Il 54% delle aziende italiane non ha iniziativa di de&i (diversity, equity & inclusion). E per il 56% dei manager questi programmi non sono una priorità. A rivelarlo è una ricerca condotta da Lhh, società del gruppo Adecco, secondo la quale solo il 44% dei dipendenti si sente rispettato in azienda e dai propri team.
Lo studio ha rilevato anche che nel 76% dei consigli di amministrazione le diversità non sono rappresentate e che il 15% dei manager non è informato o non ha alcun interesse verso il tema. La situazione è particolarmente grave nel nord-est, dove le aziende per le quali i programmi di de&i sono prioritari sono meno della metà rispetto a nord-ovest e centro-sud.
Gli effetti della de&i
Eppure diverse aziende sono consapevoli che le iniziative di de&i possono portare numerosi vantaggi. C’è la consapevolezza che la diversità può portare empatia (49%), che la compresenza di prospettive diverse stimola nuove idee (54%) e che l’inclusività riduce il turn over (40%), assicurando maggiore efficienza (37%).
“Considerare fondamentale l’importanza dell’inclusione e il rispetto delle diversità nel mondo del lavoro è cruciale”, ha detto Luca Semeraro, country president Italy e svp recruitment solutions Dach, Netherlands and Poland di Lhh. “Il management e i C-level sono chiamati a giocare un ruolo cardine nel veicolare messaggi di inclusività, affinché raggiungano tutti i livelli della gerarchia aziendale. Nello specifico, le figure apicali sono il canale preferenziale per trasferire best practice, sono loro ad avere il margine necessario per veicolare approcci realmente innovativi e fare in modo che anche i sottoposti percepiscano le iniziative de&i messe in atto”.
Che cosa rende un’azienda inclusiva
Quanto a ciò che rende davvero un’azienda inclusiva, secondo i manager i fattori determinanti sono le pari opportunità di crescita professionale (75%), l’equa retribuzione (55%) e la promozione del senso di appartenenza (43%).
Non viene invece percepita l’importanza di aspetti come la flessibilità oraria (18%), l’apertura a smart working e programmi ‘work from anywhere’ (15%), la flessibilità su congedi parentali e di assistenza familiare (10%), i servizi supplementari in azienda, come mensa e asilo nido (10%) e i benefit-welfare non monetari (9%).
Un clima che cambia
I dati sull’Italia sembrano in linea con un cambiamento del clima politico e culturale che non riguarda solo il nostro Paese. Negli ultimi mesi diverse grandi aziende americane, hanno ridimensionato i programmi di de&i. Meta, per esempio, ha eliminato l’iniziativa Diverse Slate, che garantiva la considerazione di candidati qualificati provenienti da gruppi sottorappresentati, ha bloccato quelli legati all’inclusività dei fornitori e ha annunciato lo scioglimento del team de&i. Tra le altre imprese che hanno intrapreso la stessa strada ci sono McDonald’s, Walmart, Boeing, Ford e Harley-Davidson.
La svolta è dovuta sia a cambiamenti normativi – nel 2023 una sentenza della Corte Suprema ha stabilito che i programmi di ‘affermative action’ per la tutela delle minoranze etniche nelle ammissioni ai college sono incostituzionali -, sia a un nuovo clima politico anti-woke, dimostrato anche dall’elezione alla presidenza di Donald Trump.
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