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Grandi dimissioni: milioni di americani si sono già pentiti di aver lasciato il vecchio lavoro

Lasciare il lavoro per trovarne uno migliore. È questa la principale causa del fenomeno delle “grandi dimissioni”, che ha riguardo milioni di americani in particolare dopo lo stress e le difficoltà vissute negli anni della pandemia. Ma che succede se la nuova strada non è migliore di quella vecchia?

Sono milioni gli statunitensi che hanno rinunciato alla loro occupazione tra il 2021 e il 2022. Solo pochi mesi dopo molti di loro stanno iniziando a guardarsi indietro e a considerare se sia stata la mossa giusta. Secondo il sondaggio sulla situazione del mercato del lavoro diffuso da Joblist e realizzato negli ultimi tre mesi su un campione di 15.000 persone in cerca di occupazione , un lavoratore su quattro (26%) che ha lasciato il posto di lavoro afferma di essere dispiaciuto della decisione.

Gli operatori del settore alberghiero (31%) sono i più propensi a pentirsi di aver smesso, mentre gli operatori sanitari (14%) quelli più convinti della decisione, probabilmente a causa del burnout causato dalla pandemia che ha messo a dura prova il loro benessere psicofisico.

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Le cause delle dimissioni di massa

Perché questo pentimento? Il motivo scelto più frequentemente dagli intervistati di Joblist (40%) è che si sono licenziati senza avere una soluzione professionale su cui ripiegare e hanno trovato più difficoltà del previsto nel trovare una nuova occupazione. Si tratta di un fatto sorprendente dato le posizioni lavorative aperte negli Stati Uniti sono vicine ai livelli record.

Altri riferiscono che la ragione del loro rammarico è dovuta alla nostalgia dei vecchi colleghi (22%), altri che il nuovo lavoro non è quello che speravano (17%) o che il vecchio lavoro era migliore di quanto pensassero (16%). Qualcuno infine semplicemente non si trova bene nella nuova azienda (9%).

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Un fenomeno destinato a durare?

Negli Stati Uniti, infatti, il problema delle dimissioni di massa sta mettendo in grave difficoltà gli imprenditori. Secondo McKinsey, tra aprile e settembre 2021, 19 milioni di americani si sono dimessi, mentre sono stati 4,5 milioni nel solo mese di novembre, un record storico.

Ma, contrariamente a quanto si pensava nei mesi scorsi, il fenomeno delle “grandi dimissioni” non si è esaurito nel 2021. I livelli di “abbandono” del posto di lavoro, secondo quanto riporta il report di Joblist, sono rimasti su livelli storici anche nella prima metà del 2022.

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Le contromosse dei datori di lavoro

Imprenditori e aziende hanno deciso quindi di rispondere a queste dimissioni di massa seguendo due strategie: ricontattando chi se n’è andato, magari pentendosene, e costituendo una nuova figura professionale le cui mansioni sono di ascoltare e supportare i lavoratori per creare un ambiente confortevole, riducendo la trottola ormai impazzita del turnover.

Dato che sembra comune avere rimpianti dopo essersi dimessi, i datori di lavoro  decidono di contattare gli ex dipendenti per convincerli a tornare. Nel sondaggio realizzato da joblist, il 23% degli intervistati ha riferito che il precedente datore di lavoro li ha contattati chiedendogli di ripensarci dopo aver lasciato. Tra i settori con più richieste dai vecchi datori di lavoro ci sono l’istruzione (33%) e lavoratori al dettaglio (30%).

Gli intervistati si sono divisi quando è stato chiesto loro se tornerebbero al vecchio lavoro. La maggioranza (59%) ha detto “no”, il 17% ha detto “sì” e il 24% era indeciso. Gli operatori sanitari e dell’istruzione (67%) sono stati i più propensi a non mostrare alcun interesse a tornare alle loro vecchie occupazioni.

Qualche azienda ha deciso di intervenire alla radice, evitando questa fuga di massa. È il caso di McEntire Produce – azienda del settore alimentare con 600 dipendenti e 170 milioni di dollari di fatturato – che ha assunto un manager che ha il compito di persuadere i dipendenti a non licenziarsi.

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