Se consideriamo il numero di lanci spaziali fatti da compagnie statunitensi, scopriamo che dopo SpaceX, che domina il mercato dei lanciatori medi con il Falcon 9, c’è Rocket Lab che, con il suo Electron, offre servizi custom-made per satelliti fino a 300 chilogrammi. È una compagnia nata in Nuova Zelanda nel 2006 per opera di Peter Becks, un neozelandese innamorato dei razzi e che ha imparato a costruirne senza una preparazione accademica specifica.
Evidentemente deve avere un tocco magico e ora dirige una compagnia che cresce moltissimo, anche grazie ad acquisizioni strategiche. Benché il quartier generale di Rocket Lab sia a Long Beach, in California, il primo sito di lancio lo hanno costruito sulla penisola di Mahia in Nuova Zelanda.
Il primo sito di lancio orbitale privato
Ci tengono a fare notare che è il primo sito di lancio orbitale privato, da non confondersi con gli spazioporti di Virgin Galactic o di Blue Origin, che effettuano lanci suborbitali. Vista la crescente richiesta di servizi di lancio, più di recente ne hanno aperto un altro a Wallops Island, in Virginia, mentre hanno potenziato quello in Nuova Zelanda. È dalla base di Mahia, nota come Complex 1, che, nel 2017, inizia la storia di Electron con il lancio It’s a test che funziona. Electron punta a essere un lanciatore innovativo e il suo motore Rutherford è stampato in 3D, ma non è stato progettato per essere riutilizzato. Le crescenti richieste, però, inducono la compagnia a sondare possibilità di recupero del primo stadio.
Dopo tre lanci “a perdere” nel 2018 e sei nel 2019, nel 2020 durante uno dei sette lanci è stato fatto un tentativo di recupero del primo stadio, fatto ammarare con un paracadute.
Mentre i lanci classici dalla base in Nuova Zelanda sono continuati, con sei successi nel 2021 e nove nel 2022, il progetto recupero non si è interrotto. Preoccupati dei danni causati da una permanenza non brevissima in acqua, nel 2022 Rocket Lab ha provato per due volte a recuperare il primo stadio mentre era in volo, attaccato al paracadute. La manovra, con un apposito elicottero, non è banale e, non a caso, il cilindro è sempre finito in mare.
A quel punto i tecnici di Rocket Lab hanno deciso di lasciar perdere l’elicottero e di migliorare l’impermeabilizzazione per evitare che l’acqua danneggi i motori. Nel frattempo, il materiale recuperato è stato sottoposto a prove per verificare se e come avesse superato l’ammaraggio. Evidentemente i test devono avere avuto esito positivo, perché nel lancio del 24 agosto, sempre dalla Nuova Zelanda, è stato utilizzato uno dei motori recuperati.
Another surprise! For the first time, we’re launching with a preflown Rutherford engine today. This is a major step toward evolving Electron into a reusable rocket.
Spot the engine that has already been to space and back. pic.twitter.com/XSJoJII2GD
— Rocket Lab (@RocketLab) August 23, 2023
Nella foto si nota bene che uno dei motori è annerito dall’utilizzo precedente. Era comunque un usato sicuro e ha funzionato benissimo: il lancio We Love the Nightlive, il 40esimo per Electron, ha portato in orbita un satellite della costellazione di strumenti radar ad apertura sintetica della società Capella.
In effetti, ogni lancio ha un nome non convenzionale, tipo Catch Me if You Can oppure Love at First Insight. Chi fosse curioso, può consultare la lista dei 40 lanci con 40 nomi.
Nella lista sono indicati anche i clienti, fra i quali si nota una presenza significativa di Nasa, Air Force e Darpa, insieme con molte realtà private anche non americane come Ohb Group, a ricordare quanto il settore dei piccoli lanciatori sia molto attivo anche fuori dell’orbita terrestre.
Il 22 giugno 2022 è stato lanciato Capstone con destinazione orbita lunare, per mettere alla prova la stabilità dell’orbita della stazione cislunare Gateway; nel futuro ci sono anche una piccola missione privata su Venere e una coppia di sonde destinate a Marte per il progetto Escapade della Nasa.
Il primo stadio del lancio 40 è stato recuperato (ripescandolo dall’oceano) e lo stesso è avvenuto altre due volte per i lanci del 2023, perché Rocket Lab adesso punta sul riutilizzo. Per l’azienda il lancio con il motore già usato è un passo importante in vista del riutilizzo dell’intero primo stadio, cosa che permetterebbe di trasformare un lanciatore a perdere in uno parzialmente riutilizzabile e consentirebbe di effettuare un maggior numero di lanci a prezzo ridotto.
Nel frattempo, Rocket Lab lavora al nuovo vettore per carichi più pesanti completamente riutilizzabile. Si chiamerà Neutron e volerà della Virginia (Complex 2), dove la base è diventata operativa nel 2023 con i primi lanci di Electron dal territorio statunitense.
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