Bertie Charles Forbes, secondo la leggenda, voleva chiamare il suo giornale Doers and doings, perché doveva parlare delle persone che fanno le cose (“doers”) e delle cose che fanno (“doings”). Per capire davvero un’azienda, sosteneva, conoscere il capo era infatti più importante che conoscere il bilancio. “È l’uomo a fare o distruggere un’impresa”, affermava sul primo numero della rivista.
Il suo socio, Walter Dray, lo convinse tuttavia a chiamare il giornale semplicemente Forbes Magazine. B. C. Forbes aveva infatti lavorato per i giornali di William Randolph Hearst, il magnate dell’editoria che ispirò Orson Welles per il Charles Foster Kane di Quarto potere, e si era costruito la reputazione di autorevole giornalista finanziario. Un patrimonio che, secondo Dray, doveva essere sfruttato.
Il 15 settembre 1917, il primo numero arrivò così nelle edicole con la testata Forbes, accompagnata dalla dicitura “Dedicato a doers and doings”. Usciva ogni 15 giorni e costava 15 centesimi di dollaro. In alternativa, per 3 dollari si poteva sottoscrivere un abbonamento annuale. Le sole macchie di colore, nelle 52 pagine, erano quelle di arancione sulla copertina.
Il primo numero di Forbes
“Il numero del settembre 1917 segnò una svolta per le riviste economiche”, ha scritto il sito Forbes.com in un articolo che ricostruisce la storia del primo numero. La rivista intendeva “raccontare le storie di coloro che guidano aziende di successo e cogliere il lato umano del business e della finanza. La storia ha dimostrato che i più grandi vincitori, di norma, incontrano ostacoli tremendi prima del trionfo. Vincono perché rifiutano di farsi scoraggiare dalle sconfitte”.
Il nuovo giornale voleva essere “fedele ai fatti ed equo nei confronti degli uomini” che raccontava. La quarta di copertina assicurava che “il profano non avrebbe avuto bisogno di un interprete” per leggerlo.
I ritratti
Il fondatore, scrive ancora Forbes.com, “voleva andare al di là dei numeri aridi che caratterizzavano la scrittura dei suoi contemporanei nel mondo della finanza”. Accanto a strilli che promettevano i classici contenuti delle riviste del tempo – analisi di mercato, previsioni di grandi banchieri -, comparivano quindi quelli per i ritratti di grandi personaggi.
Un profilo era dedicato a George Jay Gould I, magnate delle ferrovie che veniva definito “il Nicola Romanoff degli Stati Uniti”, con riferimento all’ultimo zar di Russia. Gould aveva ereditato un impero delle ferrovie dal padre, Jason Gould, uomo che l’enciclopedia Britannica fotografa così: “Rimase spietato, privo di scrupoli e senza amici fino alla fine. Morì lasciandosi alle spalle una fortuna stimata in 77 milioni di dollari”.
Un altro articolo era dedicato a Charles Mitchell, banchiere che quattro anni più tardi sarebbe diventato presidente della National city bank (oggi Citibank). Nel 1929, Mitchell sarebbe stato indicato come uno dei principali responsabili delle speculazioni che portarono al crollo di Wall Street e alla successiva Grande depressione.
Il giornale del 15 settembre 1917 conteneva, soprattutto, l’anticipazione di un’intervista – uscita per intero sul numero seguente – al primo miliardario della storia: John D. Rockefeller. Nel 1916, Rockefeller era stato il primo a possedere un patrimonio nominale di un miliardo di dollari. Uno studio di due ricercatori della Harvard business school ha calcolato che Rockefeller arrivò a possedere, nel 1937, un patrimonio pari all’1,5% del prodotto interno lordo degli Stati Uniti. Un parametro secondo il quale resta tuttora l’imprenditore più ricco della storia: al netto dell’inflazione, il suo patrimonio era di molto superiore a quello attuale di Jeff Bezos.
La copertina e il resto del giornale
La copertina del primo numero della storia di Forbes era dedicata all’elezione del miglior datore di lavoro d’America. Furono messi in palio mille dollari e arrivarono più di 250 candidature. Il primo premio andò a John H. Patterson, fondatore della National cash registers, una delle prime aziende al mondo a produrre registratori di cassa.
Il resto del giornale comprendeva, tra l’altro, pagine dedicate alla poesia e alle illustrazioni, oltre ai commenti. La prima frase della rubrica Fatto & commento recitava: “Il business è nato per produrre felicità, non per accumulare milioni”. Un’intera sezione era intitolata poi Donne nel business. Bertie Charles Forbes rivendicava di essere stato il primo a introdurre una sezione simile in una rivista economica.
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