Il regno è in piena febbre da costruzione: sta creando isole private, hotel di lusso, parchi tematici, porti per le navi da crociere, perfino una stazione sciistica nel deserto. La domanda resta: se costruiranno tutto questo, chi ci verrà?
Qualunque sia la vostra idea dell’Arabia Saudita come meta di viaggio, preparatevi a cambiarla. Immaginate, per esempio, Sindalah, un resort a sette stelle su un’isola privata con tre strutture extra-lusso, 38 ristoranti di alto livello e diversi porti turistici per superyacht. Oppure Qiddiya, una città futuristica di 600mila persone che sorge sul suolo del deserto, dedicata agli e-sport e al gaming. E che dire di Trojena, una stazione sciistica che sembra venire dallo spazio, costruita sopra il deserto? O di The Red Sea, un vasto complesso marittimo di 50 resort di lusso e ottomila camere d’hotel sparse su 22 isole di un arcipelago in stile Maldive, alimentato solo da energia eolica e solare? In cantiere c’è anche The Rig, un parco a tema avventura da 5 miliardi di dollari costruito su una piattaforma petrolifera off-shore. Inoltre l’Arabia Saudita si sta posizionando come una destinazione delle crociere e di recente ha comprato una nave da 300 milioni di dollari. In tutto il regno spuntano dalla sabbia strade, aeroporti, campi da golf e porti per le navi da crociera. La mappa del paese viene ridisegnata di continuo.
Ci sono tutti i nuovi hotel, con le loro migliaia di camere appena costruite. Le principali aziende dell’ospitalità – Ritz-Carlton, Four Seasons, St. Regis, Fairmont, Marriott, Hilton, Hyatt e InterContinental – fanno di tutto per entrare in questa corsa a costruire, più veloce qui che in qualsiasi altra parte del mondo. Ognuno di questi progetti potrebbe non incontrare l’attenzione dell’industria dei viaggi, che svanisce molto in fretta. Ma nel complesso, ciò che accade in Arabia Saudita non può essere ignorato.
In che cosa investe l’Arabia Saudita
Può essere difficile visualizzare la vastità della trasformazione fisica del paese. Alcuni dei più importanti progetti in corso – tra cui Sindalah, l’isola privata a sette stelle, e Trojena, l’improbabile stazione sciistica – fanno parte di Neom, una regione da 500 miliardi di dollari costruita da zero nel nord-ovest dell’Arabia Saudita. Ha una superficie di circa 26.400 chilometri quadrati – paragonabile a quella dell’Albania -, è delimitata dal Mar Rosso a sud e dal Golfo di Aqaba a ovest.
Finanziata soprattutto dal Public Investment Fund (Pif) da 700 miliardi di dollari del regno, Neom discende da Vision 2030, il piano dell’Arabia Saudita per liberarsi dalla storica dipendenza dal petrolio e diversificare la sua economia. Uno dei pilastri del programma prevede di reinventare il paese e farne una potenza globale del turismo. Quando furono annunciati, nel 2016, gli obiettivi sembravano poco credibili: attirare 100 milioni di visitatori stranieri e nazionali ogni anno e portare la quota dell’economia legata al turismo dal 3% al 10%. Tutto in 14 anni.
L’aspirazione sembrava ancora più assurda se si considera che all’epoca l’Arabia Saudita non aveva ancora aperto le porte ai viaggiatori stranieri che si spostavano per piacere. I viaggi nel regno erano ammessi solo per tre tipi di persone: i lavoratori espatriati, coloro che avevano un visto per lavoro e pellegrini che visitavano le città sacre della Mecca e di Medina. Poi, nel 2019, l’Arabia Saudita ha annunciato che avrebbe fornito visti elettronici e visti all’arrivo ai visitatori provenienti da 49 paesi, tra cui gli Stati Uniti. Tra gli altri cambiamenti comunicati all’epoca ci fu anche l’autorizzazione alle turiste donne a non indossare l’abaya – la veste tradizionale che copre dalla testa ai piedi, altrimenti obbligatoria – nei luoghi pubblici e il permesso di viaggiare senza un accompagnatore uomo. Ai turisti sarebbe stato ancora chiesto di vestire in modo modesto e la Mecca sarebbe rimasta vietata ai non musulmani.
Quanto vale il piano saudita
Da quando l’Arabia Saudita si è aperta al mercato internazionale dei viaggi, la velocità del cambiamento ha stupito anche i più esperti analisti del turismo. “Vediamo piani molto ambiziosi, enormi sviluppi”, dice Caroline Bremner, head of travel and tourism research di Euromonitor International. “Parliamo di miliardi, anzi di migliaia di miliardi di investimenti in infrastrutture e per diversificare l’economia”. Il World Travel & Tourism Council (Wtcc) stima che il regno abbia già speso 800 miliardi di dollari, senza contare gli enormi investimenti stranieri.
La pandemia ha ovviamente fatto slittare alcuni progetti, ma, anziché ridimensionare i programmi, i sauditi hanno portato il traguardo a 150 milioni di visitatori annui entro il 2030. Qui entra in gioco la semantica. Nel linguaggio del turismo, un visitatore è definito come una persona che visita un sito di un paese. È molto diverso da ciò che Euromonitor qualifica come un ‘arrivo’, cioè qualcuno che pernotta nel paese (altre organizzazioni definiscono l’ultima categoria come ‘turisti’). L’Arabia Saudita ha registrato più di 24 milioni di arrivi stranieri nel 2023 e arriverà a quasi 37 milioni nel 2030 secondo le proiezioni di Euromonitor. “Se ciascuno di quei 37 milioni di turisti va a vedere tre siti, si arriva ai 100 milioni di visitatori”, dice Bremner. “Se si aggiungono i turisti dall’interno del paese, gli obiettivi sono raggiungibili”.
Una misura più significativa del successo è quanto ci si aspetta che gli stranieri spendano in Arabia Saudita. Euromonitor calcola che i turisti internazionali spenderanno 38 miliardi di dollari nel 2030. L’impatto economico complessivo, però, sarà di gran lunga maggiore, se si considerano le spese dei viaggiatori sauditi e l’effetto a catena prodotto da un milione di nuovi posti di lavoro in ambito turistico. Il Wttc stima che entro il 2030 il turismo potrebbe contribuire al prodotto interno lordo saudita per 169 miliardi, pari al 17,1% dell’economia nazionale.
“Bisogna ricordarsi che stanno costruendo questa destinazione, essenzialmente da zero, per il mercato internazionale e che, nella scelta delle persone con cui lavorare, stanno chiamando il meglio del meglio”, dice Bremner. “È chiaro che hanno ragionato su ogni aspetto del turismo, dal personale al prodotto, dal marchio al servizio, dalla connettività alla sostenibilità. Si ha davvero l’impressione che stiano costruendo qualcosa per il prossimo secolo”.
Un turismo per giovani
Prepararsi al futuro significa anche riconoscere il cambiamento radicale in ciò che le prossime generazioni di viaggiatori globali vorranno. Secondo dati di Skift Research, circa il 90% dei giovani viaggiatori cinesi e il 70% di quelli appartenenti alla Gen Z di Regno Unito, Australia e India vogliono scoprire nuove destinazioni. Da questo punto di vista, essere il nuovo arrivato nel settore del turismo è un enorme vantaggio.
“Le nuove generazioni hanno molte più informazioni grazie ai social”, ha dichiarato a dicembre Billy Canellas, head of asset management di Neom, alla conferenza Skift Global Forum East. “I giovani sono molto istruiti sugli effetti dell’eccesso del turismo nelle destinazioni tradizionali”, ha dichiarato, sottolineando “una chiara tendenza verso le destinazioni eco-compatibili e sostenibili” e una volontà di conoscere “la cultura e le tradizioni della diversità” di una meta.
“Il mercato del lusso sta diventando sempre più eterogeneo e più giovane e si sta spostando sui mercati emergenti”, dice Bremner, che sottolinea che gli Emirati Arabi Uniti, l’India e la Cina attirano molto questo segmento di turisti. “Abbiamo questi nuovi viaggiatori del lusso, diversi dalle vecchie generazioni, con tanti soldi. È il viaggiatore del lusso del nuovo mondo, altamente digitale, molto consapevole dal punto di vista ambientale, e per cui l’impatto sociale è importante”.
“Attenzione, ciò che sta facendo l’Arabia Saudita è identificare chi sono alcuni dei viaggiatori più importanti – coloro che sono disposti a spendere molti soldi in esperienze – e chiedersi: come arriviamo a loro?”, ha commentato Geoff Freeman, presidente e amministratore delegato della Us Travel Association.
Le insidie della crescita
Ci sono molti modi in cui i grandi piani sauditi possono fallire. Innanzitutto ci sono enormi rischi finanziari insiti nell’avviare così tanti grandi progetti in una volta, anche per un paese con fondi pressoché illimitati. “I sauditi hanno un debito pubblico che è l’82% delle entrate statali”, dice Bremner, che sottolinea anche come il rapporto tra debito pubblico e Pil fosse del 23,8% nel 2023. Ma è un problema relativo: sebbene raddoppiato negli ultimi dieci anni, il rapporto deficit-Pil è ancora basso rispetto a quello di altri paesi. Per esempio, quello della Svizzera è del 41%. Quelli dei governi statunitensi e canadesi sono del 133% e del 106%, rispettivamente. Quello del Regno Unito è del 98%.
La principale preoccupazione di Bremner è l’eccesso di capacità alberghiera, che potrebbe deprimere i prezzi. “Il posizionamento nel lusso subirà una certa erosione, perché i sauditi si muovono molto in fretta”, dice. “Con quel livello di offerta, è piuttosto difficile trovare un equilibrio”. Bremner aggiunge che l’ultima previsione di Euromonitor International stima che la spesa media dei viaggiatori sarà già diminuita nel 2030. “Troppe camere d’albergo non occupate faranno scendere i prezzi, il che è un rischio”.
Inoltre l’Arabia Saudita ha un perenne problema di pubbliche relazioni tra molti potenziali viaggiatori, soprattutto occidentali. Il regno ha ancora leggi severe sull’alcol e pesanti restrizioni alla libertà delle donne, a cui si sommano le accuse di violazioni dei diritti umani e attacchi ai giornalisti. Nel 2021 gli Stati Uniti hanno ufficialmente incolpato il principe ereditario Mohammed bin Salman per l’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, ucciso nel 2018.
Le preoccupazioni legate ai diritti umani non hanno impedito alle multinazionali di investire nel programma saudita. “Per alcune aziende sarà un problema molto grosso e forse le spingerà a non entrare proprio”, dice Bremner. “Tuttavia, possiamo già osservare come la maggior parte dei brand alberghieri di lusso si siano spostati dalla Cina e dagli Emirati Arabi all’Arabia Saudita”.
Dopo tutto, il mercato internazionale dei viaggi adora le destinazioni nuove e splendenti in un mercato emergente. E ora il Medio Oriente sta vivendo un grande momento. “È nella posizione ideale”, dice Bremner, “come la Turchia: entro le cinque ore di volo sia dall’Asia che dall’Europa Occidentale”.
La regione del momento
Malgrado l’inizio della guerra tra Israele e Hamas a ottobre, il Medio Oriente ha registrato una cresciuta del turismo superiore a quella di qualsiasi altra regione nel 2023. Gli arrivi internazionali hanno superato i livelli pre-pandemia del 23%, secondo il Tourism Recovery Tracker della World Tourism Organization delle Nazioni unite. Un numero superiore di 35 punti rispetto alla media globale, visto che il turismo nel resto del mondo è ancora al di sotto del 2019 del 12%.
Sebbene poco più di tre milioni di turisti americani abbiano visitato la regione nel 2023 – il 12,6% del totale dei turisti statunitensi all’estero -, l’incremento rispetto al 2019 è del 39%. E nonostante lo scorso anno la quota di americani fosse inferiore rispetto a quella degli europei (40%) e degli asiatici (15,7%), era l’unica a essere aumentata rispetto al pre-Covid.
Freeman, però, non è preoccupato dalla capacità dell’Arabia Saudita di attrarre un gran numero di turisti americani. “Sono preoccupato dal fatto che cerchino di attirare europei, mediorientali con alta capacità di spesa e asiatici, che altrimenti sarebbero forse venuti a spendere i loro soldi negli Stati Uniti”.
Dopo tutto, dice Freeman, il turismo internazionale è sempre più competitivo: un paese guadagna, un altro perde. “Quello che mi fa riflettere è che altri paesi ora capiscono che quella dei viaggi è una competizione globale per riuscire ad attrarre il cliente”.
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