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Lifestyle

Perché nei prossimi 4 anni la moda dovrà rivedere le sue regole per ridurre l’impatto climatico

Mentre da oggi a Milano inizia la settimana della moda, che fino al 26 febbraio porterà in scena 62 sfilate e 176 appuntamenti nella città meneghina, il comparto fashion ripensa le sue regole a livello globale.

Lo studio di Bcg: cruciali saranno le materie prime

Nei prossimi 4 anni, in tutto il mondo entreranno in vigore oltre 35 nuove norme per il settore legate alla sostenibilità che punteranno anche a limitare le importazioni di prodotti, creare delle linee guida per il design dei prodotti e stabilire i requisiti per l’etichettatura.

Come emerge da uno studio di Boston Consulting Group in collaborazione con Textile Exchange e Quantis dal titolo “Sustainable Raw Materials Will Drive Profitability for Fashion and Apparel Brands”, le materie prime hanno un ruolo fondamentale poiché costituiscono fino a due terzi dell’impatto climatico di un marchio di moda.

Decarbonizzare: cresce il gap fino a 133 milioni di tonnellate

Il settore ha accelerato il passo verso la sostenibilità, e oltre l’85% dei brand leader di vendite hanno dichiarato pubblicamente obiettivi di decarbonizzazione per le proprie supply chain.

Assicurare alle aziende l’accesso a materiali sostenibili è urgente, inoltre, e la domanda di materie prime a basso impatto climatico potrebbe superare l’offerta fino a 133 milioni di tonnellate entro il 2030, pari a più di sei volte la produzione indiana di questi materiali nel 2021.

Adottare materie prime a basso impatto climatico (definite “preferibili”), secondo lo studio potrebbe portare ad un aumento del profitto netto del 6% su un periodo di cinque anni: un marchio di moda con 1 miliardo di dollari di entrate annuali, ad esempio, ha il potenziale per sfruttare un’opportunità cumulativa di circa 100 milioni di dollari in cinque anni.

Come si comportano i marchi del lusso

La strada da fare è però ancora molto lunga: se si considera il Modern Slavery Act del 2015, oggi solo il 15% dei marchi di lusso è conforme alle sue linee guida.

Numeri preoccupanti che si aggiungono al dato secondo cui nel 2030 solo il 19% dei materiali prodotti sarà sostenibile.

La figura del chief sustainability officer

Il ruolo del chief sustainability officer è sempre più in voga in Italia nelle aziende di moda. Lo conferma Luca Mosca, fashion & sporting goods lead di Quantis in Italia: “Sempre più cso della moda italiana si stanno muovendo per incentivare l’efficientamento energetico dei propri fornitori diretti, attivando progetti dedicati per supportarli nella raccolta dati e nel calcolo di obiettivi di riduzione delle emissioni.

Questa necessità è una delle ragioni per cui sempre più brand del lusso fanno scelte di integrazione verticale, portando realtà leader italiane a porsi come conglomerati di expertise dell’eccellenza manifatturiera nazionale. Per le maison si tratta dell’opportunità di lavorare con filiere più vicine, dal punto di vista geografico e non solo”.

6 principi per una solida strategia

Il rapporto delinea 6 principi da cui partire.

  1. Sviluppare una tracciabilità completa per ridurre i rischi delle supply chain
  2. Utilizzare un approccio scientifico per rafforzare il processo decisionale e soddisfare gli stakeholder
  3. Diversificare il portafoglio di materiali per distribuire i rischi e rendere le operazioni più resilienti
  4. Costruire un business case che porti a una triplice vittoria: per le aziende, i fornitori e la natura
  5. Rafforzare i rapporti con i fornitori lungo la filiera
  6. Assicurarsi che le conoscenze, gli strumenti e gli incentivi siano condivisi in tutta l’azienda

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