Il periodo difficile del settore bancario continua ed è testimoniato dai numeri drammatici di uno degli istituti più noti al mondo. Come riporta Reuters, Credit Suisse ha dichiarato che in un trimestre ha perso depositi per 61 miliardi di franchi svizzeri (68 miliardi di dollari). I deflussi continuano e la sfida per Ubs continua a essere estremamente impegnativa.
Aspetti principali
- L’istituto ha dichiarato che i depositi dei clienti sono diminuiti di 61 miliardi di franchi nel trimestre e che non sono stati rinnovati depositi a termine in scadenza.
- La maggior parte dei deflussi di attività ha riguardato la divisione di gestione patrimoniale e si è verificata in tutte le aree geografiche di operatività della banca.
- “Questi deflussi si sono attenuati, ma il trend non è ancora cambiato”, ha dichiarato Credit Suisse.
- Le azioni di Ubs e Credit Suisse hanno registrato un leggero rialzo nei primi scambi.
- Alcuni analisti hanno spiegato che i deflussi non sono stati così gravi come si temeva, invece altri hanno detto che l’entità “della fuga” è allarmante.
I punti critici
Secondo quanto riportato da Reuters, che cita una nota ai clienti dell’analista londinese Thomas Hallett di Kbw, la capacità di Credit Suisse di generare ricavi è apparsa talmente danneggiata che “l’operazione potrebbe rimanere un freno ai risultati operativi di Ubs, a meno che non venga annunciato un piano di ristrutturazione più profondo”.
Gli asset gestiti dalla divisione della gestione patrimoniale sono scesi a 502,5 miliardi di franchi alla fine di marzo, rispetto ai 707 miliardi registrati nello stesso periodo dell’anno precedente.
L’accordo Credit Suisse-Ubs
Il 19 marzo in una nota congiunta, Ubs e Credit Suisse hanno annunciato la loro immediata fusione, date le difficoltà economiche che stava attraversando la banca diretta da Ulrich Körner. Secondo l’accordo, tutti gli azionisti di Credit Suisse riceveranno un’azione di Ubs per 22,48 azioni di Credit Suisse. Si tratta in totale di un’operazione da 3 miliardi di franchi svizzeri, che dovrebbe essere completata entro la fine del 2023. L’operazione è stata resa possibile dal sostegno del governo federale svizzero, dall’autorità della vigilanza svizzera sui mercati finanziari (la Finma) e dalla Banca nazionale svizzera, come dichiarato dallo stesso istituto centrale in una nota ufficiale.
Proprio in occasione della chiusura di questo importante accordo Ubs ha richiamato alle armi il suo storico ceo: Sergio Ermotti. Il 29 marzo, infatti, Ubs ha accettato le dimissioni di Ralph Hamers – presentate per “servire gli interessi della nuova fusione, del settore finanziario svizzero e del Paese” – e ha dato di nuovo il benvenuto a Ermotti come ceo e presidente esecutivo del board.
Indagini e licenziamenti
Secondo quanto riportato da Bloomberg all’inizio di aprile, la procura svizzera ha aperto un’indagine sull’operazione mediata dal governo dell’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs, per identificare possibili reati. Secondo una nota, “vista la rilevanza degli eventi” la Procura “vuole adempiere in modo proattivo al suo mandato e alla sua responsabilità di contribuire a una piazza finanziaria svizzera pulita e ha istituito un monitoraggio con lo scopo di adottare misure immediate in caso di qualsiasi circostanza che rientri nella sua giurisdizione”.
Inoltre, secondo il quotidiano svizzero SonntagsZeitung la fusione potrebbe comportare il taglio di fino al 30% della forza lavoro: si tratterebbe di 11mila dipendenti in Svizzera e altri 25mila in tutto il mondo.
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