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Italia, occhio a Moody’s: i Btp oscillano tra “spazzatura” e opportunità

La sede di Moody’s a New York (Shutterstock)

Dopo il declassamento da parte di Fitch, che ha portato il rating italiano a un gradino sopra l’area dei cosiddetti “junk bond”, e la conferma da parte di S&P’s, oggi l’Italia si prepara ad affrontare un’ennesima sfida: la valutazione (che arriverà come di consueto a mercati chiusi) sui titoli di Stato di altre due agenzie di rating: l’americana Moody’s e la canadese Dbrs.

Proprio il giudizio della prima sarà quello più rilevante, visto che un’eventuale suo declassamento, anche solo di un notch, trascinerebbe i Btp italiani dall’area “Investment Grade” a quella tanto temuta “Non Investment grade”, ossia titoli che nel gergo degli operatori di mercato vengono chiamati junk (spazzatura).

Ipotesi che, secondo Vincenzo Longo, premium client manager di IG Italia, “non dovrebbe realizzarsi, in quanto sarebbe troppo gravoso per il nostro Paese”. “Inoltre – evidenzia Longo – Moody’s potrebbe non tagliare il rating italiano anche a causa della mancata decisione di qualche settimana fa di S&P’s. È insolito, infatti, che ci sia una differenza di due notch tra le tre più importanti agenzie di rating in materia di titoli di debito sovrani”.

Di contro, “è più probabile – rivela Longo – che sia la Dbrs a tagliare il rating dell’Italia visto che al momento il giudizio dell’agenzia canadese è il più generoso di tutti: “BBB high (tre gradini sopra l’area “Non Investment Grade”). Proprio per questo, non escludo che potrebbe dar vita a un taglio di due notch”. 

Moody’s potrebbe tagliare il rating dell’Italia a settembre

Anche se le sensazioni sono positive, è ovvio che l’eventuale declassamento di Moody’s sul rating del nostro Paese potrebbe comportare dei risvolti negativi per l’Italia. “Anche se la Bce – dichiara Vincenzo Longo – può accettare i titoli cosiddetti junk, tuttavia non sarebbe un bel segnale per l’economia italiana. Potrebbero, infatti, realizzarsi dei declassamenti sui settori sottostanti, soprattutto quello bancario, che avrebbe difficoltà a collocare questi bond”.

Tuttavia – evidenzia Longo – “tenendo conto che gli effetti di questa crisi economica sul Pil italiano, sulle casse dello Stato, sul lavoro e sul debito si vedranno tra un paio di mesi, o forse anni (a livello di sostenibilità del debito), è più probabile che Moody’s riveda in prima battuta l’outlook italiano da stabile a negativo per poi realizzare il downgrade nella prossima riunione di settembre”. Anche perché – svela il client manager premium di IG Italia – se si dovesse realizzare un fondo europeo di condivisione del debito tra i vari paesi membri, l’Italia potrebbe essere fuori pericolo”.

Sarà molto interessante – sottolinea Vincenzo Longo – “capire cosa scriverà  Moody’s all’interno del suo report di oggi, ossia quali saranno i fattori determinanti che potrebbero portare l’agenzia a un taglio futuro, sempre se non dovesse avvenire già questa sera”.

I Btp italiani stanno diventando un’opportunità

Partendo dal presupposto che il downgrade sui titoli di Stato italiani potrebbe penalizzare soprattutto chi investe nel settore bancario, secondo Longo gli investitori più a rischio “dovrebbero essere gli operatori del mercato, ossia coloro che tradano i bond e non i risparmiatori che detengono in portafoglio i Btp italiani”.

Infatti, come evidenzia il manager di IG Italia, “alla scadenza il prezzo del Btp va sempre a 100 ed è, sempre che lo Stato non venga dichiarato insolvente, liquidato. Di conseguenza, se i cassettisti non si fanno prendere dal panico, non vendono e portano i Btp a scadenza, non dovrebbero risentirne”.

Inoltre, aggiunge Longo, c’è anche un ultimo aspetto da considerare: “i Btp ormai sono praticamente considerati un’opportunità. Infatti, in un contesto in cui i principali titoli decennali sovrani offrono un rendimento negativo, il 2% offerto da quelli italiani fa gola a tutti, soprattutto per le grandi istituzioni, i fund manager o le assicurazioni. Lo dimostra il fatto che, durante l’ultima asta del Tesoro, la richiesta di titoli decennali italiani si è attesta a circa 120 miliardi di euro”.

Infine, sulla sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul QE della Bce, il pensiero di Vincenzo Longo è chiaro: “A livello europeo è stato un messaggio di rottura. Credo che adesso la Bce – prima di realizzare determinate azioni economiche – ci penserà due volte, anche se nella pratica credo che non cambierà nulla”. 

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