Articolo di Mirko Crocoli
Patrick Mouratoglou, classe ’70, di origini greche, nato a Neuilly-sur-Seine (Francia), presidente della “Mouratoglou Academy”, importante ed esclusiva realtà sportiva situata a Sophia-Antipoli, nel cuore della Costa Azzurra, è senza dubbio l’allenatore di tennis più influente al mondo.
Già popolare commentatore sportivo per Eurosport e coach di diversi professionisti del circuito ATP e WTA (Marcos Baghdatis, Aravane Rezai, Yanina Wickmayer, Anastasia Pavlyuchenkova, Jérémy Chardy, Grigor Dimitrov), Morugatoglou è soprattutto da ben dieci anni spalla, istruttore e consigliere di fiducia delle tenniste più vincenti di sempre: Serena Williams. Seguitissimo sui social dagli appassionati e dagli esperti di questo sport, Patrick è oggi considerato un punto di riferimento imprescindibile per chi decide di intraprendere un percorso serio e costante nell’ universo dei rettangoli di gioco, che siano artificiali, in erba o in terra battuta.
Con lui, quindi, ci siamo soffermati su diversi aspetti: dalla sua Accademia (che ospita 4.000 praticanti provenienti da ogni angolo del pianeta, 1000 membri permanenti e 200 studenti all’anno), al ‘nostro’ Matteo Berrettini, finalista a Wimbledon. Parlando, al tempo stesso, sia degli inizi del suo ‘cammino’ professionale e dei suoi corsi che svolge come ‘personal coach’ di star e imprenditori di successo, sia del cosiddetto ‘dynamic duo’ (cosi viene viene chiamato dagli addetti ai lavori il suo felice e longevo sodalizio con la campionessa statunitense), che ha conquistato 1o titoli del grande slam (permettendo quindi a Serena di conquistare il record assoluto di 23), e 310 settimane in vetta alla classifica.
Infine, oltre alle questioni ‘Nole’ Djokovic e quella che riguarda Will Smith, premio oscar 2022 nella categoria miglior attrice protagonista per la sua interpretazione nel film “Una famiglia vincente – King Richard” – pellicola che racconta la storia di vita, di famiglia e di carriera agonistica proprio di Serena Williams -, non poteva mancare un’altra e importante notizia resa pubblica in questi giorni tramite i suoi canali social: la richiesta di Simona Halep, già n. 1 per quasi un anno (2017/2018) nel ranking WTA, di essere allenata da lui. Ipotesi prontamente accettata da Mouratoglou, che l’ha definita come l’inizio di un nuovo capitolo della sua carriera.
Volendo tornare indietro nel tempo, quando ha iniziato ad avvicinarsi al mondo del tennis? Come è successo?
Ho cominciato quando ero un bambino, avevo circa 4 anni. Vivevamo a Parigi, quindi a livello logistico è nato tutto lì. I miei genitori giocavano in un circolo di tennis, ci andavamo tutti i week end e lì ho mosso i primi passi con alcuni miei coetanei. A quell’epoca tutti praticavano il tennis, e io ero guidato anche dalla grande passione dei miei genitori. Ho iniziato così, con naturalezza, gioia e spensieratezza. e mi sono subito innamorato. È stato come un colpo di fulmine! Verso l’adolescenza, dopo che sono stato notato dalla Federazione Tennis Francese, ho iniziato ad allenarmi sempre con maggior convinzione. Cosa molto gradita alla mia famiglia, anche se e in realtà avevano altri progetti per il mio futuro.
Perché ha fondato la “Mouratoglou Academy”, di cui è anche presidente? Quali sono le mission che si è prefissato con la sua realizzazione?
Fin dalla sua nascita, l’obiettivo numero numero 1 dell’Accademia è aiutare i giovani a diventare dei giocatori di tennis. Un fine che inseguo dal 1996, anno in cui ho iniziato a lavorare a questo progetto. E da lì, abbastanza velocemente, abbiamo trovato tanti ragazzi che ci cercavano. Poi, avendo la convinzione che sport e scuola sono due aspetti che devono andare a braccetto, devo dire che è davvero bello seguirli e contestualmente indurli a proseguire gli studi. Anche perché non bisogna dimenticare che c’è una vita dopo il tennis: se diventi un campione, la cultura e l’istruzione sono parte integrante dell’uomo o della donna che diventerai. Ecco perché ci occupiamo sia di tennis e di istruzione, e a seguire negli anni abbiamo aperto anche una sezione per gli Stage. Oggi siamo leader di settore in Europa e i risultati a livello agonistico non tardano ad arrivare.
Ma come si diventa il ‘coach’ numero 1 al mondo? C’è una ricetta segreta?
È difficile rispondere a una domanda del genere, però posso dire che una cosa è certa: per riuscire in questo tipo di lavoro bisogna essere dotati di un’enorme pazienza, saper comunicare con le persone e, ovviamente, anche con i giocatori che si allenano. Bisogna portarli a dei risultati convincenti, essere davvero concentrati sui loro obiettivi sportivi e condurli proprio lì.
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Ha lavorato con molti giocatori: Marcos Baghdatis, AravaneRezai, YaninaWickmayer, Anastasia Pavlyuchenkova, JérémyChardy e GrigorDimitrov. Tutti professionisti che hanno raggiunto grazie a lei traguardi rilevanti nelle loro carriere. Qualche aneddoto o curiosità?
Desidero sempre scegliere dei giocatori che sono in difficoltà, che devono recuperare qualcosa, o che sono già grandi ma in un momento di crisi. Perché trovo che la ‘scommessa’ sia molto più accentuata. Molti dei tennisti che ho allenato, anzi direi quasi tutti, li ho proprio presi quando non erano nel loro migliore momento della carriera. E Serena ne è l’esempio assoluto. Ricordo che quando cominciai con Pavlyuchenkova era in uno stato abbastanza difficile, così come Irena Pavlovich, che forse stava anche peggio. L’importante è riuscire a farli emergere da un periodo particolarmente complicato, quando tutto sembra perduto. A Serena dissi che era “under achiever”, cioè che non raggiungeva il livello che avrebbe dovuto facilmente raggiungere. Scioccai il ‘mondo’ del tennis e Serena stessa. Perché in effetti trovo che sia favolosa la possibilità di aiutare la gente ad utilizzare al massimo sia le sue capacità sia le sue potenzialità. Mi sono sempre rivolto a dei giocatori che sentivo, come Serena, al di sotto delle loro possibilità reali, che non avessero utilizzato appieno il potenziale fino a quel momento.
Anno 2012. Vi chiamano il “dynamic duo”: 10 titoli del Grande Slam, 23 trofei e 310 settimane in vetta alla classifica. Qual è il segreto del vostro straordinario sodalizio artistico?
Con Serena siamo riusciti a creare un rapporto di fiducia eccezionale, è la chiave del nostro successo. Le dico sempre, e dico spesso ai miei colleghi, che l’inizio di un rapporto professionale con un giocatore deve essere la creazione di una confidenza reciproca. Non c’è urgenza di voler cambiare qualcosa in loro, ma bensì di guadagnare il rispetto e la stima. Creare un’intesa forte, scambievole, perché da quel momento in poi saprà che non sarà più sola o solo. E poi il mister non deve commettere il grave errore di giudicare. Alcuni lo fanno, ma è sbagliato. Bisogna altresì essere uniti nella buona come nella cattiva sorte, senza puntare il dito, i problemi poi si risolveranno. Con Serena siamo riusciti a creare questa unione speciale che ci ha fatto poi raggiungere grandi obiettivi. Una fiducia totale, preziosa, che deve crescere giorno dopo giorno. Tra noi ha funzionato subito. Ed è anche per questo che il nostro rapporto professionale è così longevo nel tempo.
Approfondiamo su Serena e sul suo talento…
Bisogna fare attenzione al talento, non è la cosa più importante. Quel che conta è ciò che si fa ogni giorno, con il duro lavoro. Se si dà troppo peso o responsabilità al talento si dimentica il lavoro. Io in generale guardo sempre il meglio dei giocatori, pur non i loro difetti, anche su Serena ovviamente. Questa è una cosa che faccio non solamente nel tennis. È necessario guardare il ‘bello’ e vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, nello sport come nella vita. Non trovo interessante soffermarmi sulle pecche degli altri, non è puntando il dito contro le criticità di una persona che la si aiuta, è così che ho fatto anche con Serena. Si va avanti utilizzando nel migliore dei modi i punti forti. Serena è una guerriera, una donna determinata, concentrata sui suoi obiettivi, ma anche una donna e una mamma, e in tutti i ‘campi’ (non solo in ambito sportivo) ha saputo affrontare con saggezza molte battaglie.
E poi c’è il Patrick Mouratoglou scrittore, autore di libri. Un’altra parte di lei?
Diciamo che mi piace tutto quello che faccio, ma quello che adoro di più è allenare. E non parlo solamente di rettangoli di gioco, ma di aiutare le persone a realizzare i loro sogni, perché di questo si tratta. Le persone coltivano delle speranze, hanno bisogno di un sostegno, una guida, nessuno può fare tutto da solo. Io preferisco quello che mi obbliga ad uscire dalla mia ‘comfort zone’, laddove effettivamente mi sentirei troppo al sicuro. Ci sono state tante cose che pensavo di non poter fare. Tutti ridevano quando nutrivo il desiderio di diventare uno dei coach più importanti al mondo.
Mi sono messo in ballo come commentatore per Eurosport, in seguito con “Live” in diretta e sì, è vero, ho scritto anche dei libri. All’inizio l’editore era scettico. “No! se il libro è mio, parla di me e dei miei metodi sono io che devo scriverlo”, risposi. “Non funzionerà mai!”, mi sono sentito dire. Eppure io ci credevo e infatti ha funzionato perfettamente. Nel momento in cui c’è lo stress, la paura, il pensiero di non riuscire a fare una cosa totalmente nuova (perché credi di non saperla fare), ecco, quella è la magia, il mio ‘attimo’ preferito. È per questo (faccio un esempio) che ho iniziato a fare anche delle conferenze per le imprese. Qualche settimana fa, ho parlato durante il più grande Salone di orologeria al mondo, a Ginevra, con il Presidente di Zenith. Vede, a me piace soprattutto dedicarmi a cose che mi obbligano alla sfida.
Patrick e l’Italia. È affezionato a questo paese? Ha qualche ricordo particolare che la lega all’Italia?
In Italia ho Cristina Cimino, la mia pr e addetto stampa, e questo è già il mio primo punto di affetto. Poi comunque abito molto vicino, qui a Sophia Antipolis, infatti, siamo solamente a 40 minuti dall’Italia. Inoltre, trovo che ci siano molti punti in comune tra italiani e francesi: non siamo molto diversi. Anzi. L’Italia, comunque, ha cose che nessun’altra nazione possiede: la cultura dell’eleganza, ma anche la raffinatezza e l’arte culinaria. È una culla del bello in ogni comparto: arte, moda, design, enogastronomia. Sono venuto tante volte a Milano, adoro la Toscana, Roma neanche a parlarne, unica! Non ci sono molte città così al mondo. Potrei dire Parigi, ma poche altre. E poi Venezia, Firenze, e Pisa. Ovviamente, ancora non conosco tutta l’Italia, ma questa estate mia moglie sta organizzando un bellissimo viaggio proprio nel vostro paese.
Torniamo al tennis e parliamo sempre di Italia con il nostro Matteo Berrettini. Cosa pensa di questo giocatore, sia a livello tecnico che umano?
Lo apprezzo moltissimo, indipendentemente dal suo ultimo exploit da Wimbledon. Anche perché lo conosco da prima. Ha fatto sicuramente un buonissimo lavoro col suo coach, Vincenzo Santopadre, che è davvero una persona incredibile, squisita e competente. Trovo che Matteo, anche con l’aiuto di Vincenzo, sia arrivato ad utilizzare molto bene le sue qualità e le sue caratteristiche tecniche. Ha un grande servizio, un eccellente dritto e ha sviluppato il suo gioco utilizzando in modo perfetto queste due qualità tecniche. È intelligente perché fa in modo che le sue partite siano impostate sul maggior utilizzo dei suoi colpi migliori. Non è da tutti! Un piccolo punto debole lo ha anche lui, un colpo che nel tennis moderno può essere rilevante: il rovescio. Tuttavia credo che, anche se è consapevole di questa debolezza, ha trovato il modo col rovescio in slice di diminuirne gli effetti. Strategicamente riesce a mixare il suo tennis in modo che alla fine i punti davvero fondamentali arrivino tutti sul suo colpo più forte, il dritto. Matteo possiede delle grosse qualità, è sempre in ‘progress’, si migliora costantemente. Come persona, e quindi a livello umano, è gentile ed educato, davvero un ragazzo fantastico.
È di questi giorni la notizia del nuovo incarico al fianco della campionessa Simona Halep. Desidera aggiungere altro?
Come ho avuto modo di spiegare pubblicamente questo è un nuovo capitolo della mia carriera da allenatore. Negli ultimi mesi mi sono reso conto di quanto mi mancasse il coaching. È la passione della mia vita, e sento ancora di avere tanto da dare. Simona è venuta alla Mouratoglou Academy per un blocco di allenamento. Il resto dei fatti rispecchia fedelmente quanto ho comunicato sui miei canali social.
Ci sono state anche delle voci su un suo possibile impegno come coach di Novak Djokovic?
Sì, le ho sentite anche io, ma no. Non diventerò il coach di Novak. Ho un impegno con altri professionisti e fino a quando questo sarà in essere non posso allenare giocatori altrettanto importanti a tempo pieno.
È da poco uscito il film “King Richard” dedicato proprio al padre e alle sorelle Williams. Will Smith ha vinto l’Oscar per questa interpretazione. Ha avuto modo di vederlo? Le è piaciuto? Rispecchia a suo avviso la realtà della vita di Serena?
Penso che il film sia fatto davvero molto bene, perché può piacere anche a chi non è un appassionato di tennis. È la storia vera di una famiglia (che è incredibile), e trovo che sia veramente ben raccontato. Un film che è fatto per tutti. Molto vicino alla verità, alla realtà che ha vissuto la famiglia Williams, che ho conosciuto e conosco perfettamente. È fedele, preciso, circostanziato. Infine trovo che l’interpretazione di Will Smith sia stata davvero eccellente, di un livello altissimo. Conoscendo Richard Williams, il papà di Serena e Venus, conosco bene anche il suo sguardo e Will Smith è riuscito a trasformarsi in lui in molti suoi aspetti. Richard ha un modo particolare di guardare le persone, uno sguardo indefinibile e Will Smith nel film riesce con maestria ad emularlo. Infatti, quando gli ho chiesto come ha fatto lui mi ha risposto: “Si, è vero, Richard Williams guarda ‘intorno’ alle persone”. Sono rimasto davvero sorpreso perché non avrei mai potuto dare miglior definizione. Poi gli ha anche fruttato l’Oscar (discusso o no questo è un altro aspetto che esula dalla sua bravura), quindi film da 10 e lode!
Siamo in conclusione. Patrick Mouratoglou oggi è il punto di riferimento per tantissimi giovani e l’allenatore più seguito. Una carriera ricca di successi e soddisfazioni. C’è un ringraziamento che vuole fare a qualcuno che le è stato vicino nella sua vita?
In effetti ci sono due persone che mi hanno aiutato e sostenuto fin dall’inizio. Il primo è il mio socio dell’Accademia da 18 anni, lo considero un fratello, oltre che un bravissimo coach. E poi Jean Paul Damit, il direttore dell’Accademia, con il quale mi lega un’amicizia ventennale. Anche lui era allenatore e ha lasciato il campo per diventare responsabile della nostra ‘equipe’. Sono molto grato ad entrambi per il supporto, l’appoggio e l’aiuto soprattutto all’inizio di questa mia avventura.
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