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Così Global Thinking Foundation promuove l’educazione finanziaria come strumento per raggiungere libertà economica e parità di genere

Brandvoice tratto dal numero di gennaio 2022 di Forbes Italia. Abbonati!

Rigenerare gli ecosistemi dell’educazione, del lavoro e del digitale per creare le condizioni necessarie a ridurre le disuguaglianze sociali, che zavorrano la ripresa economica e una piena attuazione di una democrazia partecipativa. È stato questo il tema del VI convegno annuale di Global Thinking Foundation, organizzazione no profit nata nel 2016 con lo scopo di promuovere l’educazione finanziaria, rivolgendosi agli adulti e alle famiglie, con una particolare attenzione alle donne e all’uguaglianza di genere. Per la fondazione, che ha intrapreso un percorso di innovazione e ricerca in quest’ambito, è giunto il momento di affrontare le implicazioni della rigenerazione degli ecosistemi, soprattutto dopo quanto accaduto a Cop26.

“Essere precursori su certi argomenti non basta, bisogna poi avere l’ardire di tirare le somme per ripartire da una solida base di risultati ottenuti e ambire a mete ancora più sfidanti, soprattutto nel no profit filantropico”, dice Claudia Segre, presidente di Global Thinking Foundation. “Da questo Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, dalla missione 3 su istruzione e ricerca alla missione 5 su coesione sociale e inclusione, dobbiamo trarre indicazioni definitive per orientare i nostri progetti, che oltre a un impatto sociale misurabile devono rappresentare un impegno forte e diffuso tra privati e istituzioni, perché la partita della sostenibilità non prevede tempi supplementari”.

Il punto di partenza con il quale l’Italia si è presentata a Cop26 è quello di un Paese che è al 25esimo posto per digitalizzazione su 28 dell’Unione europea (indice Desi). Un errore di sottovalutazione che si manifesta nella correlazione negativa tra competenze digitali di base di un Paese e il Pil pro capite. Infatti, implementare le professionalità che potranno gestire la trasformazione tecnologica ed ecologica vuole dire guardare al mondo del lavoro che cambia. E per raggiungere questo obiettivo sono necessarie competenze differenti, skill digitali che diano alle piccole e medie imprese ottime occasioni di crescita, partenariato e, soprattutto, la possibilità di poter essere più competitive.

Il VI evento annuale di Global Thinking Foundation, che si è tenuto il 18 novembre presso Palazzo Parigi, è stato un importante momento di riflessione e di confronto proprio rispetto a parità di genere, lavoro e digitalizzazione nell’ottica della sostenibilità. There is no plan(et) B – Sostenibilità e tecnologia per la rigenerazione degli ecosistemi era il titolo dell’incontro che, dopo un intervento sul New deal targato Biden, è entrato nel vivo con un panel di discussione su come economia e ambiente cambiano il modello di scuola e imprese, sull’economia circolare, sulla biodiversità e sui criteri esg per la transizione ecologica ed energetica. Per poi concludere con un secondo panel, che ha messo in relazione fintech ed empowerment, e un approfondimento finale sul Pnrr e sull’agenda europea per il cosiddetto green deal.

Le tavole rotonde hanno dato un responso chiaro: per essere più competitivi a livello internazionale, non sono sufficienti le nuove competenze dei lavoratori. “Se guardiamo ai dati dell’Eige (European index on gender equality) 2021 appena pubblicati, l’Italia resta sotto la media europea, praticamente ferma dal 2018 al 14esimo posto con un deficit sui temi della conoscenza, del lavoro e dell’educazione, mentre sono stati fatti passi avanti nella salute e nella rappresentanza politica”, spiega Segre. “E con il più basso numero di laureati in Europa (peggio di noi solo la Romania) e il più alto livello di disoccupazione femminile, anche la strategia nazionale del governo per l’intelligenza artificiale e quella sulla parità di genere dovranno tenere conto che la base di partenza è drammaticamente lontana da standard che hanno permesso ad altri, come Francia, Portogallo e Spagna, di fare di queste battaglie la migliore opportunità di recuperare crescita economica e welfare sociale”.

Per raggiungere il benessere individuale e per una piena emancipazione e libertà economica, uno strumento imprescindibile rimane dunque quello dell’educazione finanziaria. “Un equalizzatore di opportunità attraverso il quale far crescere una nuova generazione più consapevole e preparata ad affrontare scelte di vita che si confrontano con una realtà complessa”. Una situazione aggravata dalla pandemia, che ha avuto un costo sociale altissimo, e anche da una situazione climatica preoccupante. La riunione di Cop26 si è chiusa infatti sulla premessa di un nuovo dialogo per combattere la crisi climatica tra due superpotenze, Cina e Usa, che maggiormente inquinano e producono Co2: certamente colloqui che rafforzano la speranza che l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura sotto 1,5 gradi, rispetto ai livelli preindustriali, sia raggiungibile.

“E nonostante i furbetti dell’ultima ora, come Cina e India, che hanno remato contro il comunicato ufficiale imponendo di sostituire la parola eliminazione con riduzione sull’uso del carbone”, aggiunge Segre. Una lunga lista di buone intenzioni che necessita non solo di azioni e riforme politiche, ma anche di un’enorme massa di finanziamenti. “È per questo che la finanza sostenibile esce da protagonista dalle giornate di Cop26, ed è il motivo per cui abbiamo posto il nostro evento annuale all’interno della Settimana degli investimenti sostenibili e responsabili, organizzata dal Forum per la finanza sostenibile”.

Perché non ci potrà essere transizione verde senza una finanza rispettosa dei criteri esg, che sono ormai un fenomeno globale trasversale che ha modificato non solo la natura dei prodotti finanziari, ma inevitabilmente l’approccio agli investimenti e quindi le scelte dei risparmiatori. Finanza verde, Agenda 2030 e sostenibilità non a caso sono anche i capisaldi su cui si basa la GFanz, la Glasgow financial alliance for net zero, guidata da esponenti della finanza anglosassone di eccellenza, come Michael Bloomberg, l’ex governatore della Banca d’Inghilterra Carney e altre importanti partnership. Oltre 450 società in rappresentanza di 50 Paesi si sono impegnate per fornire supporto finanziario alla transizione energetica nei prossimi 30 anni. E, al contempo, hanno definito un’azione concreta per tagliare in modo significativo le emissioni dannose da subito, per arrivare a zero entro il 2050. “Ciò rimane un intento fattivo per un cambio di paradigma verso i dettami dell’economia circolare come base per cambiare culturalmente un mondo globalizzato alla ricerca di una nuova bussola per la sopravvivenza”.

Per questo si rivela fondamentale unirci per affrontare, con coscienza ed etica, una transizione energetica e ambientale necessaria, che porterà a benefici diffusi e a una redistribuzione non tanto di sussidi, quanto di opportunità di partecipazione sociale. In questo disegno, educazione e lavoro sono centrali, per una sostenibilità intesa come progresso collettivo, responsabilità sociale e rispetto delle regole, ma anche della diversità che rafforza e della meraviglia di un ambiente che ci ospiterà con maggiore riconoscenza perché gli avremo dimostrato il rispetto dovuto.

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