Under 30

La curatrice d’arte palermitana tra gli under 30 più influenti d’Europa

Si è divisa tra Londra e Glasgow Giulia Colletti, curatrice indipendente di soli 27 anni che Forbes ha inserito nella sua 30 Under 30 – Europe – Art & Culture.

Laureata in Storia dell’Arte a Venezia, ha lavorato per istituzioni come La Biennale di Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia e CCA: Centre for Contemporary Arts Glasgow. Nel 2015, come assistente curatoriale di Barnabás Bencsik, direttore del Ludwig Múzeum Budapest, ha preso parte alla realizzazione della prima edizione di OFF-Biennale.

Colletti è inoltre responsabile dei programmi pubblici e della sfera digitale del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, dove attualmente coordina il luogo virtuale Digital Cosmos. Recentemente è stata nominata membro del Consiglio curatoriale della XIX Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo.

Qual è il tuo primo ricordo legato all’arte?

Ancora ricordo la mia prima visita all’Ara Pacis Augustae: quello degli antichi romani era un mondo a colori, e i pigmenti adoperati – dal blu alessandrino alla lacca di garanza – ne palesavano il dominio. Si deve a Johann Joachim Winckelmann (17171768) l’istituzione di un canone estetico che evira queste evidenti stratificazioni imperialistiche. Il colore bianco delle statue marmoree dell’antichità occidentale è un anacronismo problematico poiché – come in tante altre occasioni – supportato da stereotipi culturali e costumi sociali discordanti dal quadro storico.

Cosa fa di preciso un curatore?

Fortunatamente non esiste una risposta univoca. Forse quello che facciamo è correre il rischio di suggerire prospettive inaspettate sulle cose. Le opere d’arte favoriscono il riconoscimento di qualsiasi incertezza legata alla conoscenza e producono campi di forza che attivano di volta in volta diverse polarità. Avvicinarsi a un’opera d’arte porta a dolorose epifanie, in quanto l’arte si pone come antitesi della società. A torto o a ragione, collochiamo, (ri)contestualizziamo e narriamo le opere d’arte e questo porta inevitabilmente alla loro relativizzazione. Il fascino delle storie che raccontiamo consiste nel palesarne la natura contraddittoria.

Cosa rappresenta l’arte per te?

La identifico con quella sensazione di essere mossi nelle viscere. L’arte smentisce ogni tentativo di canonica sistematizzazione. Direi che è espressione dei nostri stimoli sensoriali più profondi. 

Torni spesso a Palermo? Ti è pesato lasciare la Sicilia?

Queste domande me ne riportano alla mente un’altra, che si è posta la scrittice Taiye Selasi: in che modo i luoghi che chiamiamo “casa” influenzano la nostra identità? Palermo è la città in cui ho vissuto per più della metà della mia vita, finora. Tuttavia, non è – e non è stato – l’unico luogo in cui mi sia sentita a casa. Ciò che fa di Palermo la mia casa non è il risiedervi o l’accento, ma l’intensità e la complessità delle esperienze che quel luogo continua a offrirmi. Finché sarà così, potrò dire che non “torno” e non “lascio”. 

Di cosa ti occupi oggi?

Al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, co-curo insieme al direttore Carolyn Christov-Bakargiev il Cosmo Digitale, sede virtuale del Museo inaugurata nel febbraio 2020. Questo progetto pone al centro la contemplazione dell’opera d’arte senza l’obbligo di interazione del pubblico. L’aspetto discorsivo è legato agli approfondimenti sulle collezioni, ai podcast e attività tenute da filosofi, registe, scrittori, e dai programmi di ricerca quali Digital Ptsd. La pratica artistica e il suo impatto sul trauma digitale. La sede online diventa pertanto luogo di collaborazione con artisti e professionisti dell’arte. Contestualmente, sono attualmente membro del comitato scientifico di Mediterranea 19, Biennale dei Giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo, ospitata dallo Stato di San Marino dal 15 maggio al 31 ottobre 2021. Un’opportunità di scambio e crescita intrapresa con un gruppo di altri otto eccellenti curatori.

Pensi che di recente i giovani abbiano riscoperto l’interesse per l’arte? 

Se intendiamo il mondo dell’arte in termini di mercato, più che di avvicinamento forse si tratta di un adattamento forzato ai modelli di investimento contemporanei. Viviamo un clima di precarietà e alienazione. In questo senso, è quasi la norma che un venticinquenne abbia un’app di trading sul proprio telefono. Perché non azzardare?

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