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Under 30, aziende storiche e nuovi miliardari: le più belle storie di aziende italiane raccontate da Forbes nel 2022

Quando aveva 60 anni, Giuseppe Crippa accettò una proposta di liquidazione da STMicroelectronics, l’azienda per cui aveva iniziato a lavorare negli anni ’60. Non intendeva andare in pensione, ma cominciare una seconda carriera. Un paio d’anni prima, sul tavolo della cucina della sua casa di campagna, aveva cominciato ad armeggiare con le probe card, schede per testare i microchip che all’epoca venivano importate dagli Stati Uniti. “Per riparare una probe card dovevi mandarla in America”, ha raccontato Stefano Felici, nipote di Crippa e amministratore delegato della sua società, Technoprobe. “Ci volevano due settimane. Allora Giuseppe ideò un processo per produrle nella sua cucina”.

Crippa ha reso Technoprobe la più grande azienda di probe card al mondo ed è oggi uno dei 50 miliardari italiani. La sua storia ha meritato la copertina del numero di agosto di Forbes, dedicato ai più ricchi d’Italia e del mondo, ed è tra le 15 che la redazione ha scelto come le più belle raccontate quest’anno. Una selezione che mette assieme nuovi miliardari e under 30, aziende storiche e startup fresche dei primi finanziamenti, industrie tradizionali e frontiere della tecnologia.

Lady Barrier

La chiamano ‘Lady Barrier’, più o meno ‘la signora dei guardrail’. Eppure lei racconta di “avere sempre fatto lavori da maschiaccio”. Prima nel laboratorio del nonno in Transilvania, a lavorare il legno, poi come gommista. Nel 2006 è arrivata in Italia per uno stage in una piccola azienda di movimento terra, quindi si è trasferita a Brescia, in un’azienda di barriere stradali che chiuse poco dopo. È stato allora che Irina Mella Burlacu ha deciso di diventare imprenditrice. Assieme al compagno e a un paio di ex colleghi ha fondato la sua azienda, con cui realizza guardrail illuminati ed ecologici. L’ha chiamata Vita International, perché doveva segnare l’inizio di una nuova vita.

Burlacu è stata la protagonista della prima copertina di Forbes del 2022. Parla un italiano perfetto, con leggera inflessione bresciana, e ama viaggiare. Si divide tra la sua azienda e Visione Sicurezza, un forum annuale sulle innovazioni nel campo della sicurezza stradale che richiama decine di aziende del settore.

Il supermercato online che consegna in mezz’ora

Prima ancora di arrivare sul mercato, la startup italiana Macai ha trovato un investitore in Plug and Play, l’acceleratore americano che è stato tra i primi a puntare su PayPal e Dropbox. L’idea di base si può riassumere così: un supermercato solo online, che consegna sette giorni su sette in 30 minuti.

A concepirla è stato Giovanni Cavallo, 35enne che si definisce “un esploratore”. Ha girato il mondo, parla cinque lingue, tra cui il cinese, e attribuisce l’origine del suo spirito imprenditoriale a una passione. “Mi arrampico da quando avevo cinque anni”, ha detto a Forbes. “La montagna mi ha aiutato tantissimo, perché propone sempre nuove sfide”. Quanto al nome della società, ha spiegato: “Cercavo qualcosa di nuovo e mi sono imbattuto nella parola Macai, che in un dialetto indonesiano vuol dire ‘mangiare’. Poi ho scoperto che in hawaiano significa ‘sul mare’. L’idea di mare e libertà ben rappresenta la vera missione dell’impresa: dare la possibilità di risparmiare tempo per potersi dedicare ad altro”.

La miliardaria dei tamponi

Un giorno d’inverno del 2003, l’imprenditore Daniele Triva stava cercando un cappotto. In un negozio osservò come le strisce di fibra di nylon degli appendiabiti aderissero al tessuto degli indumenti. Ebbe allora un’idea che avrebbe cambiato la storia di Copan, l’azienda ereditata dal padre: sfidò i suoi tecnici a progettare un tampone con le stesse caratteristiche delle fibre degli appendiabiti.

Negli ultimi tre anni i tamponi ‘floccati’ di Copan sono finiti nei nasi di tutto il mondo. Nel 2020, con lo scoppio della pandemia, la produzione è più che raddoppiata, gli utili si sono quintuplicati. “In un batuffolo di cotone, le fibre sono attorcigliate attorno al bastoncino. Creano una gabbia che intrappola il campione, ma ne rilasciano solo il 20%”, ha spiegato Stefania Triva, che ha preso la guida dell’azienda dopo la morte di Daniele, suo fratello maggiore. “In un tampone floccato, grazie alla meccanica di attacco delle fibre al bastoncino, viene rilasciato l’80%”.

Copan realizza anche tamponi usati nella raccolta del dna forense sulle scene del crimine e ha clienti come Scotland Yard e la gendarmeria francese. Produce anche una suite di macchine e software che automatizza le analisi di laboratorio. Triva, grazie alla sua quota del 48%, è una delle 16 donne miliardarie d’Italia, con un patrimonio di 1,2 miliardi di dollari.

Neve olimpica

Le strisce di neve che hanno permesso di disputare le gare di sci alpino alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 si devono a un’azienda italiana: l’altoatesina TechnoAlpin. Un’impresa nata quando Walter Rieder e Georg Eisath, direttori di un’area sciistica, nei primi anni ’80 si chiusero nel garage di casa per cercare una soluzione al problema della scarsità di neve sulle Alpi. La individuarono in una macchina sparaneve costruita con attrezzi agricoli, tra cui un ventilatore per paglia della fattoria di famiglia.

Oggi TechnoAlpin, fondata nel 1990, ha 600 dipendenti, è presente in 13 paesi e produce cinquemila generatori all’anno. Ha alle spalle sei Olimpiadi ed è al lavoro per Milano-Cortina 2026. Ogni anno destina sei milioni di euro all’attività di ricerca e sviluppo. “Lavoriamo con università, istituti di ricerca e società specializzate”, ha detto a Forbes il manager Michael Mayr, responsabile dell’area asiatica. “Possiamo fare neve anche a +2°C e +3°C, se l’umidità è bassa”. 

Una startup sul divano

L’idea che ha portato Camilla Colucci sulla copertina del numero di Forbes dedicato agli under 30 del 2022 è nata sul divano di casa. “Una sera parlavo con mio padre della possibilità di creare una piattaforma in grado di aiutare le aziende a riciclare i loro rifiuti, per innovare un settore ancora legato a passaparola e fornitori decennali”. È nata così Circularity, un’azienda che Colucci identifica come “la prima piattaforma tecnologica di collaborazione peer to peer che integra tutti gli attori coinvolti nell’economia circolare, per scambiare materiali da riutilizzare nei processi di produzione, tracciare e rendere trasparenti i flussi di materia”.

Nata a Napoli, cresciuta a Roma e diventata imprenditrice a Milano, ha un padre industriale nel settore del recupero materiali e delle rinnovabili, una madre geologa, una laurea in psicologia e un cavallo, Wanderlust Kampf, che ha domato di persona. “L’equitazione è la mia più grande passione”, ha raccontato. “Per me non è stata solo uno sport, ma la prima maestra di vita. Mi ha insegnato il valore del sacrificio e della sconfitta. Mi ha insegnato ad assumermi le mie responsabilità e a sfruttare la rabbia e la paura per armarmi invece di indebolirmi. Tanto di quello che sono oggi lo devo a questo sport. Non a caso, ‘che sport pratichi?’ è una delle domande che spesso faccio ai colloqui con i candidati”.

L’under 30 dei due mondi

È nato e cresciuto a Manhattan, è italiano per parte di madre e persiano per parte di padre. Ha un lavoro a New York e due aziende da portare avanti a Milano. Matthew Modabber, a 18 anni, aveva superato i test di ammissione per le università statunitensi. Invece ha scelto l’Italia: “Volevo conoscere fino in fondo le mie origini”. Da studente, però, gli mancavano le insalatone americane. Così ha deciso di produrle da solo e, assieme alla sorella Venus, ha dato vita a Salad House. Poi è arrivata Luya, un’azienda di leggings in materiali riciclati, in pet e in nylon realizzato con scarti di fabbrica. La parte creativa e di design è in Italia, i tessuti vengono da Cina e Thailandia.

Modabber, oggi 25enne, è anche growth manager di BeReal: un social network francese che ogni giorno invia una notifica a un orario casuale e invita a pubblicare una foto di ciò che si sta facendo. Un’app che vuole catturare un’istantanea autentica della vita dei suoi utenti, contrapposta ai ritocchi e ai filtri di Instagram. “Per i 30 anni vorrei aver creato prodotti in grado di contribuire a cambiamenti culturali, dunque una moda più confortevole e sostenibile e un cibo sano”.

“Genio allo stato puro”

Gianni Brera ha istituito con lui un premio giornalistico per far conoscere la Franciacorta. Oliviero Toscani lo ha definito “il genio allo stato puro”. Vittorio Moretti è il fondatore di Terra Moretti, che oggi guida assieme alla moglie e alle tre figlie.

Nella storia di copertina del numero di maggio di Forbes, Moretti ha raccontato le origini del suo gruppo. Figlio e nipote di imprenditori delle costruzioni, ha iniziato nello stesso settore per poi investire nell’agricoltura e diventare uno dei principali imprenditori italiani del vino. Quanto alla sua formula per gestire un’azienda, dice: “La prima cosa è che deve esserci un comandante in grado di decidere in tempi rapidi e con il senso di responsabilità del buon padre di famiglia. Da noi le decisioni si prendono in tre minuti”.

La schiacciata che ha conquistato l’America

Nel 1989 la famiglia Mazzanti prese in gestione una piccola rosticceria di Firenze, a poche centinaia di metri dalla Galleria degli Uffizi. Fu l’inizio della storia dell’Antico Vinaio, che si è poi trasformata in schiacciateria ed è sbarcata a Milano, Roma, Torino, Los Angeles e New York.

A guidarla, dal 2016, è Tommaso Mazzanti. Un ragazzo che non ha mai amato lo studio, ma che ha sempre saputo di volere prendere la guida dell’azienda di famiglia e portarla nel mondo. “Mi sento un ragazzo qualunque che ha iniziato a lavorare prima come lavapiatti e poi come garzone”, ha raccontato. Mazzanti si è guadagnato anche un seguito di 311mila utenti su TikTok, con video in cui prepara focacce farcite con salumi locali.

Miliardario a 87 anni

Giuseppe Crippa è cresciuto sotto le bombe della Seconda guerra mondiale. “Per alleviare la tensione, io e altri bambini distribuivamo caramelle a tutti coloro che si nascondevano con noi, mentre aspettavamo di poter uscire”, ha raccontato alla testata Merate Online. Ha frequentato un istituto tecnico a Bergamo e ha iniziato a lavorare nella società ingegneristica Breda. È arrivato nel mondo dei microchip nel 1960, quando ha trovato lavoro in Sgs – poi Stm – grazie a un annuncio sul Corriere della sera.

Crippa ha aspettato i 60 anni per diventare imprenditore, ma lo ha fatto in grande. Oggi Technoprobe è la prima azienda del settore delle probe card: lo scorso anno le sue entrate hanno superato quelle di FormFactor, la concorrente californiana. Tra i suoi clienti ci sono grandi aziende tecnologiche come Apple e Samsung e produttori di semiconduttori come Intel e Tsmc. Crippa è la 12esima persona più ricca d’Italia, con un patrimonio di 3,8 miliardi di dollari.

L’azienda ligure che ha conquistato la Formula 1

Per una ventina di domeniche all’anno le sue creazioni finiscono su centinaia di milioni di schermi. Racing Force Group è la società ligure che fornisce i caschi a 12 piloti di Formula 1, tra cui Charles Leclerc, Carlos Sainz, Lewis Hamilton e Fernando Alonso.

La sua storia è cominciata 50 anni fa, quando i fratelli Claudio, Roberto e Piergiorgio Percivale, con componenti forniti dal padre, ferroviere, realizzarono il primo rollbar, una specie di gabbia protettiva. Roberto, il pilota di famiglia, lo utilizzò per partecipare a gare sui monti intorno a Genova con una Fiat 500. Insieme crearono un’azienda, Omp, e si allargarono a sedili, volanti, cinture di sicurezza, abbigliamento tecnico. La fama arrivò nel 1989, quando, nel Gran Premio di Imola, l’abbigliamento ignifugo di Omp permise al pilota Ferrari Gerhard Berger di uscire quasi illeso dopo 23 secondi tra le fiamme.

Nel 2008 i fratelli Paolo e Alberto Delprato hanno acquistato Omp. Lo scorso anno l’hanno ribattezzata Racing Force Group, di cui fa parte oggi anche Bell Helmets, uno dei principali produttori mondiali di caschi per l’automobilismo. Si deve a Racing Force anche il Driver’s Eye (‘l’occhio del pilota’), la microcamera montata nel casco che permette di vedere i gran premi di F1 dalla prospettiva del pilota.

La regina della ceramica

Voleva fare la criminologa o la scrittrice, ma non trovava il coraggio di dirlo ai genitori. Così ha accettato di entrare nell’azienda di famiglia. Ed è stato allora che Federica Minozzi si è innamorata della ceramica, materiale che definisce “una farfalla leggiadra con un’anima di titanio”.

Figlia di Romano Minozzi, miliardario fondatore del gruppo Iris Ceramica, da lui ha ereditato la guida del gruppo, un gigante da 500 milioni di fatturato che conduce con un occhio all’ambiente. Perché la ceramica “è un materiale multifunzionale che allo stesso tempo dà un senso di leggerezza. È la materia prima ideale per realizzare soluzioni che migliorino l’interazione tra uomo e ambiente”. Amante dell’Inghilterra, che considera “amalgama perfetto tra spinta estrema verso il nuovo e conservazione della tradizione”, venerava la regina Elisabetta. Sul lavoro, però, si vede più come re Artù: primus inter pares.

Un mondo di Pokémon

Umberto Canessa Cerchi e Bartolomeo De Vitis avevano alle spalle un paio di startup andate male. Al terzo tentativo hanno trovato il successo: la loro Kryptomon ha raccolto più di 11 milioni di dollari di finanziamenti in un anno. L’azienda mette insieme i Pokémon, gli Nft e la blockchain. “Sono entrato nel mondo delle criptovalute nel 2011, quando il bitcoin valeva tre dollari”, ha ricordato Canessa Cerchi a Forbes. “Nel 2017 ho scoperto CryptoKitties, uno dei primi videogiochi con i suoi Nft, che aveva avuto successo ma anche problemi di funzionamento”.

Il meccanismo è lo stesso del Tamagotchi, altro fenomeno di origine giapponese degli anni ’90. Si cura il Pokémon, si investe su di lui, si comprano cibo e accessori – la principale fonte di ricavo della startup – per renderlo forte. Poi si può decidere di venderlo e incassare. “Gli Nft sembrano fatti apposta per i videogiochi. Spesso si spendono tempo e soldi per creare un avatar sempre più forte, ma, se smetti di giocare, tutto quello che hai speso non ha più alcun valore. Invece ogni Kryptomon è un Nft, una tua proprietà di cui puoi disporre”.

Gli ingegneri del silenzio

L’espressione chiave di questa storia è tech transfer: il trasferimento di tecnologie, scoperte e competenze dall’università alle imprese. Il protagonista si chiama Luca D’Alessandro, è un ingegnere civile abruzzese ed è – parole sue – “un c***o di stakanovista”. Al Politecnico di Milano ha conosciuto altri due ragazzi fuori sede: Giovanni Capellari, friulano, e Stefano Caverni, marchigiano. Insieme i tre hanno creato Phononic Vibes, una startup che sviluppa sistemi per ridurre il rumore, ha già depositato 12 brevetti e raccolto quasi dieci milioni di euro.

“L’acustica è rimasta a 100 anni fa”, ha detto D’Alessandro a Forbes. “Sulla fotonica, cioè la parte della fisica che si occupa della luce, è stato fatto di più. Ci sono startup valutate miliardi di dollari. Noi, invece, con dieci milioni siamo arrivati a questo punto”. Dove “questo punto” significa uno stabilimento alle porte di Milano per produrre materiali, due milioni di fatturato e un progetto con Deutsche Bahn, la compagnia ferroviaria tedesca: “Un pannello trasparente da usare attorno a stazioni o binari, in alternativa alle parti d’acciaio oggi usate per ridurre l’impatto acustico. Una vetrata fa tutt’altro effetto nello spazio urbano, ma di solito il vetro riflette il suono, non lo assorbe”.

Ora D’Alessandro guarda al mercato dell’auto: “Con una casa tedesca entreremo in produzione nel 2023: la nostra tecnologia entrerà nelle parti soffici del veicolo. Ridurremo il peso dei componenti del 30%, ma manterremo uguali le performance acustiche e ridurremo quindi i costi”.

Flavio Briatore, manager da corsa

“Prendiamo le grandi aziende pubbliche italiane: sono sempre gestite dai soliti. Sono gli stessi 10-15 manager che si spostano da una società all’altra. Anche se fanno danni in un settore, subito li mettono a capo di un altro”. Oppure: “L’Italia è un Paese con una mentalità ancora comunista. Montanelli diceva che, se vedi una Ferrari ferma al semaforo, la prima cosa che ti viene in mente è di bucare le gomme o di rigare lo sportello. Senza pensare che chi è arrivato ad avere quella Ferrari è uno che ha lavorato molto, ha investito, ha creato posti di lavoro”.

Sono alcune delle frasi pronunciate da Flavio Briatore nella lunga intervista a cui Forbes ha dedicato la copertina del numero di ottobre. Un colloquio in cui Briatore ha spiegato anche perché preferisce fare affari in Oriente piuttosto che in Italia (“Non ci sono burocrazia e vincoli asfissianti come nel nostro Paese. In Italia vige sempre una parola: ‘no’. Questo non si può fare, per questo si deve aspettare”) e ha parlato della sua nuova avventura. “Sono da poco diventato ambassador della Formula 1. Seguo tutta la parte intrattenimento. Stiamo rivoluzionando il Paddock Club, che si chiamerà Privé, e mi occupo anche di sviluppare i gran premi in nuovi paesi”.

I signori del vapore

All’inizio degli anni ’80 Pericle Quadrio Curzio decise di acquistare alcune costruzioni fatiscenti a Bormio, in Valtellina. Si chiamavano Bagni Vecchi e Bagni Nuovi. Nei primi c’erano terme dell’età romana, nei secondi alberghi del periodo liberty. Alla sua morte, nel 1985, tutto passò ai figli, Saverio e Andrea, che sono partiti da lì per dare vita a Qc Terme. Una società che oggi ha 11 centri nel mondo, è sbarcata a New York e ha superato i 100 milioni di fatturato.

“Quando siamo partiti, il modello di business aveva dei limiti”, ha raccontato Andrea a Forbes, che ha dedicato a Qc Terme la copertina di novembre. “Le terme si rivolgevano agli anziani e ai bambini, la prima prospettiva era quella della salute. Non si contemplava l’esperienza del benessere. Noi, al contrario, volevamo attirare persone che sceglievano le terme per rilassarsi, per godere di una bella vista e del comfort”.

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