di Maria Elena Viggiano
Articolo tratto dal numero di agosto 2019 di Forbes Italia. Abbonati.
L’ultimo in ordine di tempo è Gucci: il 28 maggio durante una sfilata all’interno dei Musei Capitolini a Roma ha annunciato il suo impegno per i prossimi due anni nel progetto per il recupero della Rupe Tarpea, la parete rocciosa situata sul lato meridionale del Campidoglio, dalla quale, secondo la tradizione, fino al I sec d. C. venivano gettati nel sottostante Foro Romano i traditori della Patria condannati a morte.
Allo stato attuale la Rupe, come tanti altri monumenti e opere artistiche di notevole rilievo, è in uno stato di abbandono, per la mancanza della necessaria manutenzione. Per fortuna, a salvare il patrimonio artistico dell’Italia, sono intervenuti da alcuni anni i grandi brand del lusso. Gucci, Bulgari, Fendi sono tra i nuovi mecenati che con investimenti ingenti stanno riportando agli antichi splendori alcuni capolavori lungo la Penisola.
“I 200 milioni di euro donati da Bernard Arnault dimostrano la grande attenzione del gruppo Lvmh per l’arte”, racconta Jean-Christophe Babin, ceo di Bulgari, interpellato all’indomani dell’incendio di Notre Dame. “È giusto che il privato intervenga in aiuto dello Stato. Se pensiamo a Roma, pur essendo una città di medie dimensioni, racchiude da sola più arte di tanti paesi europei”, continua Babin, “e non è possibile far pagare solo ai cittadini un patrimonio bellissimo ma anche molto oneroso in termini di manutenzione”. A Bulgari si deve il restauro della scalinata di Trinità dei Monti, finanziato con un milione e mezzo di euro. “Abbiamo combattuto per tenerla aperta al pubblico”, Babin ricorda, “meglio rifarla tra 15 anni piuttosto che negare ai cittadini romani ed ai turisti di usufruire di questo luogo d’incontro unico”.
La storia di Bulgari evidenzia lo stretto legame con Roma, dove Sotirio Bulgari, argentiere greco, aprì nel 1884 il suo primo negozio in via Sistina, seguito nel 1894 da uno in via Condotti. “Vogliamo restituire qualcosa ad una città che ci ha dato tanto e reso famosi in tutto il mondo. Fino a pochi anni fa, tutti i nostri gioiellieri lavoravano nella Capitale e non è da sottovalutare l’impatto che i monumenti hanno avuto sulla loro arte”, continua Babin. “Il taglio cabochon di alcune pietre non è altro che un richiamo alle cupole romane. Nel mestiere del gioielliere c’è una elevata componente artistica, l’alta gioielleria comprende pezzi unici che possono essere paragonati ad un’opera d’arte”. A febbraio la maison ha annunciato il proprio impegno per i restauri dell’Area Sacra di Largo Argentina, dove fu assassinato Giulio Cesare. Oggi si può guardare solo dall’alto, invece i lavori prevedono la realizzazione di un percorso per accedere all’area archeologica e la musealizzazione di uno spazio per la conservazione dei reperti.
Un altro nome indissolubilmente legato a Roma è Fendi, nata nel 1925 grazie ad Edoardo e Adele Fendi. Diversi gli interventi di valore culturale della maison, come il restauro della Fontana di Trevi che ha dato il via all’iniziativa Fendi for Fountains, e del Palazzo della Civiltà Italiana nel quartiere Eur. Figlia dei fondatori, Alda Fendi ha lasciato il mondo della moda e, seguendo la sua grande passione per l’arte, nel 2001 ha realizzato con le figlie Giovanna ed Alessia la Fondazione Alda Fendi – Esperimenti. Il concetto di mecenatismo assume un valore alto, al punto da spingere Alda a parlare di “regali” riferendosi ai progetti realizzati: “Abbiamo finanziato i lavori per il recupero del pavimento marmoreo della Basilica Ulpia nel Foro Traiano, abbiamo esposto per la prima volta L’Adolescente di Michelangelo grazie ad una collaborazione triennale con l’Ermitage di San Pietroburgo. L’ingresso è sempre gratuito perché l’arte deve essere per tutti, i romani sono assetati di arte, lo dimostra la grande partecipazione e curiosità”.
La sede della Fondazione è Palazzo Rhinoceros – si trova nel Campo Boario, tra il Palatino e la Bocca della Verità – dopo anni di lavori ed un investimento notevole trasformato in un hub culturale unico nel suo genere. Un palazzo di 6 piani con spazi espositivi ai primi due, che in realtà proseguono per l’intero edificio, 24 appartamenti destinati ad ospiti che vogliono vivere un’esperienza immersiva nell’arte, il famoso ristorante Caviar Kaspia e le terrazze con una vista unica.
È un luogo affascinante per la struttura, l’archistar Jean Nouvel è riuscito a creare un connubio tra la conservazione esterna dell’edificio e le soluzioni innovative interne; e per il contenuto, Alda Fendi e il direttore artistico Raffaele Curi realizzano esperimenti, contaminazioni tra antico e moderno, dando luogo a performance teatrali e a mostre. “Si è trattato di un vero e proprio progetto urbanistico, abbiamo riqualificato tutta l’area circostante con l’illuminazione dell’Arco di Giano e il rifacimento della strada”, racconta Alda Fendi, “ma lo Stato non ama la cultura, con una crisi così forte ci vogliono i privati per evitare il rischio che vada tutto in rovina. Tuttavia chi si impegna non viene supportato nemmeno con sgravi fiscali come accade in altri paesi. Continuerò a fare regali, amo molto Roma, la trovo magica nonostante tutti i difetti e viaggio pochissimo perché difficilmente trovo posti ricchi di arte come questa città”.
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