Oggi si spalancano le porte del Padiglione Italia, laddove pulsa il cuore tricolore di Expo 2020 Dubai. Prende il via la prima esposizione universale in un paese arabo (finale il 31 marzo), che, tradotto in numeri, vuol dire 25 milioni di visitatori previsti, 192 fra paesi e organizzazioni partecipanti, un’infilata di padiglioni nei 4,3 chilometri quadrati di superficie. L’esposizione si annuncia storica per giro d’affari, in uno dei mercati tra i più veloci e reattivi al mondo, con grande disponibilità finanziaria.
“Essere qui ora, coinvolti nel più grande evento internazionale della storia recente, dopo la pandemia che ha modificato assetti e relazioni esistenti da anni, significa poter cogliere nuove opportunità e guadagnare spazi che sono rimasti vuoti proprio in seguito al Covid”, spiega Andrea Raimondi, che negli Emirati opera per conto della famiglia reale Al Maktum e supporterà il Consiglio nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili italiani nell’organizzazione della missione in Expo che si terrà a inizio dicembre 2021.
Il Padiglione Italia
Il nostro Paese si racconta nel e con il Padiglione Italia, che a un soffio dall’apertura già si è aggiudicato una medaglia al valore: è stato premiato come migliore progetto imprenditoriale dell’anno negli Emirati. Il merito va ai padri costruttori e ideatori, Cra-Carlo Ratti associati e Italo Rota, con Matteo Gatto & associati e F&M ingegneria. La struttura è piaciuta al punto che dovrebbe rimanere per altri sei anni. E di fatto, reclama Sandro Favero, fondatore di F&M ingegneria, capo progettazione strutture del Padiglione Italia, “è un peccato che i padiglioni delle esposizioni siano smantellati. Dovrebbero essere permanenti. Questo è il punto chiave della sostenibilità, un suggerimento che sento di dare in previsione della candidatura di Roma per l’Expo 2030”.
Favero è alla sua terza Expo, dopo quelle di Shanghai e Milano, e ammette che, di esposizione in esposizione, di quinquennio in quinquennio, le sfide ingegneristiche aumentano. Per il padiglione di Dubai 2020 la sfida “è stata rendere realizzabili i volumi e gli spazi gotici, lo slancio verso l’alto e la struttura a navate”, prosegue Federico Zaggia di F&M. Che ci racconta qualche aneddoto legato alla costruzione del padiglione, dalla posa della prima pietra nel novembre 2019. Fra i momenti topici, “il montaggio della passerella pedonale al piano rialzato, un pezzo d’acciaio di 30 metri. Ma anche la posa, nella primavera di quest’anno, dei tre scafi tricolore”: il tetto sorretto da tubi “che agiscono in forma catenaria, secondo il principio di Gaudì per la Sagrada Familia: le strutture assumono la forma data dal proprio peso”, aggiunge Favero.
Il David, Paganini e il caffè sostenibile
Questo nostro padiglione intriga per i contenuti. Si va da una copia del David di Michelangelo, realizzata partendo dal gemello digitale, alla riproduzione di muri a secco e a un sistema di giardini che ricordano quanto sia determinante, come dice Italo Rota, “non tanto convivere, quanto ibridarsi con la natura “. Ma su tutto, a stupire è la struttura, i giochi di volumi e forme: un azzardo tradotto in realtà grazie alle italiche competenze. Zaggia non ha dubbi: “Carlo Ratti è anche ingegnere, oltre che architetto, e per questo ha condiviso subito la tecnica di progettazione”.
Il padiglione è un prodigio ingegneristico, quindi vetrina dell’italianità e luogo d’incontro per i prossimi sei mesi. Italianità vuol dire musica: scorrono i Capricci di Paganini, le Sonate di Scarlatti, il girare in tondo di Einaudi, domina un pianoforte avveniristico firmato Fazioli. Il percorso espositivo si chiude con un’area dove simulare la direzione di un’orchestra. In mattinata c’è la famiglia Bocelli (assente però la star Andrea, che ieri sera ha cantato alla cerimonia pre-inaugurale) e Matteo che impugna la bacchetta.
E italianità vuol dire anche innovazione tecnologica, raccontata dalla Smart tower “Venezia” di Tim, dalla cascata di liane di plastica riciclata, dalla coltura microalgale alimentata da un fotobioreattore che testimonia la ricerca di nuove fonti di energia rinnovabile. Svetta l’orologio atomico della Leonardo, a ricordarci l’eccellenza nel campo dello Spazio: questo orologio assicura l’assoluta precisione nella navigazione satellitare. I percorsi sospesi e i camminamenti sono rivestiti con vernici e resine Mapei che – fra l’altro – ha impiegato bucce d’arancia e fondi di caffè. In tema di caffè, l’ingresso è contrassegnato da un’area Lavazza: spingi lo sguardo all’insù e spunta la Solar Moka progettata da Carlo Ratti e pensata per assicurare un processo di preparazione senza emissioni di CO2, per un caffè sostenibile.
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