Il 25 settembre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo spazio, Riccardo Fraccaro, e il numero uno della Nasa, Jim Bridenstine, hanno firmato la dichiarazione di intenti per la partecipazione italiana al programma Artemis, con cui, dal 2024, gli Stati Uniti promettono di portare donne e uomini sulla Luna. Non si tratta ancora degli Artemis Accords, che disciplinano in dettaglio commesse e contropartite economiche, ma che l’Italia sia il primo paese europeo ad aderire alla nuova corsa lunare ha implicazioni significative. Ne abbiamo parlato con Fraccaro. Le righe di seguito sono un’anticipazione all’intervista completa che troverete in edicola su Forbes, a fine ottobre.
Partiamo dalla ricaduta industriale della dichiarazione: come si tradurrà in concreto e con quali tempistiche?
Il programma Artemis rappresenta un’occasione storica per l’Italia a cui, come Governo, abbiamo lavorato molto, perché coinvolgerà l’intero ecosistema industriale nazionale e non solo la filiera dello spazio. Il contributo del nostro Paese è strategico: potremo fornire alla missione l’apporto tecnologico necessario alla costruzione dei sistemi di allunaggio e alla realizzazione degli ulteriori moduli abitabili di superficie. Il programma ha però l’ambizione di assicurare la permanenza autosufficiente agli astronauti e sviluppare le esperienze per esplorare altri pianeti. Quindi c’è la prospettiva di poter partecipare anche alla costruzione di un “mondo lunare”, che preveda, per esempio, la capacità di produrre ossigeno dal suolo (e abbiamo già centri di ricerca che ci stanno lavorando).
Quanto ai tempi?
Le agenzie spaziali definiranno i dettagli, ma è già in corso un’interlocuzione con le nostre aziende per partire al più presto ed esportare il valore del made in Italy anche oltre i confini terrestri.
In diretta, ha parlato con Bridenstine di new space economy: l’Italia ha una storia gloriosa nello spazio, ma quanto il suo assetto industriale è pronto alle nuove sfide del settore?
Le caratteristiche principali della new space economy sono lo sviluppo di nuovi servizi in un’ottica più commerciale e l’apertura ad ambiti industriali non prettamente legati allo spazio. Questo settore rappresenta il volano dello sviluppo economico e un motore di innovazione per il sistema-Paese. L’Italia può contare non solo sulla solidità e l’esperienza delle grandi industrie, ma anche sulla flessibilità e la capacità innovativa delle Pmi. Il nostro ecosistema non ha solo tutte le potenzialità, ha anche già iniziato il nuovo cammino. Certo, serve una guida politica ed è questo il compito del Comitato interministeriale: con lui, per la prima volta, l’Italia ha una Strategia spaziale nazionale frutto di una visione politica condivisa.
Siamo ancora un’eccellenza mondiale nel settore?
Siamo uno dei pochi Paesi con una filiera completa in ambito industriale (dalle infrastrutture ai software), il che ci rende la sesta potenza spaziale al mondo. Le nostre capacità nel campo ingegneristico, la creatività delle industrie e l’eccellenza dei ricercatori fanno dell’Italia uno dei leader nel settore. Abbiamo storiche competenze nella costruzione di satelliti, dei lanciatori e dei moduli pressurizzati e stiamo emergendo con forza in altri ambiti, come nelle applicazioni e nei servizi derivati. Oltre a consolidare i nostri punti di forza vogliamo valorizzare il ruolo dell’Italia nella new space economy, una delle più promettenti traiettorie di sviluppo dell’economia nei prossimi decenni.
Mettendo sul tavolo 2 miliardi e 288 milioni di euro, l’Italia ha raddoppiato il proprio contributo all’Agenzia spaziale europea. I risultati alla Ministeriale Esa sono stati considerati quasi all’unanimità un successo. Quasi: c’è chi ha lamentato una subordinazione ai ruoli di Francia e Germania, suggerendo che la Francia vorrebbe acquisire i nostri “gioielli”…
Per l’Italia, il Consiglio Ministeriale dell’Esa è stato un successo su tutti i fronti. Il nostro ruolo, con una sottoscrizione del budget salito al 16% di quello complessivo dell’Agenzia, ha un rilievo inedito: l’Italia è diventata più forte in Esa. La strategia di puntare sui settori strategici del comparto nazionale dello spazio si è rivelata vincente e infatti abbiamo raccolto sottoscrizioni importanti sui programmi a nostra guida, in particolare proprio dalla Francia. Come Paese siamo fieri di essere i principali sostenitori di un progetto come il lanciatore Vega, realizzato da Avio, che con Ariane è il solo capace di offrire all’Europa un accesso autonomo allo spazio. Continueremo a valorizzare e a proteggere le nostre eccellenze nel settore, che rappresenta il volano per lo sviluppo, l’innovazione e la competitività nazionali.
Torniamo alla collaborazione con gli Stati Uniti: mentre scriviamo, l’esito delle elezioni è incerto, ma quali conseguenze avranno la riconferma di Donald Trump, oppure la vittoria di Joe Biden sui nostri programmi spaziali?
La firma di questa intesa rappresenta un rafforzamento dei rapporti bilaterali con gli Stati Uniti, che risalgono al lancio del nostro primo satellite, nel 1964, e si sono poi sviluppati in particolare con l’accordo per la realizzazione dei Moduli logistici pressurizzati per la Stazione Spaziale Internazionale. Credo fortemente che chiunque si troverà a governare gli Stati Uniti non potrà sottovalutare la valenza del programma Artemis e, in generale, la partnership strategica con l’Italia.
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