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La storia di Genenta, la prima biotech italiana quotata al Nasdaq che sta testando una terapia contro il cancro

Dal San Raffaele di Milano al Nasdaq, con l’obiettivo di raccogliere i capitali per portare a termine le sperimentazioni di una terapia genica per curare il glioblastoma, un particolare tipo di tumore cerebrale. E da lì, puntare in seguito ad applicarla su altri tipi di cancro. Questo è il percorso tra passato e futuro di Genenta Science, spin off dell’istituto lombardo che si è quotata sul mercato tecnologico statunitense dove trovano posto tutte le più grandi biotech del pianeta. 

“Siamo riusciti a conquistare la closing bell ceremony, cioè la possibilità di essere presenti alle 16 locali per suonare la campanella che chiude la sessione di contrattazioni del Nasdaq”, racconta a Forbes Pierluigi Paracchi, ceo di Genenta. “Siamo arrivati in una trentina dall’Italia e per noi è stato il nostro premio Nobel. Abbiamo avuto un’ora di passaggi video sull’iconica Tower del Nasdaq a Time Square, con la gente che ci fotografava come se fossimo i nuovi Elon Musk o Mark Zuckerberg. Per me, che arrivo dagli studi di economia e finanza, è stata la rappresentazione di un sogno”.  

L’incontro con lo scienziato Luigi Naldini

La storia di Genenta ha inizio ormai diversi anni fa, nel 2014, quanto Paracchi ha fatto la conoscenza di Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica e scienziato affermato che aveva fatto alcune importanti scoperte nel campo delle terapie geniche per la cura di malattie rare. “Lui voleva avviare trial clinici per utilizzare la terapia genica e cellulare nei trattamenti oncologici. Io ero un venture capitalist, venivo da una prima exit molto importante e il progetto mi sembrò interessante. Al punto da abbandonare il dark side della finanza per impegnarmi in prima persona nel suo sviluppo”.

Paracchi diventa quindi un socio fondatore di Genenta insieme a Naldini e allo scienziato tedesco Bernhard Gentner, ematologo e ricercatore di spicco del San Raffaele. Da lì inizia un’intensa attività di raccolta capitali per sostenere i costi della ricerca. “Nel 2015, grazie a Mediobanca, abbiamo fatto il primo round di finanziamento da 10 milioni di euro. Da lì, ogni due anni, abbiamo fatto un nuovo round. Negli anni ci hanno sostenuti tante importanti famiglie dell’imprenditoria italiana. Cito per esempio la famiglia Rovati, fondatrice di Rottapharm. Ma anche Ferragamo, Miroglio, Fumagalli, Ferrari, Bormioli e top manager o imprenditori come Giuseppe Vita e Matteo Marzotto”.   

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L’IPO ha portato nelle casse della società oltre 36 milioni di dollari

Da ormai due anni la terapia di Genenta è in fase clinica, ovvero di sperimentazione su pazienti. Sta venendo testata in Italia su pazienti affetti da glioblastoma che afferiscono dal Policlinico Gemelli di Roma, l’Istituto Besta e il San Raffaele a Milano e in altri ospedali lombardi. “A livello preclinico abbiamo avuto dati incoraggianti per l’utilizzo di questa terapia su tutta una serie di tumori: oltre a quello al cervello, anche per quello a seno, fegato e vari tumori metastatici. Questi risultati, pubblicati su riviste scientifiche di primo livello, fanno sì che la nostra terapia abbia un potenziale straordinario. Per ora siamo partiti con la sperimentazione su un primo tumore, ma i risultati che otterremo serviranno a validare la tecnologia per poi sperimentarla su altri tipi di cancro. Cosa che nei nostri obiettivi avverrà da qui a qualche anno”. 

La scelta dell’IPO è stata presa nell’ottica di attirare gli investimenti internazionali e alimentare lo sviluppo e di arrivare – qualora i test clinici evidenziassero i risultati auspicati – all’autorizzazione per la messa in commercio del farmaco. Lo sbarco al Nasdaq, avvenuto a dicembre 2021, ha permesso di raccogliere capitali per oltre 36 milioni di dollari.

“Tra Europa e Stati Uniti c’è in mezzo l’Atlantico sotto tutti i punti di vista”, prosegue Paracchi. “Noi abbiamo scelto di andare lì perché è il punto di riferimento dei capitali per quanto riguarda il settore tecnologico. Entriamo in un mercato competente e competitivo, dove noi siamo l’unica biotech italiana ma ce ne sono altre seicento quotate. Siamo contenti che il nostro lavoro sia riuscito ad attirare un tale interesse negli investitori americani”. 

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L’appoggio di ClubDeal e gli obiettivi futuri

Genenta ha usufruito dell’appoggio di ClubDealFiduciaria e dell’acceleratore iStarter, che insieme alla piattaforma di equity crowdfunding ClubDealOnline compongono l’universo ClubDeal, società specializzata in investimenti in startup e Pmi innovative. “Nel processo di quotazione al Nasdaq, ClubDealFiduciaria ha ricoperto un ruolo di advisor per me e il management. Il loro contributo è stato un elemento del nostro successo”. 

Conquistata la ribalta americana, ora Genenta si è già posta alcuni obiettivi da raggiungere per il futuro. “Il nostro obiettivo è validare la nostra tecnologia in una fase due (che è focalizzata ad appurare la capacità di produrre sull’organismo umano gli effetti curativi desiderati, ndr), per poi trovare l’alleanza con qualche colosso farmaceutico e proseguire con la fase tre (la sperimentazione su larga scala per definire il rapporto tra rischio e beneficio, ndr) così come avviene per la gran parte delle società biotech”. 

 

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