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Muore a 82 anni Oliviero Toscani, ribelle geniale

Ho avuto la fortuna di conoscere Oliviero Toscani. E ora che se n’è andato, portato via un pezzo alla volta da una malattia terribile, non mi sembra possibile. Era ancora troppo giovane. Dentro. Oliviero è immortale non per quello che ha fatto nella vita e che lascia da mettere nel grande portafoglio della cultura mondiale, ma perché, quando ci parlavi ti dava proprio l’impressione che fosse inscalfibile dal tempo.

Sì, era un po’ acciaccato, le gambe lo facevano dannare, camminava male e si appoggiava alla moglie che leggera e resistente come un giunco riusciva a sostenerlo. Ma sembrava che non potesse finire per la generosa forza delle idee che scaturivano da quel cervello imprevedibile e con le rotelle sempre in movimento. Quando lanciammo Forbes in Italia avevamo bisogno di una copertina che “spaccasse”, come si dice in gergo. Ci rivolgemmo a lui e lo incontrai a pranzo alla Macelleria del comune amico Dario Cecchini.

Oliviero era diffidente. Non voleva accettare l’incarico perché temeva di dover viaggiare sui binari del conformismo. L’amplomb di Forbes, a livello internazionale, d’altra parte ispira serietà e compostezza. Gli dissi “Guarda Oliviero, che noi vogliamo fare un giornale anticonformista, l’esatto contrario di come ti immagini Forbes”. “Ma quello è il giornale dei miliardari”, replicò con durezza. “Vedi che non hai capito?”, gli risposi pacato. “Vogliamo fare il giornale per le persone di successo. Il successo è democratico. È a disposizione di molti. È la ricchezza che è aristocratica, di pochi”.

La prima copertina di Forbes con James Ferragamo firmata da Oliviero Toscani

Dario, il più anticonformista degli anticonformisti, portò in tavola una bistecca e l’accordo fu fatto. Oliviero avrebbe avuto carta bianca per le copertine di Forbes Italia. Nacque così l’iconica copertina del n. 1 con James Ferragamo poco più che trentenne che tiene in mano una coloratissima scarpa creata dal nonno Salvatore negli anni ’30. Attualissima. Oliviero era burbero. Sempre pronto allo scontro ma sempre pronto a chiudere la conversazione con un sorriso e un’idea nuova. La nostra collaborazione è andata avanti per circa in anno.

La copertina di ottobre 2022 con Flavio Briatore firmata da Oliviero Toscani

Poi si è interrotta per i troppi impegni del maestro anche se ogni tanto faceva volentieri qualche scatto per Forbes. Ma la cosa più bella che mi porto dietro di Oliviero sono gli scontri ai tempi de L’Espresso. Quando assunsi la direzione del più importante settimanale italiano feci a lui la prima telefonata. “Oliviero, i giornali di carta sono al tramonto”, gli dissi, “ma L’Espresso può essere l’unico in grado di allungare la luce del giorno. Però ci vuole gente come te”.

Lui si appassionò al progetto, mi invitò a casa sua a Casale marittimo. Voleva rifare Colors, il magazine dei Benetton a suo tempo davvero disruptive. “Impossibile”, gli dissi. “Non possiamo fare un settimanale così complesso. Ci vorrebbe una redazione sterminata. E poi snatureremmo L’Espresso “. Fu dura, combattè per più di un’ora per difendere la sua idea. Capitolò solo quando capì che aveva vinto, cioè quando gli dissi che avrebbe avuto 12 pagine tutte per sé in testa al giornale. Ogni copertina de L’Espresso era uno scontro. Voleva vincere sempre lui. E lo facevo vincere volentieri perché le sue idee erano spesso geniali. Quando esagerava con l’andare controcorrente ricorrevo alla frase topica con aria di rimprovero: “Oliviero… tu fai Toscani di cognome, ma io sono toscano per davvero..”.

Di solito rispondeva riattaccando il telefono. Ma poi ogni volta richiamava dopo 10 minuti con un’idea nuova. Che forza Oliviero. La sua è davvero una generazione di immortali perché è quella del dopoguerra, quella che ha costruito l’ Italia dei miracoli. Anche sulle note di Bob Dylan con Forever Young. D’altra parte un colossal come quello della vita di Oliviero si merita una colonna sonora che resterà indimenticabile. Come lui.

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