Vriko Yu ha fondato una startup sfruttando i suoi studi di dottorato in scienze biologiche. Ora è l’amministratore delegato di Archireef, una società nel campo del climate tech che lavora per restaurare i fragili ecosistemi marini utilizzando la tecnologia di stampa 3D e la cara vecchia terracotta.
Le barriere coralline, delicate zone di insediamento della vita sottomarina, impiegano anni per formarsi completamente. Ecco perché Vriko Yu si è profondamente allarmata quando, nel 2014, ha visto morire in soli due mesi un gruppo di barriere coralline a Hong Kong. “È stato scioccante”, racconta Yu, 30 anni, dottoranda in scienze biologiche all’Università di Hong Kong. “Ho sempre saputo dei cambiamenti climatici, ma non sapevo che stessero avvenendo a un ritmo tale da poter assistere [alla morte delle barriere coralline] in un periodo di tempo così breve”.
Lavorando insieme a David Baker, professore di biologia marina, e ad altri ricercatori dell’Università di Hong Kong, ha sperimentato diversi strumenti per restaurare il fragile ecosistema marino, come piantare frammenti di corallo su griglie metalliche e blocchi di cemento. Tuttavia, costoro hanno scoperto che i coralli più piccoli spesso si staccavano e morivano.
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Vriko Yu, la biologa marina che restaura le barriere coralline con la stampa 3D
Man mano che la frustrazione cresceva, il team ha infine trovato una soluzione: piastrelle di terracotta realizzate con stampanti 3D con disegni accuratamente realizzati che includono pieghe e fessure, consentendo ai frammenti di corallo di rimanere attaccati al fondale marino in modo da poter sopravvivere e svilupparsi. Yu dichiara che i coralli seminati sulle piastrelle di terracotta sono riusciti a raggiungere un tasso di sopravvivenza del 98%.
Potendo disporre dei prototipi e spinti dal bisogno urgente di finanziamenti per espandere la loro attività, Yu e Baker hanno deciso di scindere una startup dall’Università di Hong Kong. Nel 2020 la coppia ha quindi co-fondato Archireef quale fornitore di soluzioni per il clima. Con Yu in veste di amministratore delegato della startup, Archireef, che l’anno scorso è entrata nella lista Forbes Asia 100 to Watch, sta lavorando per ricostruire gli ecosistemi marini danneggiati dai cambiamenti climatici e raggiungere l’azzeramento delle emissioni di carbonio.
“Quando si tratta di tecnologia per il clima, la maggior parte delle persone si concentra sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica”, afferma Yu in un’intervista rilasciata dall’ufficio di Archireef nell’Hong Kong Science Park. “Tuttavia, vorrei anche sottolineare che se da una parte affrontare la causa alla radice è fondamentale ed essenziale, è anche altrettanto importante poter fare un restauro attivo, poiché il risanamento naturale da solo è molto lento e non riuscirà a stare al passo con i cambiamenti climatici”.
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La fragilità (e la fortuna) delle barriere coralline
Le barriere coralline coprono solo lo 0,2% del fondale marino, ma forniscono benefici enormi all’ambiente. Circa un quarto dei pesci dell’oceano dipende dalle barriere coralline per il cibo e il riparo ad un certo punto del proprio ciclo vitale, contribuendo a fornire una fonte di cibo e di sostentamento per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Si stima che le barriere coralline generino 2.700 miliardi di dollari all’anno in beni e servizi, compresi 36 miliardi di dollari in attività turistiche.
Tuttavia, le barriere coralline sono estremamente sensibili al riscaldamento delle acque. I coralli possono perdere le alghe che forniscono loro il cibo quando le temperature del mare sono eccessivamente elevate, un processo noto come sbiancamento poiché sono le alghe a conferire loro i colori brillanti.
Secondo un rapporto pubblicato lo scorso anno dal Global Coral Reef Monitoring Network, tra il 2009 e il 2018 il nostro pianeta ha già perso il 14% delle sue barriere coralline. Un altro rapporto pubblicato nel 2018 dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, l’autorità scientifica mondiale sui cambiamenti climatici, evidenzia che “praticamente tutte” (oltre il 99%) le barriere coralline del mondo andrebbero perdute se le temperature aumentassero di 2 gradi Celsius.
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Archireef, come funziona la startup del climate tech
Archireef opera secondo un modello in abbonamento, in cui i clienti corporate e le agenzie governative pagano quote regolari per coprire i costi di manutenzione e monitoraggio dei suoi progetti di restauro dei coralli per almeno tre anni. In cambio, Archireef fornisce loro un report sull’impatto ecologico del loro investimento, che possono utilizzare per i loro rapporti esg e per i loro materiali di marketing.
Yu dichiara che Archireef è già in attivo e che tra i suoi clienti figurano società di Hong Kong, come la catena di gioielleria Chow Sang Sang e la società immobiliare Sino Group, gestita dal miliardario di Singapore Robert Ng.
“Siamo molto attenti al tema della sostenibilità”, dichiara Melanie Kwok, assistente del direttore generale della divisione sostenibilità di Sino Group, in un’intervista presso il The Fullerton Ocean Park Hotel della società a Hong Kong. “Abbiamo svolto un ruolo fondamentale per la protezione degli oceani”.
Il Fullerton Ocean Park Hotel è una delle sei strutture alberghiere di proprietà di Sino Land, la società immobiliare del gruppo quotata alla Borsa di Hong Kong. Inaugurato nel luglio 2022, tutte le sue 425 camere e suite hanno vista sul mare. “Come potete vedere, tutte le nostre camere sono affacciate sull’oceano”, racconta Kwok. “Ecco perché abbiamo una missione da compiere. Abbiamo la missione di educare i nostri clienti e le parti interessate sull’importanza di preservare l’oceano, in modo che tutti noi insieme possiamo vedere e ammirare questo oceano meraviglioso”.
I piani di espansione di Archireef
Le piastrelle in terracotta di Archireef sono state sino ad ora disseminate su circa 100 metri quadrati di superficie acquatica di Hong Kong. Dopo aver gettato le basi per la crescita nel territorio cittadino, Yu punta ora a espandersi all’estero, e sta iniziando da Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti ricca di petrolio, che sta cercando di diversificare la propria economia prima della fine dell’era dei combustibili fossili.
La startup ha dichiarato che sta collaborando con il fondo sovrano ADQ per restaurare un’area di 40 metri quadrati di superficie acquatica vicino alla capitale degli Emirati Arabi Uniti, che diventerà il terreno di coltura di circa 1.200 frammenti di corallo. L’anno scorso, inoltre, Archireef ha aperto una struttura di 400 metri quadrati ad Abu Dhabi, dopo aver ricevuto da ADQ un finanziamento di importo non dichiarato. L’impianto contribuirà sicuramente alla crescita internazionale della società, consentendole di produrre in serie le sue piastrelle per la barriera corallina.
Nel 2021 il governo di Abu Dhabi ha annunciato che gli Emirati Arabi Uniti mirano a raggiungere l’azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2050, rendendo l’emirato il primo nella regione a fissare un tale obiettivo. È stato proprio l’impegno di Abu Dhabi nei confronti della sostenibilità a convincere Yu ad avviare le prime attività estere di Archireef negli Emirati Arabi Uniti, che quest’anno ospitano il vertice sul clima COP28.
“Quando abbiamo pensato alla nostra crescita al di fuori di Hong Kong, gli Emirati Arabi Uniti si sono rivelati uno dei mercati più forti, non solo per i risultati finanziari, ma anche per la loro spinta verso la sostenibilità”, spiega Yu.
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“Cerchiamo di invertire i danni climatici”
L’ambizione di Archireef non si limita al restauro delle barriere coralline. La startup è impegnata ad ampliare la propria linea di prodotti in modo da poter contribuire alla ricrescita di specie che formano gli habitat naturali per altri organismi. Queste specie comprendono mangrovie ed ostriche, racconta Yu.
Nel frattempo, Yu sta cercando di accelerare la crescita di Archireef e la distribuzione delle sue piastrelle per la barriera corallina in tutto il mondo, compresi gli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Yu sta correndo contro il tempo per salvaguardare le barriere coralline. “Dal 1950 abbiamo già perso il 50% delle barriere coralline mondiali. E se non facciamo nulla perché cambino le cose, entro il 2050 ne perderemo fino al 90%”, dichiara allarmata. “Quindi, se oggi posso trasmettere un messaggio, è questo: prendetevi il tempo per cogliere la nostra ultima opportunità di invertire i danni climatici”.
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