Sulla piattaforma X, l’ex Twitter, i collegamenti ai siti web di Threads, Facebook, Bluesky, New York Times e Reuters sono stati rallentati. Gli utenti che hanno cliccato su un link a uno di questi siti, secondo i test condotti martedì dal Washington Post, hanno dovuto aspettare circa cinque secondi prima di accedere alle pagine.
La mossa sembrava mirata alle aziende che non piacciono a Elon Musk. Il ritardo ha riguardato il dominio t.co, attraverso cui il traffico viene gestito, tracciato e, come in questo caso, rallentato. Non è chiaro quando X abbia iniziato a rallentare i link ai siti web. Ma un utente di Hacker News – si legge su Reuters – ha affermato che i ritardi ai link del New York Times sono iniziati il 4 agosto. Martedì pomeriggio, dopo la pubblicazione dei risultati dei test, X ha fatto marcia indietro, riportando a zero i tempi di ritardo. X ha poi confermato che il ritardo è stato rimosso, ma non ha approfondito e non ha rilasciato altri commenti.
Gli attacchi di Elon Musk ai media
Musk, che pure si è definito un “assolutista della libertà di parola”, ha più volte messo a tacere voci sgradite. Ha sospeso temporaneamente da Twitter i profili di alcuni giornalisti, tra cui Donie O’Sullivan della Cnn, Ryan Mac del New York Times e Aaron Rupar, ex giornalista di Vox News.
In un tweet di aprile 2023, si è scagliato contro il New York Times, definendolo “propaganda poco interessante”. Ma la sua battaglia contro i media era già cominciata da tempo. Sempre a colpi di tweet, nel novembre 2022, aveva accusato i media di diffondere solo “cattive notizie”, affermando che “è così difficile scoprire cosa sta succedendo nel mondo senza essere bombardati da notizie tristi e negative”.
Un portavoce del New York Times ha dichiarato: “Anche se non conosciamo la logica alla base dell’applicazione di questo ritardo, saremmo preoccupati da pressioni mirate su qualsiasi organizzazione giornalistica per motivi poco chiari”.
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