Articolo tratto dal numero di marzo 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Omnes viae Romam ducunt. Tutte le strade portano a Roma. Due millenni dopo, Roma e l’Italia tornano centrali nello scacchiere geopolitico mondiale. La crisi politica ed economica dei due paesi trainanti dell’Unione europea, Germania e Francia, ha riacceso l’attenzione delle cancellerie globali sul nostro Paese, visto come unico baluardo di stabilità nel continente. La vittoria elettorale di Donald Trump e del suo braccio destro Elon Musk negli Stati Uniti sembra rafforzare questa percezione.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha cercato da subito di accreditarsi con il neoeletto presidente americano, volando in Florida a inizio gennaio e poi alla cerimonia di insediamento, il 20 gennaio a Washington. L’intesa con Musk è invece consolidata. A settembre l’imprenditore di origine sudafricana ha introdotto la premier alla premiazione dell’Atlantic Council, usando parole molto lusinghiere.
La vicinanza politica, unita al ferreo atlantismo e al supporto totale alla causa ucraina, presupposti dei buoni rapporti con Biden, stavolta potrebbero non bastare. Trump resta un imprenditore e intende la politica estera come una serie di rapporti economici e commerciali dove gli Usa devono farla da padrone. I suoi obiettivi sono diminuire fortemente il disavanzo commerciale e ottenere un maggiore sostegno economico dai partner Nato. Temi insidiosi per il governo italiano.
Il nostro Paese, infatti, ha un interscambio commerciale particolarmente florido con gli Usa. Nel 2023 ha raggiunto i 92 miliardi di euro, con un avanzo commerciale arrivato, secondo i dati Istat, alla cifra record di 42 miliardi di euro (terzo paese nell’Ue, dopo Germania e Irlanda). Gli Stati Uniti rappresentano per l’Italia il secondo mercato di esportazione dopo la Germania, con l’11% dell’export. La Banca d’Italia ha calcolato che il 7% del fatturato e il 27% delle esportazioni delle pmi prevengono dal mercato statunitense. Per le grandi aziende le vendite americane pesano per il 5% sulle vendite e per il 15% sull’export.
Gli effetti dei dazi sull’Italia
I dazi, quindi, sarebbero un duro colpo per la nostra economia. Confartigianato ha stimato che tariffe al 20% ridurrebbero le nostre esportazioni di circa 11 miliardi di euro all’anno (-16%), mentre se fossero al 10% l’export calerebbe del 4,3%. Una mediazione con Trump è necessaria. Roma non potrà, però, far leva sulle spese militari, da sempre tallone d’Achille di qualsiasi governo. Seppure la spesa prevista per il 2025 sia in crescita del 7,3% rispetto al 2024 (oltre 2 miliardi di euro in più), resta comunque all’1,46% del Pil. Numero ben inferiore al target Nato del 2% e al 5% voluto da Trump.
L’Italia resta fondamentale sia per la sua posizione geografica, sia per la presenza di basi militari americane, come Sigonella, Aviano e Napoli, necessarie per il controllo del Mediterraneo. Per di più il porto di Trieste è un accesso privilegiato all’Europa continentale per le merci provenienti dall’India e dai paesi del Golfo, il cosiddetto corridoio Imec (India-Medio Oriente-Europa), specie visto che il porto del Pireo è sotto il controllo cinese.
Meloni, per ammorbidire le posizioni di Trump, potrebbe sfruttare Musk e le sue aziende. Non a caso Bloomberg, a gennaio, ha parlato di un accordo da 1,5 miliardi di dollari tra il governo italiano e la SpaceX di Musk per la crittografia delle comunicazioni telefoniche e internet dell’esecutivo e delle forze armate del nostro Paese. L’Italia per le comunicazioni satellitari strategiche usa il programma Sicral, partito con il primo satellite nel 2001, che oggi ne conta altri due. Programma che, a detta dello stesso ministro della Difesa, Guido Crosetto, “soffre di una copertura geografica limitata e di ritardi tecnologici”. Inoltre il nostro Paese partecipa al programma francese Iris2, che prevede l’invio di 290 satelliti entro il 2030, per un costo complessivo di 10,5 miliardi di euro.
Il ruolo di Elon Musk
I satelliti a bassa orbita di SpaceX, tramite la controllata Starshield, potrebbero ovviare a questi problemi. Essendo satelliti a bassa orbita, tra i 550 e i 1.100 km di altezza, contro i 36mila km di quelli geostazionari, ruotano velocemente intorno alla Terra e hanno una bassissima latenza nelle comunicazioni. Un utilizzo complementare ai satelliti esistenti potrebbe essere utile alle nostre forze armate.
Una prova l’abbiamo avuta in Ucraina, dove sono serviti a ridurre la dipendenza dalle infrastrutture terrestri, vulnerabili agli attacchi russi, e hanno garantito comunicazioni sicure e affidabili in uno scenario critico. Inoltre Starlink, la controllata di SpaceX che si occupa della connessione satellitare commerciale, potrebbe aiutare a colmare i ritardi accumulati nella diffusione di internet ad alta velocità, specialmente nelle zone più impervie. Al momento FiberCop e OpenFiber hanno cablato, infatti, solo un terzo dei circa 3,4 milioni di edifici previsti.
Oltre agli accordi con le società di Musk, Meloni può giocarsi le carte dell’acquisto di gas e armi con la Casa Bianca. Gli Usa sono diventati il quarto fornitore di gas dell’Italia, con 762 milioni di euro l’anno di gnl (gas naturale liquefatto). Incrementare l’import non sarà facile, visto il calo dei consumi italiani dai 73,5 miliardi di metri cubi del 2021 ai 58,5 miliardi del 2024, ma potrebbe comunque essere una leva negoziale con Trump. Le spese militari, poi, dovranno aumentare comprando anche armamenti dagli Usa.
Se la premier riuscirà a evitare all’Italia e all’Ue i dazi statunitensi, potrebbe ottenere come contraltare, in sede comunitaria, maggiore flessibilità rispetto al nuovo patto di stabilità Ue. Meloni, quindi, ha un percorso obbligato: accrescere la credibilità e la stabilità italiana a livello internazionale e trattare con Trump anche a nome di un’Unione divisa e frammentata, per poi spendere eventuali successi in chiave europea. Hic et nunc, dicevano i latini. Qui e ora. Il futuro dell’Italia si gioca qui e ora.
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