Una passione che si fa professione. È quanto accaduto a Fabio Pellizzari, creatore e custode dei segreti di famiglia che stanno alla base dei prodotti di Baghi’s, gli artigiani della pasticceria made in Italy. Ad accompagnarlo in questa avventura Riccardo Gasparin, autore delle grafiche, del packaging e del marketing dell’azienda ma anche appassionato di enogastronomia con un diploma da sommelier, che lo porta a creare abbinamenti gustosi tra dolci e vino. Una passione per il buon cibo, la genuinità, i sapori veri, che ha portato Baghi’s a selezionare con grande cura ogni ingrediente adoperato, lasciando fuori additivi, aromi artificiali o coloranti. Insomma, quello che in natura non c’è, qui non ci deve stare.
Baghi’s e la vasocottura
Si lavora partendo dalla farina macinata a pietra da grano italiano, lievito madre vivo, uova di galline allevate a terra di allevamenti locali, burro ottenuto per centrifuga, agrumi canditi prodotti internamente acquistando la frutta fresca o ancora il cioccolato biologico dell’Ecuador. Il risultato? Va assaggiato, perché è difficile con le parole descriverlo, come del resto nelle occasioni in cui si parla di alta cucina o di pasticceria. L’elemento che rende Baghi’s diversa è la vasocottura, tecnica con la quale viene realizzato anche il panettone.
“Una modalità di cottura verso la quale all’inizio c’era un certo scetticismo. Soprattutto qui da noi, in Italia, non era conosciuta”, racconta Gasparin. “Adesso siamo in diversi a utilizzarla e viene molto apprezzata, perché conserva meglio e più a lungo i sapori, senza contare il fatto che non c’è rifiuto, considerato che il vetro si può riciclare. Quindi va incontro anche ad una maggiore coscienza ambientale”.
Baghi’s mantiene una forte connotazione artigiana. Ma come avete selezionato le vostre fonti di approvvigionamento per la materia prima?
La materia prima per noi è la cosa più importante, forse ancora più della lavorazione. La difficoltà non sta tanto nella tipologia del prodotto, poiché si tratta in sostanza di materie semplici, ma se si cercano determinate caratteristiche la selezione si fa più difficile. Come ad esempio la farina macinata a pietra che ha più fibre e più gusto. Per il burro in particolare l’Italia non ha grande tradizione e quindi ci siamo rivolti al mercato nordeuropeo, dove c’è una cultura maggiore. Molto ci abbiamo messo anche nella scelta del cioccolato. Mentre per le uova è stato più semplice, perché nella nostra zona ci sono diversi allevamenti con le caratteristiche che noi vogliamo.
Si può pensare di crescere per conquistare nuovi spazi sul mercato e allo stesso tempo mantenere i valori della produzione artigianale su cui oggi fate leva?
Crediamo sia possibile crescere senza perdere il carattere artigianale, ma ad esempio non se si vuole guardare alla grande distribuzione. Noi lavoriamo sostanzialmente con il lievito madre ed è difficile garantire quantitativi fissi di fornitura come quelli che richiede di solito la Gdo. L’obiettivo che ci siamo sempre dati è quello di non cambiare il prodotto. Forse aumentare la produzione è più facile per la biscotteria che non per i lievitati, che restano però la nostra specificità. Anche di recente abbiamo avuto richieste dall’estero per quantitativi assai più grandi e ci siamo visti costretti a rinunciare.
Un problema a cui molte imprese, dalle piccole a quelle più grandi, si trovano ad affrontare è quello della rete distributiva. Come avete pensato di risolverlo?
Oggi lavoriamo principalmente con l’estero, attraverso i grandi store di lusso. In Italia, le zone più vicine le seguo direttamente io, mentre quelle più lontane sono affidate a una rete di agenti. Qui noi ci rivolgiamo soprattutto alle enoteche e alle gastronomie specializzate. Cioè a quei negozi che fanno attenzione alla qualità, e non più di uno per ogni centro abitato. Il supermercato di paese, tanto per dire, non ci interessa, ma solo perché guardiamo a chi è in grado di spiegare il prodotto e possa far comprendere il motivo di un prezzo più alto. Si tratta in qualche modo anche di fare educazione alimentare.
Avete mai pensato di affidarvi alle vendite online?
Ci sono state delle richieste e abbiamo clienti che vendono online, ma si tratta di realtà specializzate e di settore. Non ci interessa come canale in generale, sempre per la solita ragione, quella di un rapporto particolare con il consumatore. È per questo che facciamo grande attenzione all’etichetta, dove sono spiegati bene tutti gli ingredienti utilizzati.
Come nasce l’idea dell’abbinamento tra dolce e vino?
Tutto parte dalla mia passione di sommelier e quindi dall’idea di un prodotto di accompagnamento per la degustazione del vino o della birra che non fosse proprio uno snack. Al biscotto salato abbiamo pensato perché qui in Italia quasi non esiste, ma si tratta di una cultura più sviluppata nel nord Europa.
Guardando in prospettiva, siete alla ricerca di partner per sviluppare Baghi’s?
Abbiamo avuto qualche proposta, che stiamo ancora vagliando. Solo che noi siamo un’azienda giovane e quindi guardiamo alle prospettive di sviluppo senza fretta. Il nostro obiettivo resta sempre la qualità finale, perciò prima di lanciarci in un progetto dobbiamo garantirci un corretto approvvigionamento di materie prime all’altezza, che non è semplice trovare. Lavoreremo per ampliare la gamma dei nostri prodotti, senza però trascurare mai la sostenibilità.
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