Articolo tratto dal numero di maggio 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
“Siamo il carburatore, ma siamo più di un prodotto: una famiglia prima che un brand, una passione prima che un lavoro. Questa è la promessa che vogliamo trasmettere alle generazioni che verranno”. Un manifesto e una dichiarazione di intenti quella con cui si annuncia la Dell’Orto, società che rappresenta un punto di riferimento per l’automotive made in Italy e non solo. Se nel 1933 ha iniziato dai carburatori per moto, negli anni l’azienda ha infatti saputo andare oltre, interpretando lo sviluppo di un comparto in costante fermento con prodotti sempre tecnologicamente avanzati: sistemi a iniezione, corpi farfallati e centraline elettroniche, fino ai recenti progetti sull’elettrificazione che dimostrano anche la grande attenzione ai temi della sostenibilità e della rivoluzione energetica.
Un lavoro che si basa su ricerca e professionalità, fattori che hanno portato Dell’Orto ad affermarsi sia nel mondo delle due che in quello delle quattro ruote e a diventare partner dei principali marchi mondiali, espandendo i propri confini industriali a livello globale: dall’India alla Cina, dove nel 2006 ha aperto un’azienda produttiva, prima in joint venture e poi dal 2009 di piena proprietà, per diventare uno dei leader nei sistemi di iniezione elettronica per moto di piccola cilindrata, che in questi paesi hanno grande diffusione. Guardando dunque al futuro, come ci conferma il vicepresidente esecutivo Andrea Dell’Orto.
La vostra resta un’azienda a conduzione familiare. Come si fa a conciliare il legame profondo con la tradizione con l’esigenza di rapportarsi a un mercato sempre più globale?
Quest’anno festeggiamo i 90 anni dalla nostra fondazione e da allora la famiglia c’è sempre stata. Dal 2008, in particolare, siamo cresciuti molto e ci siamo globalizzati. Così, da un lato, in azienda oggi c’è la terza generazione di Dell’Orto, con funzioni anche di carattere manageriale, ma dall’altro ci siamo strutturati bene nella delega per il management, soprattutto all’estero. In India, ad esempio, il primo livello è tutto locale. Abbiamo cercato di investire molto sulle persone, perché eravamo e restiamo consapevoli che quello del ricambio è un aspetto chiave per la crescita dimensionale. Bisogna comunque ammettere che talvolta non è facile distinguere il ruolo del proprietario da quello del manager.
L’innovazione di processo e di prodotto è una componente essenziale per rimanere competitivi sul mercato. Come vi orientate rispetto alla ricerca?
L’innovazione è il vero fattore determinante. In Dell’Orto abbiamo vissuto a pieno l’evoluzione tecnologica, attraversandone tutte le varie fasi, e negli ultimi anni stiamo investendo anche molto sulla mobilità elettrica in termini di competenze, ma anche di processo, aprendo sempre più al digitale. Va detto che da noi gli investimenti in ricerca e sviluppo, sia di prodotto che di processo, sono sempre stati a un livello elevato, oscillando dal 6 all’8% del fatturato. L’elettrico ha poi prodotto una rivoluzione in azienda, anche se, nonostante tutto, i motori a combustione non sono da considerarsi tramontati e potranno avere un proprio ruolo, grazie anche all’avvento dei nuovi carburanti, oltre che per agevolare lo sviluppo delle stesse componenti elettriche. Credo che poi vada fatta una distinzione per quanto riguarda il futuro dell’elettrico su base geografica. Se l’Europa guarda già al 2035 e alle emissioni zero, con lo stop deciso dall’Unione ai motori termici, bisogna pensare anche al grande mercato americano e all’Asia, dove siamo ancora piuttosto lontani da poter vedere una diffusione forte di questi veicoli. Inoltre c’è il discorso delle moto, che è una componente strategica del nostro business. Quello che invece si prospetta, e appare già in atto, è un forte sviluppo della mobilità elettrica legata al tema delle smart city e della sostenibilità ambientale, grazie a una micromobilità fatta di monopattini, biciclette, scooter e quadricicli leggeri.
Il nome Dell’Orto è legato agli sport motoristici: siete presenti nel Motomondiale dal 2012 e avete partecipato alla nascita della categoria MotoE. Quanto conta tutto questo per la vostra azienda?
Storicamente la nostra presenza in ambito sportivo è molto forte, oltre che sentita. Ci siamo aggiudicati più di 600 titoli mondiali tra piloti e costruttori nelle varie categorie e abbiamo sempre usato la parte racing per valorizzare il brand, costruendo partnership preziose su scala internazionale e affiancando i nostri clienti. Allo stesso tempo questa partecipazione ci sollecita molto sul fronte della ricerca e ci dà modo di sviluppare e testare quelle che poi diventeranno le nuove soluzioni tecnologiche per produzioni di serie. Come è accaduto prima con i carburatori e ora accade con le centraline elettroniche e con l’elettrificazione. Un mondo da cui non intendiamo uscire.
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