Illycaffè è la prima azienda italiana del caffè a ottenere la certificazione B Corp, assegnata alle organizzazioni che si impegnano a rispettare più alti standard di performance sociale e ambientale, trasparenza e responsabilità e che operano in modo tale da ottimizzare il loro impatto positivo verso i dipendenti, le comunità di riferimento e l’ambiente. “Siamo veramente orgogliosi, perché non fa altro che confermare quanto di buono abbiamo fatto in questi anni e la bontà e la solidità del nostro business, fondato sulla creazione di valore per tutti i stakeholder”, racconta a Forbes.it, Massimiliano Pogliani, amministratore delegato della società dell’azienda triestina che nel 2019 ha adottato lo status di Società Benefit, confermando la scelta di continuare a crescere operando in modo sostenibile per le comunità con le quali interagisce, inserendo l’impegno all’interno del proprio statuto societario.
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Ecco perché la conquista della certificazione B Corp rappresenta una doppia soddisfazione per illycaffè. “A oggi sono oltre 140mila le aziende che hanno tentato di ottenere questa certificazione, ma solo meno del 3% ci sono riuscite. E questo per noi rappresenta un vero e proprio motivo di vanto, soprattutto quando siamo i primi nel mondo del caffè in Italia ad ottenerla. E comunicarlo correttamente è fondamentale”. E se il successo di oggi può essere quindi considerato come la ciliegina sulla torta di una lunga e tortuosa rivoluzione ideale di business, contestualmente non può e non deve essere il punto di arrivo, ma il punto di partenza di un nuovo percorso. “Oltre a far crescere e prosperare l’azienda, dobbiamo assolutamente darci dei nuovi obiettivi per migliorare il nostro impatto sociale e ambientale, in quanto i risultati saranno monitorati anno dopo anno, per valutarne i possibili miglioramenti. Senza dimenticare che ormai la sostenibilità è la discriminante sia per gli investitori che per i consumatori, che respingeranno sempre di più le aziende non sostenibili”.
Scelta che illycaffè mette in pratica da sempre: seguendo il pensiero ‘non esiste qualità se non è sostenibile’ del suo fondatore Ernesto Illy e implementandolo lungo tutta la filiera. Operando, quindi, in modo responsabile, trasparente e sostenibile per le comunità con cui interagisce. “Per offrire il miglior prodotto e garantire che sia sempre disponibile è fondamentale avere un rapporto diretto con i coltivatori e fornitori e permettergli, contestualmente, di prosperare e di accrescere il loro business, anche e soprattutto in chiave sociale. Ecco perché trasferiamo loro la conoscenza, li formiamo a una produzione di qualità nel rispetto dell’ambiente e li ricompensiamo per la qualità prodotta, pagando loro prezzi superiori a quelli di mercato, in modo tale da stimolare il miglioramento continuo e rendere sostenibile la produzione”.
E, in questo sono diverse le iniziative messe in atto da illycaffé: dalle attività in loco, come quelle ricreative, scolastiche e mediche, garantite alle famiglie dei coltivatori, fino ad arrivare alle piantagioni pilota in Guatemala e in Etiopia per studiare nuovi sistemi di coltivazione rigenerativa, e al riciclo o alla conversione in energia del 99,6% dei rifiuti prodotti. “Senza dimenticare che, grazie a dei nuovi sistemi, in Nicaragua e in Honduras abbiamo ridotto del 35% il consumo di acqua, e che ogni anno riusciamo a ridurre di 175 tonnellate l’utilizzo della plastica, dato che i nostri articoli monouso (essenziali per il nostro settore vista la pandemia) sono prodotti con materiali riciclati e certificati”.
E se la pandemia ha costretto illycaffè, così come gran parte delle aziende in tutto il mondo, a dover adattare la propria strategia di business, tuttavia l’azienda triestina si è concentrata su tutti quei canali di vendita stimolati proprio dal Covid-19, come quelli della grande distribuzione e dell’online. “Ovviamente, rimaniamo sempre concentrati sul nostro business principale, anche perché ci aspettiamo un importante aumento dei consumi, una volta che si potrà nuovamente riaprire e tornare alla normalità”, conclude Massimiliano Pogliani, che in ultima battuta, rivela: “Non escludiamo acquisizioni di tipo inorganico, ossia di attività o di integrazione di attività che possono sostenere il business digitale”.
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