Articolo tratto dall’allegato Small Giants di Forbes Italia di giugno 2022. Abbonati!
Il mercato italiano, come ha scritto il sociologo Giuseppe De Rita, anche nelle peggiori crisi si avvale sempre di un rizoma nascosto. Una radice profonda che continua ad alimentare la creatività e l’intraprendenza delle nostre imprese. Aziende spesso familiari, che si basano sulle persone, che molte volte sono padronali ma sempre dotate di antenne utili per captare il futuro. È stato detto in tutte le salse: siamo il paese delle Pmi. Ma attenzione ai numeri. La prima cosa che fa notare Augusto D’Antinone di Cisco Italia è che all’interno del vasto panorama delle piccole e medie imprese, dei 6 milioni di partite Iva “solo 250/300.000 sono attive nella crescita digitale, possono permettersi un minimo di investimento e hanno capito l’essenzialità di questa rivoluzione”. Da un certo punto di vista, il dato potrebbe essere anche incoraggiante. Significa che il mercato italiano ha ancora ampi spazi di crescita, rispetto a paese dai mercati più “maturi” come Germania e Gran Bretagna.
“Oggi o si è digitali, oppure non si è” dice convinto D’Antinone. “E la pandemia è stata sicuramente un acceleratore delle esperienze italiane su vari fronti, sui quali noi di Cisco siamo impegnati da sempre. L’hybrid working ci ha portato una presa di coscienza molto solida, nello spazio di 24 mesi abbiamo fatto un salto che in Italia non si riscontrava da un decennio”.
Proviamo ad elencare quali sono le discipline, le best pratice che vi impegnano di più nel rapporto quotidiano con i clienti.
“Il digitale a 360 gradi: dal CRM, il customer relationship management, che rappresenta la vera linfa delle attività digitali, all’e-commerce, sul quale Cisco ha una solida esperienza da condividere con i suoi clienti, la collaboration, e poi la fondamentale sicurezza dei dati che – come dicono le ricerche in questi ultimi anni – è diventata un tema primario.
Le ragioni sono evidenti: con il diffondersi capillare dello smartworking, che riguarda milioni di persone, chi si mette davanti ad un computer dalla sua abitazione non può godere degli stessi, potenti sistemi di sicurezza e firewall che si trovano nell’ambiente aziendale. E, come raccontano le cronache, gli attacchi informatici si sono moltiplicati in questi ultimi mesi toccando, purtroppo, dei record in senso negativo. Cisco affronta il problema della sicurezza con un approccio by design. Penso al nostro servizio Umbrella che protegge il traffico generato dal lavoro online con estrema sicurezza. Ricordiamoci sempre che è l’uomo che commette l’errore che apre le porte agli attacchi informatici. Per distrazione oppure eccesso di fiducia.
Raccomandiamo di insistere quotidianamente sull’educare le persone. Sistemi molto in voga nel settore delle banche e dell’open finance come il Multi-Factor Authentication ci offrono buoni livelli di sicurezza”.
La necessità di spostare in cloud le attività ha fatto combaciare l’IT con il business stesso, nel tentativo di colmare un nostro ritardo strutturale che nessuno può negare.
“Le imprese, anche grazie ad un ricambio generazionale fatto da imprenditori di seconda e terza generazione e, ovviamente, da manager capaci, stanno colmando questo gap. I settori con cui stiamo lavorando meglio al momento vanno dal manifatturiero ai macchinari connessi, passando per il settore della ristorazione e alberghiero, che con la pandemia hanno dovuto modificare il loro modello per accontentare gli utenti, rinunciando alla presenza fisica costante. Altri comparti in piena fase di sviluppo sono gli studi professionali, che per mantenere un contatto qualitativo costante con la clientela hanno evoluto i loro servizi grazie al cloud computing”.
Le piccole e medie imprese, con margini di guadagno molto limitati, potrebbero avere delle difficoltà ad abbracciare i servizi digitali a 360° a causa dei loro costi?
“Oggi non è più da considerarsi un problema. La scalabilità e la conseguente riduzione dei costi di accesso ha reso democratica la tecnologia. Con investimenti davvero contenuti si possono rendere efficienti le procedure. Inoltre, sono disponibili nuovi modelli di consumo per accedere a questi servizi anche on demand, con una forma di abbonamento flessibile e con finanziamenti a tasso zero. Facilità di accesso e costi mimini per soluzioni video come il nostro Webex, oppure formule semplificate di Telepresenza che permettono di tagliare i costi di viaggio per i manager e, oltretutto, abbassare l’impatto ambientale del lavoro, sono molto funzionali alle Pmi. Quando abbiamo capito che il risultato di un meeting si può ottenere egregiamente senza muoversi nello spazio, è decaduta la necessità dell’incontro fisico. La delocalizzazione è una grande opportunità offerta dal digitale ed è stata spinta proprio dal lockdown”.
Come state affrontando l’occasione del Pnrr?
“Cisco ha un team di lavoro dedicato che affianca i clienti in tutto il percorso per accedere a questa opportunità. E devo dire che la risposta delle aziende italiane è stata al di sopra delle aspettative. Questi fondi in alcuni casi hanno fatto cambiare prospettiva a delle Pmi, che non avevano mai valutato, ad esempio, la crescita della vendita online con dei siti di e-commerce”.
Da un osservatorio privilegiato come Cisco, che interfaccia migliaia di aziende, cosa possiamo fare per non rendere episodica questa accelerazione verso il digitale quando le “regole” della pandemia saranno più lontane dalla nostra vita lavorativa?
“Due parole magiche: evangelizzazione ed educazione al digitale. Se riusciamo tutti insieme a far nostro il potenziale del momento che stiamo vivendo, i risultati importanti non tarderanno ad arrivare. Un’azienda come la nostra con 70.000 addetti, che investe 6 miliardi di dollari per ricerca e sviluppo e che possiede oltre 23.000 brevetti, può fare molto per una società più digitale. Resta essenziale il lavoro con le startup innovative con cui Cisco collabora per portarle a livello di unicorni oppure a vere e proprie imprese, quando hanno prodotti e servizi scalabili. Siamo molto orgogliosi, inoltre, del percorso con cui inseriamo al lavoro i nuovi professionisti con un anno di formazione per migliorare le soft skills, essenziali per la loro carriera professionale.
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