Articolo tratto dal numero di febbraio 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
La pandemia ha avuto un profondo impatto sulla ricerca clinica. Poiché la raccolta dati è basata in gran parte su carta e poco digitalizzata, circa l’80% delle sperimentazioni sono state ritardate o addirittura cancellate. Secondo una ricerca condotta da Accenture, c’è stata invece un’adozione su larga scala della telemedicina.
A conferma della transizione in atto verso l’uso della tecnologia nell’ambito delle sperimentazioni cliniche, che sta aprendo la strada a nuovi modelli ibridi e virtuali. Dalla creazione di algoritmi predittivi dell’aderenza al trattamento fino alla creazione di esperienze sempre più personalizzate, nei prossimi anni il settore salute sembra orientato verso una digitalizzazione completa, lasciando sempre al centro le esigenze del paziente.
Proprio tra le corsie di un ospedale, dove lavoravano nella ricerca clinica e nell’assistenza sanitaria con ruoli diversi, Alessandro Monterosso, Filip Ivancic, Kumara Palanivel e Daniele Farro, nell’agosto del 2018 crearono Patchai, dispositivo medico che aiuta nell’autogestione delle proprie condizioni di salute, migliorando l’aderenza ai protocolli degli studi clinici e alle terapie. La startup è nata da un’idea ambiziosa: sviluppare uno strumento che offrisse soluzioni digitali intelligenti, capaci di coinvolgere attivamente i pazienti nella ricerca clinica e nel percorso di cura, grazie a tecnologie come intelligenza artificiale e machine learning. “Lavorando sui trial di oncologia pediatrica, avevo notato che la raccolta dei dati avveniva principalmente su carta e che il dialogo con i pazienti poteva essere ottimizzato per migliorare il loro monitoraggio domiciliare, oltre all’aderenza alla terapia e alla raccolta dei dati”, spiega Monterosso, infermiere ricercatore di formazione, inserito nel 2020 tra gli Under 30 selezionati da Forbes Italia nella categoria healthcare. I quattro ragazzi, che si sono conosciuti alla Bocconi, grazie anche alla partecipazione al percorso di accelerazione BioUpper di Cariplo Factory, iniziarono a lavorare all’attuazione dell’idea entrando in contatto con i principali azionisti del settore.
Oggi Patchai supporta i professionisti sanitari nell’erogazione delle cure, grazie alla disponibilità di dati in tempo reale: i risultati preliminari sui pazienti mostrano infatti un’aderenza al protocollo fino al 95%, di gran lunga superiore rispetto agli altri applicativi presenti oggi sul mercato e fino a nove volte superiore rispetto alle soluzioni cartacee. In soli tre anni dal lancio, la startup con sede a Padova ha convinto diverse aziende leader nel settore farmaceutico come Novartis e Roche, ed è l’unica realtà italiana a essere stata accelerata in Silicon Valley da Plug&Play Tech Center, il più importante incubatore al mondo. Lo stesso che ha incubato, per esempio, colossi come Google e Paypal.
A gennaio dello scorso anno la startup ha chiuso poi un round da 1,7 milioni di euro suddiviso in due tranche guidate rispettivamente da Uv Cap e Sfem Italia, veicolo di investimento della Stevanato Group, azienda italiana di imballaggi medici, secondo produttore mondiale di fiale di vetro nonché importante fornitore di fiale per oltre quaranta vaccini anti-Covid. Round che ha consentito di espandere il business ad altre aree terapeutiche e scalare a livello internazionale. In tre anni la starup ha raccolto in tutto 2,56 milioni di euro. In pochi mesi dalla nascita, inoltre, Patchai ha vinto numerose competizioni a livello internazionale e stretto partnership con Ibm, l’Università degli studi di Padova e associazioni di pazienti.
Le ambizioni dei fondatori rimangono però sempre alte. “Diventare infermiere è stata la realizzazione del primo dei miei sogni professionali”, dice Monterosso. “Fondare Patchai e vederla crescere è stato il secondo. Credo che la exit sia stata solo un grande traguardo che mi avvicina alla realizzazione di un’altra ambizione: avere un concreto impatto nel mondo della sanità, supportando migliaia di pazienti e case farmaceutiche in tutto il mondo”.
Quando parla di exit, l’ex ceo si riferisce all’operazione che ha visto la startup, inclusa nel 2021 nella classifica delle 100 Top Global digital health companies del Medical Futurist Institute, essere inglobata dall’americana Alira Health, società di consulenza internazionale in prima linea nella trasformazione dell’ecosistema sanitario. “Il nostro obiettivo è quello di continuare a migliorare le tecnologie per offrire soluzioni innovative, scalabili e modulari per la ricerca clinica decentralizzata e l’assistenza standard. Come parte di Alira Health, che rappresenta un unicum nella consulenza per l’industria biofarmaceutica e medtech, realizzeremo la nostra visione di diventare leader nel mercato della tecnologia per la raccolta dei dati dei pazienti negli studi clinici”.
Ma che tipo di concorrenza c’è in questo settore? “Il settore della ricerca clinica decentralizzata è molto competitivo. I trial clinici sono ricerche composte da più fasi: disegno dello studio clinico, reclutamento dei pazienti, raccolta e analisi dei dati, interlocuzioni con le autorità regolatorie. Per la loro complessità, la specializzazione nel campo delle sperimentazioni è fondamentale. In Italia, i nostri maggiori concorrenti sono società specializzate nel campo della ricerca clinica che sviluppano le loro soluzioni tecnologiche in house”.
In questi tre anni, oltre agli accordi strategici, la società padovana ha investito sul team, cresciuto da quattro a 35 persone esperte in campo medico, infermieristico, farmacologico, data science, ingegneria informatica, intelligenza artificiale e machine learning. Risorse che, specialmente durante i mesi della pandemia, hanno ampliato il focus della startup, non più solo a supporto delle sperimentazioni cliniche, ma anche di pazienti per la pratica clinica standard, grazie al lancio del programma Smart Health Companion in collaborazione con Roche Italia, soluzione di salute digitale nata dall’ascolto di clinici e associazioni di pazienti. “Crediamo che coinvolgere i pazienti sia l’unica via per portare nuovi trattamenti terapeutici sul mercato. Questo è alla base della nostra missione: fornire un percorso clinico empatico e su misura. Si rivelano quindi fondamentali la qualità dei dati e le evidenze che vengono raccolte durante questo percorso, grazie ai quali i pazienti possono beneficiare di un’esperienza di trial meno stressante. Alira Health ha l’ambizione di diventare leader europeo nei prossimi anni”, conclude Monterosso.
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