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Da Youtuber a insegnanti: la formazione online è la nuova gallina d’oro degli influencer

Da sinistra: Palladino, Palmieri e Forlante, co-fondatori di Docety. (Courtesy Docety)

PewDiePie, Zoella, Markiplier: fino a pochi anni fa erano nomi noti solo a ragazzini appassionati di videogame o makeup. Decine di milioni di ragazzi. Un bacino di utenza di Millennials e Gen Z, appassionato e fidelizzato, che nel tempo, crescendo, ha guadagnato un sempre più forte potere di acquisto, tanto che le aziende hanno iniziato a capire quale grossa opportunità si celasse dietro al fenomeno dei video influencer. Oggi lo Youtuber inizia finalmente anche in Italia a essere considerato una professione, alla base di un business in grado di muovere complessivamente enormi guadagni. Pubblicità, eventi, partnership con aziende: mentre il modello di business principale resta quello legato al marketing, si profila un nuovo scenario per le star del web, quello della formazione.

Video influencer: chi sono e come guadagnano

Quello dei video creator, infatti, è un settore molto concentrato, che vede sostanzialmente due tipi di protagonisti: le webstar e i microinfluencer. Le prime fanno parte di una cerchia molto ristretta, in grado di catalizzare sui propri canali social milioni di follower e generare su Youtube anche decine di milioni di visualizzazioni al mese. Accanto alle celebrity, ci sono poi decine di influencer, esperti in specifiche nicchie di interesse (e-sports, videomaking, food, DIY, makeup, etc), con un pubblico di centinaia di migliaia di utenti, molto coinvolto e fidelizzato, che però faticano a monetizzare. Già, perché le logiche di Youtube si basano su grandi numeri. Enormi. Con oltre 1,9 miliardi di utenti attivi al mese, Youtube offre una vetrina incomparabile a influencer e creativi. Ma non è tutto oro quello che luccica. Chi e come guadagna davvero sulla più famosa piattaforma di videosharing e secondo motore di ricerca al mondo?

“Alcune webstar ottengono mensilmente, già solo dall’advertising associato alle visualizzazioni, migliaia di euro: un influencer che ad esempio genera circa 10 milioni di views al mese, può guadagnare un lordo di circa 6 mila euro in Italia. I fattori che intervengono su queste cifre sono molti e i ricavi variabili, ma resta il fatto che parliamo di numeri molto elevati in termini di visualizzazioni generate per trasformare una passione in un lavoro redditizio”, spiega Nicola Palmieri, noto Youtuber meglio conosciuto come Redez che, insieme al “collega” Synergo (Mario Palladino), guida il canale Quei Due Sul Server e altri canali satellite, con in totale oltre 1,8 milioni di follower.

La popolarità offerta dalla piattaforma porta poi con sé altre forme di guadagno, simili a quelle che si innescano nel mondo delle star televisive: product placement nei propri video, partecipazioni ad eventi come testimonial che generano veri e propri bagni di folla, partnership con aziende, merchandising e via dicendo: un business da milioni di euro, in cui a guadagnarci sono anche note agenzie di management degli Youtuber più richiesti. “Per partecipare ad un evento con una semplice “comparsata” di pochi minuti un video influencer sulla cresta dell’onda può ricevere anche 5.000€”.

Una grossa fetta di questo mercato si annida però nel secondo gruppo, cioè in quello dei microinfluencer. L’intera categoria, complessivamente, genera sul “Tubo” ascolti anche maggiori, ma singolarmente i suoi membri non riescono ad andare oltre poche centinaia di euro di guadagni mensili.

“Un video creator che posta anche un video al giorno – con un investimento notevole in termini di tempo e risorse – e genera ad esempio 1 milione di view al mese, otterrà un guadagno lordo di circa 550€. A questo andrà decurtato fino al 40% se lo youtuber decide di sottoscrivere il proprio canale a un network di terze parti e, ovviamente, tutti i costi di un lavoratore indipendente, che in Italia arrivano a pesare anche il 50% tra Inps, Irpef, aliquote variabili e Iva (che per alcuni è solo un costo impossibile da scaricare). Va da sé che servano altre fonti di guadagno per poterne fare una vera professione”, continua Palmieri.

Se è vero che anche le aziende iniziano ad accorgersi del potere dei microinfluencer quando è necessario “umanizzare” il brand e renderlo più vicino agli utenti – secondo una ricerca condotta da Keller Fay Group, l’82% dei consumatori che ha ricevuto un consiglio di acquisto da un microinfluencer è propenso a comprare quel prodotto – è anche vero che per le dimensioni relativamente più ridotte dell’audience che muovono, il loro ruolo non è adatto a grandi operazioni di lancio e, sul piano delle opportunità di marketing, si contendono l’attenzione delle aziende con centinaia di colleghi “concorrenti”.

Da Youtuber a formatori

È a questo punto che si fa strada un nuovo modello di business, quello della formazione online. “Decine di Youtuber, forti di un know-how ben radicato, vogliono diventare coach per permettere ai propri follower di interagire con loro personalmente attraverso corsi di qualità, recuperando il rapporto umano che spesso manca nel mondo dell’e-learning e, allo stesso tempo, monetizzando una grande community appassionata a temi di nicchia, non abbastanza forti per le logiche di Youtube”.

Questa è una delle idee alla base di Docety – piattaforma di e-learning fondata proprio da Palmieri insieme al collega Mario Palladino e Michele Forlante. Il progetto, attualmente in crowdfunding su Mamacrowd, ha già più che quadruplicato l’obiettivo di raccolta iniziale e ora punta all’obiettivo di mezzo milione di euro entro la fine di giugno.

Il mercato della formazione online sta vivendo un rapido sviluppo: già nel 2016 ha raggiunto 46 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo del 17%. Un mondo a cui il settore dell’intrattenimento potrà dare una spinta in più, con un pubblico numeroso, già coinvolto e fidelizzato, che cerca nuovi modi per formarsi e migliorare il proprio know how. Dall’ecosistema degli influencer, del resto, arrivano competenze trasversali e sempre più orientate al digitale: elementi sempre più ricercati dalle aziende, dove la tech advocacy rappresenta un requisito chiave nelle candidature in ogni settore.

Arnaldo Pangia, con il suo canale Barbaroffa, tratta attualità e comunicazione e ha circa 70 mila follower su Youtube, tiene corsi di lingue straniere e tecniche di esposizione orale: “Nel primo mese di utilizzo ho tenuto 19h di corsi, tra lezioni private e webinar. Al mio pubblico serve un contatto diretto più immediato, che su YouTube è impossibile instaurare. La formazione online rappresenta per entrambi un’opportunità di crescita professionale ed economica, che permette di abbattere ostacoli logistici e costi. In tre mesi di Docety ho guadagnato quello che su Youtube guadagnerei in un anno.”

Il modello funziona e sono molti gli influencer che lo stanno provando: tenendo corsi a un costo orario medio di 20-30€, molti possono arrivare a guadagnare in una settimana quello che ottenevano con un mese di produzione video per il proprio canale. Una vetrina che in ogni caso non viene abbandonata, ma che genera un ritorno migliore, in molte aree di interesse. Su Youtube non c’è solo intrattenimento; sono in molti a proporre format divulgativi gratuiti e ad offrire, di fatto, un contenuto che può essere potenziato attraverso un corso faccia a faccia. Qualche esempio? Zoosparkle (Willy Guasti), tratta temi di zoologia, Grivitt (Vittorio Grimaldi) si occupa di mitologia, Luigi Pio D’Errico è un esperto di biotecnologie…e si potrebbe continuare per molto.

Attira “studenti” anche il filone del Gaming, un mercato che raggiungerà a livello globale € 1,6 miliardi nel 2021: su Docety gli aspiranti atleti di e-sports vogliono affinare la propria tecnica con i migliori e si contendono ore di formazione, tra i tanti, con Amos Laurito (per il racing) ed Edmondo Cerini (per Overwatch). C’è l’apprendimento continuo anche alla base di ambiti professionali più tecnici come il videomaking o la grafica: Boban Pesov, fumettista professionista offre lezioni private alla propria community da oltre 150 mila fan, la Slim Dogs capeggiata da Matteo Bruno, in arte Cane Secco, spiega come utilizzare software per il videomaking a più di 400 mila persone. La gamification rappresenta un ulteriore asso nella manica di questo nuovo modello di formazione: con un sistema di “premi” per gli utenti più tenaci, preso a prestito dal mondo dei videogame, si cerca di ridurre il tasso di abbandono delle piattaforme di insegnamento digitale, che in molti casi, secondo i test, arriva fino all’85-90%.

In futuro ci formeremo con gli influencer? Staremo a vedere. Certo è che questo nuovo connubio di apprendimento personalizzato e intrattenimento ha tutte le premesse per superare i classici ostacoli dell’e-learning e tenere gli studenti “incollati” agli schermi, ma soprattutto creare quello che sembra essere un vero e proprio nuovo modello nel mercato della formazione online.

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