Articolo tratto dal numero di agosto 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
Sognatrice determinata. Si descrive così la romana Francesca Richiardi, che nel 2018 ha fondato insieme a Elena Faccio il brand di gioielli Acchitto. Una scelta inevitabile: “Ho passato la mia infanzia nel laboratorio sartoriale di mia madre, dove trascorrevo tutti i pomeriggi dopo la scuola a osservare e disegnare. Questo mi ha segnato profondamente, anche se in me c’è sempre stato l’amore per la moda e l’artigianalità”, dice. Nessun dubbio, insomma, su quello che sarebbe diventata da grande.
Dopo il liceo linguistico ha frequentato l’Accademia di moda e costume di Roma. Qui, ha iniziato a costruire il suo network e, terminati gli studi, è stata assunta da Fendi come fur designer. “Entrare in Fendi mi ha dato tanto. Non scorderò mai la prima volta che ho incontrato Karl Lagerfeld, mio mito da sempre. Ma una volta assaporata quella grande realtà, avevo necessità di nuovi stimoli. Così, insieme a Elena, conosciuta nell’ufficio stile della maison, abbiamo pensato di fare il grande salto”. Intanto, a seguito dell’esperienza in Fendi, Richiardi è stata la prima italiana a vincere il premio Lvmh graduate a Parigi, e in quell’occasione ha conosciuto alcuni dei big del settore, come J.W. Anderson, Delphine Arnault, Riccardo Tisci. “Un grande onore”, ricorda.
La storia di Acchitto
Acchitto è nato come un ‘progetto totale’: “L’obiettivo è quello di farlo diventare un brand completo, che comprenda più categorie: dagli accessori già esplorati fino all’abbigliamento e all’arredamento”. Quanto al nome, il termine ‘acchitto’ è un regionalismo del Meridione, che indica il vestirsi con particolare ricercatezza, vezzoso, a tratti smorfioso. È un termine camaleontico: “Il gioiello stesso è un ‘acchitto’, una decorazione leziosa di cui ci si accorge subito, un modo di essere liberatorio per l’individuo”. Molto evidente è l’ispirazione vintage, che arriva dalla cineserie degli anni ‘20, dai gioielli dell’epoca vittoriana e dalle carte da parati orientali, con un occhio sempre attento anche agli anni ’70 e ’80.
Le parole chiave del brand sono made in Italy, design, tecnologia (grazie a due meccanismi brevettati), qualità del materiali e personalizzazione. Caratteristica, quest’ultima, che ha attirato l’attenzione di celebrità internazionali, diventate con il tempo le muse del brand. “Le soddisfazioni sono state tante, come quella volta in cui Adele ha indossato i nostri gioielli, poi proiettati sui grandi schermi di Times Square, a New York. Al momento abbiamo un ufficio stampa a Milano e uno a New York, e showroom per la campagna vendita a Londra, New York, Parigi e Tokyo”. Per quanto riguarda invece la distribuzione, il marchio ha diversi rivenditori in Asia, Emirati Arabi, Stati Uniti ed Europa, oltre a una rete di boutique italiane.
I progetti
Certo, non è stato sempre tutto facile: “All’inizio le domande erano tante, ma sono stati quel pizzico di incoscienza e il brivido del salto nel vuoto a fare la differenza. Essere donne e iniziare a fare impresa molto giovani (avevamo 24 anni quando abbiamo firmato l’atto per la costituzione della società) in Italia, dove nel 90% dei casi ci confrontavamo con uomini dell’età dei nostri padri a cui non sembravamo così credibili, è stato un problema. Quando invece abbiamo iniziato a lavorare con l’estero, è stato molto più semplice”. Ora Acchitto vuole entrare in nuove categorie: “Una strada che abbiamo intrapreso con una prima capsule di occhiali da sole e di jewelry-wear e il lancio del nuovo logo A, che esprime in maniera immediata l’identità del brand. Non poniamo limiti alla creatività, vogliamo dare vita a un’estetica Acchitto, che prescinda dal prodotto”.
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