Articolo tratto dal numero di dicembre di Forbes Italia. Abbonati!
L’orbita geostazionaria, cosiddetta ‘Geo’, è la più interessante e remunerativa per le compagnie che forniscono tv via satellite, servizi telefonici e internet. Vale lo stesso per le agenzie che puntano a fare meteorologia su larga scala e per i militari, per i quali è necessario comunicare con le proprie unità in una vasta area geografica. Visto che l’orbita deve essere equatoriale e con un’altezza di 36mila chilometri, lo spazio è limitato e, per garantire un minimo di volume vitale a ogni satellite, viene applicato un ferreo codice spaziale.
Prima di accordare l’autorizzazione al lancio di un satellite che opererà in una postazione Geo, la Federal Communications Commission statunitense esige un impegno a liberare il posto una volta terminata la vita operativa del satellite. L’apparato deve essere trasferito in un’orbita cosiddetta ‘cimitero’, 300 chilometri sopra quella geostazionaria, dove non darà fastidio ai nuovi occupanti. Questo significa che chi opera il satellite deve poterlo spostare, effettuando una manovra che implica il consumo di carburante.
Visto che in orbita, per ora, non ci sono stazioni di servizio, il carburante viene utilizzato fino all’ultima goccia per le operazioni, lasciando lo stretto necessario per la manovra finale. Se si sbagliano i conti, il satellite rimane a secco, fermandosi prima di raggiungere l’orbita cimitero.
Una multa nello spazio
È quanto successo a EchoStar-7, satellite di Dish Network, la più grande azienda statunitense nel settore della tv satellitare e della pay tv. Lanciato nel 2002, EchoStar-7 si è fermato a poco più di metà strada, senza più carburante. Visto che la società aveva concordato di terminare le operazioni del satellite nel maggio 2022 per poi spostarlo, la Fcc ha preso atto della violazione del Communications Act e ha multato Dish per 150mila dollari.
Non era mai successo prima ed è un segno della crescente preoccupazione per l’affollamento dello spazio orbitale, una realtà che ha importanti ripercussioni sulla gestione dei detriti spaziali. Sebbene poco più che simbolica dal punto di vista economico – la compagnia multata fornisce programmi televisivi a circa 17 milioni di clienti e su tre piattaforme video di proprietà -, la sanzione della Fcc è comunque un gesto significativo dal punto di vista del diritto spaziale.
Dish impiega circa 14mila persone negli Stati Uniti, genera entrate per oltre 17 miliardi di dollari ed è quotata in Borsa. Possiede anche Sling Tv, che ad agosto contava circa due milioni di abbonati, il marchio di noleggio video Blockbuster e il fornitore di telefonia cellulare Boost Mobile, che ha circa 7,7 milioni di abbonati.
“Un accordo rivoluzionario”
Il valore della sanzione è stato comunque oggetto di una trattativa in cui Dish, che gestisce molti satelliti e non voleva questionare con la potentissima Fcc, ha accettato la sua parte di responsabilità, ribadendo che al momento del lancio non vigevano le regole attuali sullo spostamento e che il satellite mal posizionato non costituirebbe comunque una minaccia.
“Mentre le operazioni satellitari diventano più diffuse e l’economia spaziale accelera”, ha replicato in una nota Loyaan Egal, capo dell’ufficio di controllo della Fcc, “dobbiamo essere certi che gli operatori rispettino i loro impegni. Si tratta di un accordo rivoluzionario, che rende molto chiaro che la Fcc ha una forte autorità di controllo e la capacità di far rispettare le regole di vitale importanza sui detriti spaziali”.
Come funziona per le orbite basse
Peccato che cotanta severità venga applicata solo all’orbita Geo, la più appetibile a livello commerciale, dove operano circa 560 satelliti. Per le orbite basse, fra i 500 e duemila chilometri dalla Terra, i numeri sono molto più importanti, ma le regole meno ferree: a quelle altezze viaggiano circa ottomila satelliti (tra grandi e piccoli, non tutti attivi) e i numeri sono destinati a crescere di molto nei prossimi anni. Per le orbite basse, la Fcc chiede che gli apparati abbiano la capacità di deorbitare, abbassando la loro quota fino a farsi bruciare con l’attrito dell’atmosfera entro cinque anni dalla fine delle operazioni.
È un passo avanti rispetto alle regole precedenti, che concedevano 25 anni, ma non sufficiente per risolvere il problema dell’ingorgo da megacostellazioni cui stanno andando incontro le orbite più vicine alla Terra. Degli ottomila satelliti in orbita bassa, più di cinquemila appartengono alla costellazione Starlink di SpaceX, che ha il permesso per lanciarne altri settemila (e con un’estensione fino a 42mila). Un vero dominatore.
Anche se non esiste una legge mondiale sulla limitazione dei detriti spaziali, prevedere meccanismi per garantire il deorbiting in sicurezza dei satelliti a fine vita è nell’interesse di tutti gli operatori. Oggi le agenzie spaziali sono molto attente a non aumentare la spazzatura, ma non sempre il compito è facile.
A metà ottobre, la Nasa ha chiuso una richiesta di proposte per la costruzione di un Us Deorbit Vehicle (Usdv), un rimorchiatore spaziale in grado di gestire il deorbiting della Stazione spaziale internazionale nel 2030, quando dovrebbero concludersi le sue attività. Lo Usdv dovrà essere in grado di trascinare la struttura, grossa quanto un campo da calcio, dalla sua quota di utilizzo, a circa 400 chilometri, fino a meno di 100, per farla distruggere dall’atmosfera. Tutto avendo cura che eventuali resti cadano nel punto cosiddetto ‘Nemo’, in mezzo all’Oceano Pacifico. L’operazione sarà finanziata con 1 miliardo di dollari.
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