Cultura

L’arte contemporanea di John Paul Fauves tra social media e icone pop

John Paul Fauves

Dal Costa Rica alle grandi capitali dell’arte. Questo è John Paul Fauves, 39 anni artista definito “espressionista neopop”. Con la sua arte Fauves esplora la società contemporanea e il concetto di identità in relazione alla cultura mainstream e ai social media.

Dopo aver trascorso 15 anni a studiare arte e ad affinare la tecnica pittorica John Paul è arrivato sulla scena artistica internazionale alcuni anni fa e vanta già svariate mostre come quelle di New York organizzata da TAX Collection & Guy Hepner e acclamata anche da Vogue e dall’edizione internazionale di Forbes, di Milano con Plan X Art Gallery, di Londra con Imitate Modern Gallery, di Los Angeles con JM Art Management e importanti partecipazioni a due dei principali eventi d’arte del panorama internazionale come Scope NYC e Art Palm Beach 2019 dove è stato uno degli artisti all’interno di The Art Plug Power House, il playground dedicato all’arte contemporanea creato da Marcel Katz.

John Paul Fauves nella sua arte mescola celebri icone come Topolino, James Dean, Minnie e Marilyn Monroe che vengono fuse tra loro creando una pittura nuova che invita lo spettatore a riflettere. Noi di forbes.it lo incontriamo per capire meglio il suo progetto artistico e cosa anima le sue creazioni.

    John Paul Fauves
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Quali sono stati i suoi primi passi nel mondo dell’arte?
Dipingo da sempre. Il primo ricordo è di quando avevo circa 4 anni: disegnai il mio asilo e un albero con delle grandi mele rosse. I miei genitori sistemarono quella che si può considerare la mia prima opera sulla porta del frigo. Più tardi, quando iniziai ad andare a scuola con l’autobus, feci amicizia con uno studente più grande, disegnatore di fumetti. Iniziai così a studiare la sua tecnica e presi anche un paio di lezioni. Da più grande, all’università, ho scelto un corso di laurea internazionale in arte. L’insegnante di My Art è stato estremamente influente per me. Il suo nome era Joaquin Rodriguez del Paso, uno straordinario artista latino. Joaquin mi ha insegnato a guardare le cose sotto una luce completamente nuova: mi ha incoraggiato a pensare molto più a fondo di prima e in modo più dettagliato. Con la sua guida e il suo supporto, ho sviluppato un nuovo livello di considerazione per la profondità e i dettagli, ho scoperto il potenziale della percezione. Il professore ha totalmente rivoluzionato la mia visione e il mio approccio sull’arte a tal punto da farmi capire che era arrivato il momento di iniziare a creare. A lui quindi devo molto, è stato una guida oltre che un essere umano eccezionale.

Alcune persone descrivono il suo lavoro come espressionismo neo-pop. È d’accordo?
Potrei anche essere d’accordo ma non sono sicuro a quale corrente artistica mi auto-iscriverei in questa fase della mia carriera, visto che la continua esplorazione creativa e la ricerca di ispirazione sono qualcosa di costante nella mia vita. Posso capire che ci siano paragoni, sicuramente, nell’uso dei colori forti, come nel fauvisme, ma ci sono anche elementi di influenza del surrealismo, dell’espressionismo, del futurismo, del cubismo, della pop art  e di graffiti e street art. Queste sono le tante influenze che ho, quindi, penso che non sia possibile, o almeno non ancora, etichettarmi.

Quale artista ha plasmato la sua carriera?
Come detto, oltre al mio insegnante Joaquin Rodriguez del Paso, gli artisti che mi hanno ispirato sono Richard Prince, Picasso, Modigliani, Matisse, Basquiat, Warhol, Condo e tanti altri. Accanto a loro, inoltre, sono influenzato da tante influenze positive: l’energia e l’amore che mi circondano continuano anche oggi plasmare la mia vita, la mia direzione e la mia carriera.

Cosa vuole trasmettere con la sua arte?
Mi piace dire che non faccio arte, materializzo emozioni. È imperativo per me permettere allo spettatore di arrivare alla visione del mondo che ho vissuto. Spero di essere in grado di trasmettere alcuni dei valori che ritengo fondamentali nella vita. Mi riferisco ai messaggi positivi sulla persona e sui problemi del mondo contemporaneo. Nella mia vita, quando ero più giovane, ho sperimentato un intero spettro di estremi e ho avuto alcune esperienze anche estremamente difficili. Ciò mi ha permesso di incontrare persone dalla grande umanità che vivono situazione complesse, come i senza tetto e coloro che vivono in estrema povertà. È stata un a grande esperienza che mi ha insegnato tanto e ho capito come ogni vita abbia il proprio viaggio e il proprio scopo; che, lungo questo viaggio, rende tutto ciò ancora più prezioso, potente ed emotivo. Questo voglio trasmettere.

Dipinge e distorce Topolino e Marilyn, icone immortali. Perché? Vede nuove icone immortali nel mondo di oggi?
L’iconografia ci circonda quotidianamente. Lo ha sempre fatto. Gli umani hanno comunicato con rappresentazioni visive di icone / simboli per migliaia e migliaia di anni e lo faranno per altre migliaia. Personalmente sono legato alle icone che uso perché mi portano un senso di comfort e un senso di nostalgia. Ricordi e simboli radicati. L’iconografia non è mai stata più rilevante di quanto è nella società di oggi.  Come artista, per me è una sfida assicurarmi di usare un simbolismo identificabile in modo che lo spettatore, indipendentemente da chi sia, provi un senso di nostalgia, un senso di riconoscimento e una abbia una connettività immediata del proprio io con ciò che vede. Con la distorsione di quei simboli invito lo spettatore a fare un esame più profondo di ciò che inizialmente ha considerato un’esperienza nostalgicamente confortante. In questo modo lo spettatore può guardare più in profondità e vedere il mondo reale come lo vedo io e, forse, identificarsi con il messaggio che cerco di esprimere. Le icone, i brand sono oggetti estetici immortali, sono nella cultura di tutti i giorni e totalmente riconoscibili, da una stella del cinema a un personaggio dei cartoni animati; dal logo di mall, a quello di un paio di calzature; dal proprio telefono cellulare alle app di social media. Tutto il simbolismo è un’iconografia. Questo è il motivo per cui li uso nella mia arte. Credo che il mio ruolo di artista sia quello di raggiungere e idealmente trovare una connessione con le persone che osservano la mia arte. Contemporaneamente, voglio però far sapere che c’è un potenziale in tutti noi e che  tutti possiamo essere icone immortali a modo nostro.

Il rapporto suo e dell’arte con i social media. Che pensiero ha in proposito?
I social media stanno ridefinendo e continueranno a ridefinire il mercato dell’arte. Di recente ho letto che nell’ultimo anno oltre l’80% di tutti gli acquirenti della Generazione Y ha cercato e acquistato opere d’arte online e tra questi quasi la metà degli acquirenti online utilizzano Instagram. I numeri – in crescita – mostrano che, quindi, il peso di coloro che accedono all’arte tramite il digitale è molto diverso rispetto a quello di coloro che accedono all’arte tramite la tradizionale galleria. Visto ciò, è ovvio che il mondo dell’arte dovrà reindirizzare il modo in cui opera e come interagisce con la propria comunità. Il nostro settore è radicalmente diverso da 10 anni fa. Da parte mia considero che i social media non sono solo fatti di millennial e voglio che la mia arte raggiunga tutti in egual misura, tutte le generazioni. L’inclusione e la diffusione a tutti è estremamente importante per me. Personalmente, credo nella funzione sociale dell’arte e che i social possono aiutare tale funzione.

Crede quindi ad un ruolo positivo dei social?
Le persone attraverso i social possono diventare completamente schiavi degli ideali sbagliati e di aspettative irraggiungibili. Penso che questo possa influenzare negativamente la loro salute per l’impossibilità di riuscire a raggiungere gli obiettivi fissati dagli influencer. Questo è il motivo per cui gli artisti e la comunità creativa devono riunirsi, proporre e trovare una soluzione tutti insieme per questo fenomeno fornendo una alternativa a questa tipologia di contenuti. Bisogna sfruttare il fatto che la community creativa ha modelli e valori molto diversi rispetto al mainstream. Il fatto che esista già uno spettro di persone che comprano e collezionano arte tramite Instagram significa anche che una percentuale di persone non formate professionalmente sta ora creando arte per se stessa. Il vecchio metodo degli artisti formati continuerà, ma crescerà anche la tendenza degli artisti auto-formati ispirati proprio dai social. Questi sono gli “artisti emergenti” di domani e se la mia arte ha qualche influenza nell’aiutare tale percorso e facilitare questo, è un risultato che mi dà un profondo senso di soddisfazione spirituale.

È giovane, quali sono i suoi obiettivi futuri?
Fino a oggi è stata una grande avventura. Mi sento incredibilmente beneficiato di avere scoperto da bambino di avere un’abilità e ora sono fortunato a poter creare arte come lavoro. Per il mio futuro, come obiettivo, voglio che la mia arte e il mio messaggio raggiungano tutti in egual misura; tutte le generazioni, non solo i millennial o la generazione Y. Voglio raggiungere persone di tutte le età e ispirare e instillare l’idea che tutti abbiano un potenziale inutilizzato.

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