Articolo tratto dal numero di giugno 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
Il mio futuro è nel venture capital: voglio investire nelle persone che rivoluzioneranno il mondo”. È quello che Giulio Piccione ha pensato quando si è trovato per la prima volta davanti una sessione di presentazione di startup. D’altronde la passione per tecnologia e l’innovazione l’aveva sempre avuta e, dopo una laurea triennale in Economia e una magistrale in Management conseguita con lode all’università La Sapienza di Roma, ha lasciato da parte la possibilità di entrare in una grande azienda per lavorare con le startup.
“Sono entrato in LVenture Group, early stage venture capital tra i più attivi in Europa, a inizio 2018, ricoprendo dapprima il ruolo di pmo”, racconta. “Il mio secondo ruolo è stato quello di program manager in Zero, l’acceleratore cleantech della Rete nazionale acceleratori di Cdp, gestito da LVenture Group ed Elis con partner di grandissimo livello, come Eni, Acea, Maire Tecnimont, Microsoft e Vodafone”. Ora ricopre il ruolo di program manager nella Business innovation factory, l’acceleratore in ambito aerospazio, difesa e sicurezza, lanciato da Leonardo con LVenture Group, e quello di innovation & corporate venturing consultant con responsabilità sul business development delle startup del portfolio di LVenture Group.
“Il mio lavoro parte dallo scouting, analisi, valutazione e selezione delle startup”, spiega. “Questa è la fase più delicata, in quanto ogni errore di valutazione vuol dire far perdere soldi all’azienda e agli investitori e negare un investimento a qualche startup più promettente”. Successivamente si passa alla fase di accelerazione, durante la quale Piccione svolge il ruolo di mentor su business, project management, pianificazione strategica e pianificazione finanziaria, aiutando gli startupper a costruire pitch efficaci per massimizzare le possibilità di fundraising. “Infine, mi occupo del business development delle startup del portfolio. Mettere in contatto le startup con le aziende è fondamentale per un duplice motivo: da un lato le startup possono trovare ottimi clienti, dall’altro ampliare le possibilità di essere acquisite”, dice.
Nel corso della sua carriera ha valutato circa 1.500 startup: un’esperienza che gli ha permesso di conoscere appieno lo scenario italiano e di comprendere le ragioni del successo o del fallimento degli startupper del nostro Paese. Secondo la sua visione, uno dei segreti consiste nella composizione del team con persone competenti nel settore di riferimento e soprattutto a tempo pieno sulla startup. “Il team è il valore più grande della startup ed è la prima cosa su cui un investitore mette i soldi, quella più delicata. Deve essere preparato inoltre un buon investor deck ed è necessaria una validazione del mercato per dimostrare all’investitore che il prodotto o il servizio risolve effettivamente un problema o un bisogno. Infine, va creata una pipeline di investitori da contattare e mail da inviare a ciascuno, sempre personalizzate”.
Dal punto di vista degli investimenti, va evidenziato come l’Italia sia ancora troppo ancorata al famoso mattone, mentre dovrebbe essere più propensa a investire in settori emergenti come l’energia rinnovabile, l’intelligenza artificiale o la blockchain. “Questi comparti sono molto sviluppati in altri paesi. Se vogliamo rimanere al passo con i nostri vicini, dobbiamo adeguarci al cambiamento”, spiega. Continuare a lavorare nel settore, magari con un’esperienza all’estero per estendere il network e ampliare le competenze, è l’obiettivo di Piccione, che nel frattempo vuole continuare a coltivare la sua più grande passione: viaggiare. “Cerco le località più remote e autentiche, per vivere al massimo la cultura locale e godere delle meraviglie del posto. Il tipo di viaggio che preferisco è quello che ti lascia stanco fisicamente, ma pieno di energie a livello mentale”, conclude.
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