Grandi dimissioni, quitfluencer, quiet quitting, sono solo alcuni dei fenomeni che hanno caratterizzato il 2022 dei lavoratori, il cui dibattito si è spostato gradualmente sulla settimana lavorativa breve. Il 66% di chi si dichiara interessato a lavorare quattro giorni sarebbe disponibile solo a parità di salario, mentre il 10% accetterebbe con una decurtazione dello stipendio.
Sono solo alcuni dei risultati emersi dall’ultima ricerca di Adecco Global Workforce of The Future, che si è concentrata sulle trasformazioni del mercato del lavoro nel post-pandemia.
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Per il 61% il salario non è sufficiente
L’indagine, rafforzata da un’ulteriore ricerca che l’azienda ha svolto sui suoi canali social, che ha coinvolto più di 2mila persone, ha fatto emergere risultati molto interessanti. Se, come detto, un lavoratore su dieci sarebbe disponibile a fare quattro giorni lavorativi con una riduzione di salario, il 18% sarebbe pronto a lavorare un’ora in più gli altri giorni per avere la settimana breve.
Tutto questo, in un quadro in cui il 61% dei dipendenti ritiene che il proprio salario non sia sufficiente per affrontare l’aumento dei prezzi dettato dall’inflazione.
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“Il mondo del lavoro è in rapida evoluzione e stiamo vivendo oggi un vero e proprio cambiamento del
paradigma culturale”, dichiara Andrea Malacrida, country manager di The Adecco Group Italia.
“Se l’idea della settimana lavorativa di 4 giorni, per quanto affascinante, può dimostrarsi un progetto di difficile applicazione, risulta comunque evidente la sua rilevanza nel dibattito contemporaneo. Questo perché sta evolvendo il modo in cui si percepisce il lavoro e, sempre di più, i dipendenti sono attenti al bilanciamento con la vita privata”, prosegue.
Chi sono i lavoratori interessati alla settimana breve?
La sfida del mercato del lavoro contemporaneo è quella di sviluppare proposte e strumenti che mettano al centro le persone e garantiscano regimi di lavoro flessibili, offrendo ai dipendenti un equilibrio più sano tra lavoro e vita privata.
Secondo la ricerca di Adecco, oltre il 70% afferma di essere interessato alla settimana breve per via del conseguente miglioramento del benessere mentale senza alcuna ripercussione sulla produttività. Ed è proprio il benessere uno dei fattori decisivi per attrarre e trattenere i talenti in azienda.
Il 75%, infatti, è propenso a rimanere in azienda o a sceglierne una quando viene percepito l’interesse del datore di lavoro verso il benessere. “In un mercato del lavoro molto dinamico come quello che vediamo oggi, diventa perciò centrale per le aziende sviluppare politiche che mettano al centro la flessibilità, anche con lo scopo di attrarre e trattenere i talenti”, prosegue Malacrida.
I dubbi sulla settimana lavorativa breve
Non tutti però sono favorevoli a lavorare quattro giorni. In particolare, chi dichiara dubbi in merito alla settimana corta, ha messo in evidenza quattro tipi di problemi. Il 33% degli intervistati sospetta che la settimana breve comporterebbe una diminuzione dello stipendio, mentre il 27% teme che causerebbe un serio aumento del carico di lavoro, spingendo a rimanere in attività fino a tarda sera o nel giorno libero.
E ancora c’è chi pensa che porterebbe a un maggior carico di stress negli altri giorni lavorativi (23%) e chi crede che potrebbe essere lesiva per l’avanzamento di carriera, rendendo più lento l’ascensore sociale (17%).
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