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L’intelligenza artificiale tra mito e realtà

(Shutterstock.com)

Nell’immaginario collettivo, l’Artificial intelligence (AI) è sinonimo di robot quasi umani, o agenti software che conversano con la fluidità e la disinvoltura di una persona. Il richiamo più semplice, e al contempo inquietante, è nel film Her, in cui il protagonista finisce con l’innamorarsi di un software brillante, ironico, efficiente, comprensivo. Questo tipo di intelligenza è chiamata Artificial general intelligence (AGI) o Human-level artificial intelligence, poiché risulta di fatto indistinguibile dalla nostra stessa intelligenza.

grafico individuazione di oggetti specifici
Grafico individuazione di oggetti specifici
grafico formulazione di risposte
Grafico formulazione di risposte

Le caratteristiche dell’Agi in effetti, sono quelle che tipicamente ci distinguono come esseri umani: da un lato la capacità di comprendere e rispondere a stimoli verbali (il linguaggio), dall’altro l’insieme delle funzioni cognitive quali memoria, capacità visive, percezione, ragionamento e la capacità di prendere decisioni. Siamo già a questo punto? Ci sono molti miti relativi all’AI che è necessario sfatare, e per fare ciò utilizziamo le riflessioni di Max Tegmark, docente del Mit e tra i maggiori studiosi al mondo di AI. Per iniziare, i tempi: c’è chi crede che nel 2020 la super intelligenza sarà già una realtà concreta, altri ritengono che siamo ancora lontanissimi. La verità è che non siamo in grado di prevedere quando le macchine saranno capaci di pensare, interagire, ragionare come gli umani. Ma è necessario cominciare a lavorare fin da oggi per creare un contesto in cui ciò avvenga nel più sicuro e ottimale dei modi. L’intelligenza artificiale non ha ancora raggiunto lo human level ma si sta avvicinando. In diverse capacità cognitive, infatti, le macchine hanno raggiunto un livello del tutto paragonabile, quando non superiore, a quello umano. (vedi i grafici in alto relativi all’individuazione di oggetti specifici e alla formulazione di risposte)

È utile provare a districarsi nella giungla di concetti, casistiche, informazioni relative all’intelligenza artificiale, adottando uno schema semplice ma efficace quale quello riportato qui sotto.

un grafico per capire l'intelligenza alternativa
Capire l’intelligenza artificiale con uno schema

L’evoluzione attraverso queste categorie è spiegata nel report Will robot really steal our jobs?, pubblicato PwC nei primi mesi del 2018 e derivante dallo studio di migliaia di attività e mestieri in tutti i settori e tutte le aree aziendali. Nello studio si tratteggia la trasformazione attraverso tre wave successive: la prima, detta Algorithmic Wave è quella in cui ci troviamo attualmente. In questa fase si affermano Automated e Assisted Intelligence, con un focus spinto sull’automazione di attività semplici e sull’elaborazione di informazioni strutturate, comunicazioni e dati finanziari. Nel prossimo decennio vedremo invece l’affermarsi dell’Augmentation Wave, in cui l’automazione coinvolgerà attività e mansioni più sofisticate, che restano ripetitive, ma necessitano di una pre-elaborazione delle informazioni per ottenere la decisione corretta ed elaborano informazioni non strutturate.

Infine, si stima a partire dalla metà del decennio 2030, avremo la Autonomy Wave, una fase di automazione del lavoro fisico che richiede dexterity, cioè destrezza, agilità, e sarà in grado di elaborare soluzioni a problemi complessi, che richiedono risposte dinamiche, adattate al contesto e non rispondenti a regole definite, ad esempio nel manufacturing e nei trasporti.
Questo percorso evolutivo avrà un impatto rilevante su diverse settori e per diversi tipi di professioni. Le conseguenze saranno più o meno dirompenti in funzione delle diverse fasi di sviluppo dell’automazione. Ad esempio l’effetto sul comporto trasporti e logistica sarà probabilmente più elevato nell’ultima wave, mentre il settore finanziario e assicurativo saranno presumibilmente più influenzati dalla seconda wave, quella dell’Augmentation.

Al tempo stesso, come emerge dallo studio di PwC Workforce of the Future: The competing forces shaping 2030 l’innovazione ha concesso ai piccoli business, più agili e veloci nell’adottare soluzioni offerte dallo sviluppo tecnologico, di trovare uno spazio sempre più rilevante nell’ecosistema business. Questo fattore favorirà un progressivo spostamento verso un mondo di piccole realtà fortemente innovative? Oppure, al contrario, le grandi aziende diventeranno ancora più potenti, fino ad assumere carattere politico, grazie all’utilizzo di forme flessibili di lavoro che consentono loro la diminuzione di costi interni ed esterni?
Ragionando su due assi, Frammentazione vs Integrazione, e Collettivismo vs Individualismo, abbiamo individuato quattro mondi possibili.

The Red World (Frammentazione + Individualismo) è un incubatore perfetto per l’innovazione, un mondo caratterizzato dalla forte valorizzazione di competenze specialistiche, dalla velocità di esecuzione, da organizzazioni supportate on demand dalle sole competenze necessarie alla realizzazione di specifiche iniziative.
The Blue World (Integrazione + Individualismo) è dominato dalle grandi aziende, che tuttavia hanno rinunciato a forze lavoro fisse, preferendo organizzarsi con una workforce snella, in cui pochi dipendenti high performer sono legati stabilmente all’azienda, che si avvale di competenze e talenti da attivare on demand.
The Green World (Integrazione + Collettivismo) si caratterizza per una forte attenzione ai temi della sostenibilità e del benessere collettivo, di cui si prendono cura le grandi corporation.
Infine, the Yellow World (Frammentazione + Collettivismo) che vede il ritorno di una forte identità di mestiere, in cui chi possiede certe capacità e skill riconosce l’appartenenza ad una determinata “gilda” come fattore significativo di motivazione e caratterizzazione.
Queste visioni estreme rappresentano uno spunto di riflessione per iniziare a fare i conti con il futuro del lavoro.

Per scoprire a quale Future of Work appartieni, fai il test: www.pwc.com/worldsofworkquiz

Come affrontare la sfida dell’automazione

  • Act now: il cambiamento sta avvenendo, non c’è tempo di aspettare;
  • No regrets and bets: il futuro è dinamico, la direzione non è definita. Occorre rischiare ed equilibrare il rischio con elementi di continuità;
  • Make a bigger leap: occorre uscire dal mindset incrementale, ragionando su azioni disruptive e di radicale cambiamento;
  • Own the automation debate: tutte le aree aziendali sono coinvolte e rilevanti nella discussione sulle tecnologie, non è un ambito IT only!
  • People not jobs: i lavori scompariranno, come impatto dell’adozione delle tecnologie, non c’è ragione di resistere a tale cambiamento e proteggere i mestieri. È invece necessario proteggere le persone, fornendo loro gli strumenti perché abbiano le skill necessarie per i lavori che verranno.
  • Build a clear narrative: è necessario coinvolgere i lavoratori nella discussione, creando insieme una storia di evoluzione che abbia un senso e uno svolgimento condiviso.

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