Space Economy: satellite nello spazio
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Decolla la Space economy: l’Italia è sesta al mondo per spese spaziali in rapporto al Pil

Il 2021 è stato un anno importante per la Space economy italiana. Analizzando gli investimenti nel settore dello spazio dei singoli paesi in relazione al Pil, il nostro paese si colloca al sesto posto al mondo, dopo Russia, Usa, Francia, India e Germania, e al terzo in Europa. Con 589,9 milioni di euro, l’Italia nel 2021 è il terzo contribuente all’Esa, l’agenzia spaziale europea, dopo Francia (1065,8 milioni) e Germania (968,6).

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata al convegno La Space Economy per la competitività e lo sviluppo sociale del Paese. Riconosciuta ormai come uno dei fattori chiave per la competitività e lo sviluppo sociale del Paese le tecnologie satellitari, in combinazione con le tecnologie digitali più avanzate, sono oggi un driver fondamentale per l’innovazione e la sostenibilità nei settori più diversi. In questa prospettiva, saranno mobilizzati nei prossimi anni ingenti investimenti pubblici e privati.

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“Il 2021 è stato un anno importante per la crescita dell’attività spaziale, testimoniata dall’aumento del numero di satelliti in orbita ma soprattutto dalla consapevolezza diffusa sulla rilevanza strategica della Space economy” affermano Paolo Trucco e Franco Bernelli Zazzera, responsabili scientifici dell’Osservatorio Space Economy. “I prossimi anni saranno fondamentali per un pieno sviluppo dei servizi e l’ampliamento delle opportunità, con il Pnrr e il New Deal Europeo a trainare innovazione e nuove infrastrutture nel nostro Paese”.

Investimenti spaziali in relazione al Pil: l’Italia è sesta al mondo

Sono 88 i paesi nel mondo che investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 dotati di un’agenzia spaziale con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno.

Per i programmi spaziali si stima una somma dei budget governativi a livello globale tra gli 86,9 e i 100,7 miliardi di dollari. Per entità di spesa, nell’anno fiscale 2021, appena dopo gli Stati Uniti (ampiamente al primo posto nel mondo con gli 43,01 miliardi di dollari), viene l’Europa con 11,48 miliardi di dollari, seguita da Cina, Russia, Giappone e India. Grazie a Copernicus, EGNOS e Galileo, l’UE possiede sistemi spaziali di livello mondiale, con più di 30 satelliti in orbita (l’intenzione è quella di raddoppiarli nei prossimi 10-15 anni) e una previsione di spesa di 14,8 miliardi di euro nel periodo 2021-2027, la somma più alta mai stanziata prima. 

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“La Space economy assumerà un ruolo strategico sempre più rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e transizione dell’agenda europea e italiana” dichiarano Angelo Cavallo e Antonio Ghezzi, direttori dell’Osservatorio Space Economy. “La sfida futura sarà far corrispondere i risultati alle aspettative suscitate”.

Significativi sono anche gli investimenti privati nelle startup: nel 2021 si stimano complessivamente 12,3 miliardi di euro di finanziamenti a livello globale. Una cifra rilevante, con un sempre maggiore coinvolgimento del mercato azionario: ben 606 imprese nel 2021 si sono quotate tramite Spac, contro una sola nel 2020.

A fronte di tutto ciò, si stima che il mercato della Space economy valga oggi 371 miliardi di dollari di ricavi a livello globale, di cui il 73% riconducibile all’industria satellitare. Ma la crescita si misura anche in termini di satelliti in orbita: nel 2021 se ne contano in totale 4.838 e solo nel 2020 sono stati lanciati il 40% di quelli partiti negli ultimi 10 anni, per una massa totale di satelliti orbitanti di circa 564 tonnellate. Un trend in costante aumento, che porta con sé grandi opportunità ma anche il rischio di inquinamento dello spazio e di collisioni involontarie tra carichi operativi e detriti spaziali.

L’innovazione, la sostenibilità e il Pnnr

L’utilizzo di dati di origine spaziale per fini commerciali sulla Terra è il pilastro fondante della Space Economy Innovation. La riduzione delle barriere di accesso allo spazio ha portato negli ultimi anni alla nascita e rapida crescita di diverse startup che nel 2021, a livello mondiale, hanno raccolto 12,3 miliardi di euro di finanziamenti.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) prevede il finanziamento diretto allo Spazio per 1,49 miliardi di euro. Anche se ingenti, le risorse stanziate copriranno solo una quota degli investimenti per alcune linee di intervento: un segnale di per sé positivo per il settore, ma non ancora pienamente maturo nella visione di medio-lungo periodo. La ricerca spaziale può infatti contribuire alla transizione digitale e ecologica, alla mobilità sostenibile, all’inclusione e alla salute. La protezione del pianeta e la transizione ecologica richiedono applicazioni avanzate di osservazione dallo spazio, mentre la mobilità intelligente e la guida autonoma potranno svilupparsi solo con sistemi satellitari di posizionamento e geo-localizzazione.

Le tecnologie satellitari sono tra i driver rilevanti per raggiungere i 17 Sustainable Development Goals (SDGs) – lo strumento adottato a livello globale per valutare la sostenibilità delle attività economiche e sociali. L’Osservatorio Space Economy ha studiato l’adozione di applicazioni satellitari per la sostenibilità, analizzando in particolare il contributo dell’osservazione della Terra, della navigazione e della comunicazione ai diversi Sdg. Ne emerge come l’osservazione della Terra può avere un impatto diretto su 10 SDGs e indiretto su altri 6, la Navigazione un impatto diretto su 6 SDGs e indiretto su altri 9, la Comunicazione un impatto diretto su 4 SDGs e indiretto su altri 11.

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Il futuro della Space economy? L’internet satellitare

Una delle prospettive di sviluppo futuro della Space economy è rappresentato dall’internet satellitare, destinato a diffondersi per coprire le molte aree del mondo non ancora in grado di accedere alla rete. Il gap tecnologico rispetto all’infrastruttura terrestre via cavo potrebbe essere presto colmato, ma secondo l’analisi dell’Osservatorio il vero valore aggiunto si otterrà usando in modo complementare i due asset non necessariamente in competizione, agendo a livello di regolamentazione, management ed intento privato, favorendo la nascita di mercati b2c, b2b e b2g che possano trarne vantaggio e stimolarne la crescita tecnologica ed economica.

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