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27 novembre 2025
Energia stabile, autonomia nazionale, nuovi posti di lavoro e una filiera pronta a crescere e innovare nel lungo periodo.
Perché non sfruttare il mare per produrre energia eolica fuori dalle polemiche e dalle controversie dell’impatto paesaggistico? Si può, generando vantaggi dal punto di vista energetico, occupazionale e finanziario.
Ecco l’idea che si concretizza e produce risultati importanti: cinque impianti localizzati al largo delle coste della Sicilia, del Lazio e della Sardegna, tutti a distanze comprese tra 25 e 40 km dalla costa, con una capacità complessiva di circa 3 GW, in grado di produrre circa 8 TWh annui, sufficienti ad alimentare 2,5 milioni di famiglie.
La tecnologia che porta più energia, meno impatto e migliaia di nuovi posti di lavoro
L’eolico offshore galleggiante (floating offshore wind – Fosw) è una tecnologia pronta per l’industrializzazione che consente di installare turbine eoliche in mare aperto anche su fondali profondi, dove il vento è più intenso e regolare (in Italia dai 5 m/s agli 8 m/s nel Canale di Sicilia e intorno alla Sardegna). È l’unica rinnovabile non programmabile in grado di coniugare produzione stabile e prevedibile rispetto a solare ed eolico onshore: i parchi flottanti hanno un profilo di produzione molto regolare, con un capacity factor compreso tra il 35% e il 45%. Inoltre, l’impatto ambientale e paesaggistico è minimo: non occupano suolo, non alterano il paesaggio e, se correttamente progettati, hanno effetti neutri su biodiversità e habitat marini.
Notevole anche l’impatto occupazionale: tra 2.000 e 6.000 posti di lavoro annui per 3-4 anni nella costruzione, cantierizzazione e assemblaggio di un singolo impianto da 250 MW; dai 160 ai 330 lavoratori stabili (diretti, indiretti e indotto) nella gestione e manutenzione. A livello nazionale, la filiera italiana – che comprende cantieristica navale, siderurgia, componentistica elettrica e logistica – può generare decine di migliaia di occupati durante il periodo di realizzazione dei progetti.
Una filiera offshore galleggiante tutta europea, made in Italy, che promette energia, lavoro e valore per lo Stato
In termini finanziari, i benefici si traducono in maggiore autonomia energetica, minore dipendenza dall’estero e nella riduzione del Pun – Prezzo unico nazionale di almeno il 10% nel lungo periodo, con un valore cumulato stimato in circa 40 miliardi di euro fino al 2060. Più occupazione, più valore aggiunto generato e maggiori imposte per lo Stato. Stiamo parlando di una nuova filiera industriale totalmente europea e, per larga parte, made in Italy, con potenzialità di esportazione globale.
Il programma del Consorzio Divento, costituito per promuovere lo sviluppo dell’eolico offshore galleggiante in Italia, è sostenuto da tre attori principali: Eni Plenitude, GreenIT e Cip – Copenhagen infrastructure partners. GreenIT è una joint venture partecipata al 51% da Plenitude e al 49% da Cdp Equity. La partnership contribuisce in maniera significativa agli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal Pniec 2030. Divento è guidata dal ceo Michele Schiavone e rappresenta l’evoluzione del progetto originario avviato dal team 7SeasWindPower (Luigi Severini e Pepe Carnevale), oggi pienamente integrato nella nuova struttura.
GreenIT guida l’eolico galleggiante in Italia, con progetti avanzati e 1 GW entro il 2030
GreenIT si distingue nello sviluppo, costruzione e gestione di impianti da fonti rinnovabili in Italia, con una forte attenzione all’innovazione. Recentemente ha siglato un accordo di finanziamento da 370 milioni di euro per raggiungere la capacità installata di 1 GW entro il 2030.
Il progetto ad oggi in fase più avanzata è quello nel Canale di Sicilia, al largo di Marsala (7SeasMed), il primo in Italia ad aver ottenuto la Valutazione di Impatto Ambientale positiva, con avvio delle procedure già nel 2019. Questo traguardo lo rende il più maturo fra tutti i progetti galleggianti presentati in Italia. Dei numerosi progetti in corso, i cinque di Divento sono stabilmente tra quelli più avanzati nel segmento dell’eolico galleggiante, l’unico davvero strategico per la geografia dei fondali italiani.