dei sintomi ma, quanto alla trasmissione del virus, la rallentano soltanto. Il dibattito sulla questione è destinato senz’altro a dilungarsi ulteriormente.
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