Cosa pensano i cittadini italiani e come vogliono muoversi le aziende del nostro paese sull’intelligenza artificiale L’ultima ricerca di Deloitte prova a rispondere ad alcune di queste domande legate a uno dei temi più discussi dell’anno.
Come emerge dal report, presentato in anteprima nel corso dell’Innovation Summit svoltosi al Maxxi di Roma, gli italiani sperano che l’Ai trovi applicazione in campo medico (38%), nella semplificazione burocratica (31%), ma c’è anche chi non esclude di “fare amicizia” con un’intelligenza artificiale (41%), mentre molti lo troverebbero “inquietante” (28%).
Dal canto loro, le imprese italiane iniziano ad attrezzarsi per cogliere le opportunità di questa tecnologia: il 59% ha già sperimentato qualche strumento Ai e il 40% prevede di investire nei prossimi tre anni. Il 35% è già pronto alla sua implementazione, mentre il 53% guarda al medio periodo, confidando nella riduzione dei costi, che oggi risultano ancora proibitivi per la maggioranza (66%) delle aziende del nostro paese.
“Per garantire uno sviluppo etico e sicuro dell’intelligenza artificiale è necessario costruire una collaborazione pubblico-privato capace di garantirne una governance improntata al rispetto dei criteri Esg”, commenta Fabio Pompei, ceo di Deloitte Central Mediterranean (Dcm).
“Una priorità assoluta che sottolineiamo come Deloitte, ma che emerge con chiarezza anche dalla nostra ricerca: secondo il 70% delle imprese intervistate la collaborazione fra attori pubblici e privati sarà imprescindibile per delineare un quadro normativo equo ed efficace”.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle aziende
Come emerge dalla ricerca, tra le soluzioni di intelligenza artificiale più utilizzate dalle imprese ci sono quelle per l’automazione, l’ottimizzazione e la gestione di processi (38%), l’analisi dei dati (16%), l’analisi e la gestione dei rischi (15%).
Meno frequenti invece l’utilizzo di chatbot (13%), l’impiego per la formazione dei dipendenti (8%) e le applicazioni per la produzione di testo e/o immagini, usate solo dal 3% delle aziende. Solo nel 41% dei casi le imprese non hanno mai fatto alcun utilizzo di applicazioni Ai.
Nonostante le numerose incertezze legate principalmente alla regolamentazione e ai sviluppi di questa tecnologia, emerge la volontà da parte delle aziende di aumentare gli investimenti nei prossimi tre anni, puntando sull’efficientamento del data management (49%), dello sviluppo prodotti e servizi (45%) e dei sistemi software (41%).
Un 10% degli investimenti, invece, potrebbe servire per adeguare il capitale umano, mentre il 5% potrebbe portare a operazione di M&A quali acquisizioni, joint-venture, partnership e alleanze strategiche.
Aumento della produttività e nuovi modelli di business
Sono diversi i benefici che le aziende puntano a ottenere con l’Ai? Il 45% si aspetta una maggiore efficienza e produttività, mentre il 40% pensa a una riduzione dei costi. Quote inferiori ma significative puntano all’abilitazione dei nuovi modelli di business (23%) e alla capacità di guadagnare reattività rispetto ai cambiamenti esterni (20%), nonché maggiore controllo ed efficacia nel controllo dei rischi (20%).
Tra le aree aziendali che potrebbero ricavare il maggiore valore aggiunto ci sono le operations (49%), l’amministrazione e il controllo di gestione (34%), le infrastrutture e sistemi It (30%), il settore sales (17%) e il comparto R&D e innovazione (13%).
Tuttavia, secondo le imprese intervistate sono diversi gli ostacoli all’implementazione aziendale di tecnologie Ai. Al primo posto c’è la mancanza di conoscenze e competenze tecniche (40%), l’incompatibilità tecnologica con i sistemi attuali (37%) e la carenza di adeguate risorse finanziarie (31%), che nel caso delle aziende del Sud arriva al 47%.
Altri ostacoli che vengono segnalati sono la difficoltà nella raccolta e gestione dei dati (27%) e il grado di maturità del mercato/settore di riferimento (17%).
In una situazione di questo tipo, sono diverse le incertezze che emergono. Il 71% delle aziende ritiene che l’orizzonte temporale per la diffusione dell’intelligenza artificiale sia di lungo periodo, mentre il 66% fa notare come nel breve periodo la maggior parte delle tecnologie e innovazioni abbia un costo proibitivo per molte aziende italiane.
Tuttavia, il 53% confida che il costo dell’Ai tenderà a ridursi progressivamente grazie a economie di scala, sinergie, guadagni di efficienza e produttività.
Dallo sviluppo etico alla sostenibilità ambientale
Sette aziende su dieci concordano sul fatto che la collaborazione fra pubblico e privato sarà imprescindibile per delineare un quadro normativo equo ed efficace sull’Ai. Il 68% conviene che per garantire uno sviluppo etico e responsabile sarà fondamentale regolamentare la tecnologia fin dalle prime fasi della progettazione.
Ma in che modo garantire uno sviluppo etico? Il 59% sottolinea l’importanza delle competenze delle persone all’interno delle imprese, mentre per il 33% è prioritaria la formazione di ricercatori e sviluppatori di algoritmi AI su problematiche etiche. Il 31%, invece, pone l’accento sull’importanza di una maggiore trasparenza sui meccanismi di funzionamento.
Intervistate sugli ambiti di applicazione dell’Ai per la sostenibilità ambientale, le aziende dimostrano il maggiore interesse per le soluzioni che riguardano l’efficienza energetica (70%), la riduzione dell’inquinamento (57%), l’economia circolare (41%) e la prevenzione delle calamità naturali tramite strumenti predittivi (22%).
L’impiego dell’Ai, invece, secondo il 20% potrebbe servire allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, mentre l’8% ne sottolinea il potenziale nella protezione della biodiversità.
Le applicazioni più usate dagli italiani
Secondo il report, la traduzione simultanea è la più diffusa applicazione di Ai: il 43% di loro la usa e il 36% pensa che continuerà ad usarla. Molto utili gli assistenti vocali (il 40% ne fa uso e il 29% continuerà a sfruttarli), così come le previsioni del traffico in tempo reale (adottate dal 37%, un cittadino su tre continuerà a usarle).
Il 25% ha provato applicazioni per la generazione di testo, come ChatGpt e Bard, e il 15% continuerà a utilizzarle. Tra le applicazioni anche la guida autonoma di veicoli (il 13% l’ha provata, il 4% continuerà), la creazione di contenuti artistici e multimediali (l’11% ha provato, il 5% continuerà) e quelle per i servizi finanziari (provati dal 10%, continueranno a essere usati dal 5%).
Fare amicizia con l’intelligenza artificiale?
Alla domanda del report “Farebbe amicizia con un’intelligenza artificiale?”, il 31% dice “probabilmente no”, spiegando di non essere interessato a familiarizzare con uno strumento tecnologico.
Il 22% è possibilista, soprattutto se l’Aa “avesse connotati umani”; infine vi è un 19% di entusiasti che risponde con un sì deciso, a prescindere dalla forma che questa tecnologia assumerebbe.
Gli ambiti di applicazione indicati dai consumatori
Interrogati su quali settori dovrebbero essere considerati prioritari nello sviluppo di nuovi prodotti o servizi, oltre all’ambito medico, c’è chi scommette sull’Ai per il settore salute, il 57% immagina di utilizzarla per monitoraggio dello stato di salute e rilevamento di segnali di attenzione, il 52% pensa che sarà utile alla ricerca farmaceutica-sanitaria.
E ancora chi ipotizza un miglior accesso a servizi di prevenzione o assistenza sanitaria personalizzata (47%), mentre il 41% spera in un supporto alla diagnosi attraverso l’analisi di dati. Significativa anche l’indicazione sul settore dei servizi pubblici e l’interazione con la Pa (31%), che grazie all’Ai potrebbe essere migliorata tramite l’automazione e semplificazione burocratica.
Al terzo posto (30%), invece, vi è l’indicazione di un possibile utilizzo applicato a ‘telecomunicazioni, media e intrattenimento’. Infine, gli intervistati sono stati interrogati sul loro grado di conoscenza dell’intelligenza artificiale.
Come emerge dal report, gli italiani si suddividono in quattro categorie: i grandi conoscitori (17%), cioè coloro che affermano di conoscere bene le applicazioni e i prodotti Ai, nonché la tecnologia sottostante; il 19% si definirebbe come ‘grande utilizzatore’, cioè utilizza frequentemente prodotti e servizi Aa nella vita quotidiana; i ‘non utilizzatori’ sono il 22% e dichiarano uno scarso uso e interesse verso l’Ai; il 42%, invece, esprime timore o preoccupazione per i futuri rischi che questa tecnologia pone.
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