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Food & Beverage

Vini dealcolati: orrore o opportunità?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il consumo di alcol dannoso per la salute con conseguenti malattie, morte e aumento degli eventi criminosi. Le linee guida degli stati nazionali prevedono regole di età e dosi giornaliere di assunzione massima raccomandata, che però variano da Paese a Paese.

Studi scientifici hanno però dimostrato che l’assunzione moderata di vino rosso all’interno di una dieta variegata e mediterranea può avere effetti benefici sulla salute, soprattutto a livello cardiovascolare grazie agli antiossidanti presenti nel vino, in particolare resveratrolo e antociani.

Quanto il consumo di vino è sano?

Rispetto all’alcol puro il vino ha diverse sostanze utili come il resveratrolo e altre sostanze che migliorano la circolazione. Ma è indubbio che l’alcol, preso come sostanza a sé stante, è sempre dannosa, che sia poca o molta. Sicuramente l’alcol fa male e per questo, oltre alla moderazione, la scienza ci viene in aiuto con la proposta di vini a basso contenuto alcolico o dealcolati (quindi con un contenuto di alcol inferiore a 1% ABV).

Il fenomeno dei vini con basso o zero alcol

I giovani cercano vini meno alcolici perché sono molto attenti alla loro forma fisica e al benessere del loro corpo, ma la produzione di vini dealcolati potrebbe anche colmare altre fette di mercato che oggi non consumano vino per altri motivi: la religione, la salute, una gravidanza etc. Inoltre, sanzioni stradali sempre più severe e costose impongono una riflessione più profonda sulla possibilità di diffondere in Italia dei vini di qualità con basso o zero alcol. Il fenomeno dei vini con basso o zero alcol (chiamati Nolo wines) sembra interessare anche alcuni governi, primo fra tutti il Regno Unito dove l’abuso di alcool, le violenze domestiche e disordini sociali legati a esso sono all’ordine del giorno.

Attualmente vi sono diversi metodi per realizzare vini Nolo. Metodi in vigna e cantina che portano alla produzione di vini con alcol più bassi, e metodi di dealcolazione. Alla domanda “ma allora perché non consumare direttamente il succo d’uva?” rispondiamo subito: evitare il processo di fermentazione significa inibire la separazione tra zuccheri e precursori aromatici. In pratica, non si avrebbe la produzione di quei sentori di fiori e frutta che sono legati a questo processo.

La creazione di un’uva che contenga meno zucchero è un rimedio naturale che si ottiene attraverso un’accurata gestione della chioma e una vendemmia studiata in modo da avere una massimizzazione della maturità aromatica e fenolica, ma non quella tecnologia.

Il metodo di dealcolazione

In Toscana, Colline Albelle produce un Vermentino a 10%ABV, delicato, lineare, molto gradevole. I lieviti Saccharomyces cerevisiae convertono circa 18gr di zucchero contenuto nel mosto in 1% alcol. L’uso di lieviti alternativi come Metschnikowia pulcherrima aiutano la conversione di zucchero in alcol in maniera diversa, permettendo al vino di acquisire i sentori e aroma secondari senza raggiungere una quantità di alcol elevata.

Il metodo di dealcolazione, invece, parte dal vino fermentato e applica un metodo specifico per la separazione tra alcol e le altre sostanze contenute nel vino. Le componenti alcoliche sono isolate con macchinari tecnologici quali Osmosi Inversa, la Nanofiltrazione e lo Spinning Cone. Quest’ultimo, in particolare, usa la pressione per anticipare il processo di distillazione a una temperatura di soli 30°C permettendo la separazione di composti volatili e alcol che vengono fisicamente rimossi dal vino ottenendo un prodotto con bassa o nulla percentuale alcolica ma mantenendo il prodotto ricco e pieno.

La fase finale prevede l’aggiunta di zucchero per rendere il prodotto equilibrato (l’alcol tende a dare una tendenza dolce, la maggior parte dei vini dealcolati ha un livello di zucchero saccarosio intorno ai 20-25gr/l). In Spagna, Torres produce Natureo, con chiari sentori aromatici e palato equilibrato, con circa 25gr/l di zucchero. L’evoluzione della tecnica studiata in California permette un’aggiunta ancora minore di zucchero, rendendo il vino piacevole e approcciabile anche a chi – per problemi di salute – deve controllare l’assunzione di zuccheri.

Anche le catene di supermercati abbracciano l’innovazione

Un’innovazione che è stata adottata da tempo da grandi catene di supermercati internazionali (Aldi, Tesco, Lidl) creando interessanti private label che hanno registrato un incremento delle vendite di questi prodotti del 27% in tre anni. In Italia, tuttavia, il limite è più legale che culturale (visto che il 36% degli italiani sarebbe interessato ai Nolo). Oggi un produttore italiano che vuole produrre questi vini deve andare all’estero per la procedura di dealcolazione.

Per il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida i vini dealcolati non saranno incentivati, anche se una legge per produrli in Italia è attesa, visto che esiste un Regolamento Europeo in materia. Peccato, perché promuoverli potrebbe dare sollievo all’industria del vino, pesantemente provata dalle contrazioni di consumo e dalle ultime annate non prosperose.

La produzione di vini dealcolati sani e buoni potrebbe aiutare anche ad avvicinare le nuove generazioni – oggi quasi del tutto lontane dal consumo di vino – che nel 79% dei casi dichiara “importante” ridurre i problemi legati all’abuso di alcol con prodotti Nolo. Agganciare nuovi consumatori con un vino Nolo potrebbe avere la preziosa conseguenza di crescere consumatori fidelizzati, che col tempo possano iniziare anche a consumare vini tradizionali, fiore all’occhiello d’Italia.

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