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5 novembre 2025
L'investitore, famoso per avere puntato contro il mercato immobiliare nel 2007, prevede un calo di titoli come quelli di Nvidia e Palantir
Di Eleonora Fraschini
Le preoccupazioni per un possibile surriscaldamento dell’intelligenza artificiale scuotono i mercati. Dai grandi nomi della finanza ai listini tecnologici, cresce il timore che l’euforia per l’IA stia superando la realtà dei fondamentali.
I fatti chiave
- Michael Burry, celebre per la sua ‘Grande scommessa’ contro i mutui subprime nel 2007, ha rivelato alla Sec una posizione short da 1,1 miliardi di dollari su Nvidia e Palantir, paragonando l’attuale entusiasmo per l’IA alla bolla dot-com del 2000.
- Al Global Financial Leaders’ Investment Summit di Hong Kong, il ceo di Goldman Sachs, David Solomon, ha previsto una correzione del 10-20% nei prossimi 12-24 mesi. Una visione condivisa dai vertici di Morgan Stanley e J.P. Morgan, che hanno espresso timori analoghi.
- Ieri il Nasdaq ha perso il 2%, trascinato dai titoli tecnologici. Palantir ha registrato un calo del 16%, mentre Nvidia ha ceduto oltre il 2%, nonostante il recente record di 5.000 miliardi di dollari di capitalizzazione.
- Oggi i listini statunitensi hanno aperto in lieve calo, segno che la tensione sul comparto tecnologico resta elevata e che gli investitori continuano a monitorare con cautela l’evoluzione del sentiment sull’intelligenza artificiale.
- Le azioni di Nvidia (+46%) e Palantir (+157%) restano fortemente positive da inizio anno, ma gli analisti iniziano a parlare di segnali di surriscaldamento.
Michael Burry punta contro l’IA
Michael Burry, il gestore di Scion Asset Management reso celebre dal film La grande scommessa, è tornato a far tremare Wall Street. Dopo aver previsto la crisi dei mutui subprime, ora scommette contro due tra i simboli più visibili della febbre da intelligenza artificiale: Nvidia e Palantir.
Nei suoi post su X, spesso criptici, Burry ha paragonato l’attuale fase del mercato a quella che precedette la bolla di internet di fine anni Novanta, quando le valutazioni delle società tecnologiche erano salite su aspettative irrealistiche. La sua mossa, resa pubblica nei documenti alla Sec, è stata interpretata come un segnale di crescente scetticismo verso la narrativa dominante sull’IA.
Il contesto
Negli ultimi mesi, diverse istituzioni – tra cui la Bank of England – hanno lanciato l’allarme sull’eccessiva concentrazione dei capitali legati all’intelligenza artificiale. Oggi, cinque società rappresentano circa il 30% della capitalizzazione dell’S&P 500, la quota più elevata degli ultimi 50 anni. Questa dipendenza estrema dai titoli tecnologici più capitalizzati espone i mercati a rischi sistemici: se anche solo una di queste aziende mancasse le aspettative sugli utili o sui ritorni dell’IA, l’impatto potrebbe essere generalizzato. È una dinamica che ricorda da vicino quella delle dot-com, quando una manciata di nomi trainò l’intero indice fino al crollo.
A ciò si aggiungono chiari indicatori di surriscaldamento: multipli ai massimi storici, un’esplosione di startup IA spesso prive di prodotti concreti, e una corsa frenetica alle infrastrutture hardware (gpu, data center, modelli linguistici) che presenta i tratti tipici di un’eccessiva fase di investimento. Molte big tech, intanto, annunciano nuovi progetti di ‘AI integration’ dal contenuto vago, più utili a rassicurare gli investitori che a portare innovazione reale.
Prospettive
Per ora i numeri restano straordinari: Nvidia e Palantir sono ancora tra i titoli più performanti del 2025. Tuttavia, il rischio di una fase di disillusione è sempre più concreto. Se la produttività promessa dall’IA non dovesse tradursi in profitti tangibili, i mercati potrebbero assistere a una brusca correzione nei prossimi mesi.
La storia insegna che le bolle tecnologiche non cancellano l’innovazione, ma ne riposizionano i confini: come accadde dopo lo scoppio della bolla internet, una possibile frenata dell’IA potrebbe segnare non la fine della rivoluzione, ma l’inizio di una fase più selettiva e sostenibile.