Grande frenata dell’auto elettrica? Vendite a picco e ritorno ai motori termici da parte delle case automobilistiche? Nient’affatto. Non concorda con l’allarme che ha iniziato a circolare sulla stampa, italiana ed estera, Andrea Cardinali, direttore generale Unrae, che a Forbes.it commenta, partendo dai dati, quelli recentemente diffusi dall’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri, lo stato di salute del mercato delle vetture ricaricabili.
“Premesso che i segnali vanno sempre interpretati correttamente e che bisogna distinguere tra i mercati italiano, europeo e globale, realtà molto diverse tra di loro, non possiamo non partire dall’anomalia italiana nel contesto europeo”, spiega Cardinali.
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L’Italia, infatti, “è da sempre lontana dalla media europea quanto a percentuale di penetrazione dell’auto elettrica”, osserva commentando i dati diffusi da Unrae. Nel primo bimestre 2024, “considerando tutte le auto con la spina (Electric chargeable vehicle, Ecv), dunque sia le elettriche pure sia le ibride plug-in, il nostro Paese risulta avere un tasso di penetrazione del 7,6%. La Spagna, che non è certamente un paese ricchissimo, pari all’11%, poi c’è la Germania con il 18,5%, il Regno Unito con il 21% e la Francia con il 23,1%”.
L’anomalia italiana
In un simile scenario, innanzitutto, secondo il direttore generale Unrae, “non c’è nulla di più fuorviante che prendere come esempio l’Italia”. Il mercato italiano dell’auto, infatti, è caratterizzato da “un’acquirente tradizionalmente molto sensibile al prezzo, tipicamente sbilanciato dunque verso le fasce di prodotto più basse, dove peraltro l’offerta di prodotto elettrico non è ancora molto abbondante, in quanto è più ricca nei segmenti alti e si sta solo gradualmente espandendo verso il basso”.
Ci sono poi altri fattori da prendere in considerazione per meglio contestualizzare l’anomalia italiana: “La rete di ricarica pubblica sul territorio è ancora carente, nonostante nell’ultimo anno ci sia stato un forte incremento: siamo 15esimi per capillarità in Europa, mentre per i carburanti tradizionali abbiamo la distribuzione più capillare d’Europa, e siamo abituati a fare rifornimento sotto casa. Poi, mentre negli altri Paesi il piano di incentivazione all’acquisto di auto elettriche è partito più di dieci anni anni fa, da noi è partito tardissimo, solo quattro anni fa e dopo due è stato ‘soffocato nella culla’ tagliando fuori le aziende e abbattendo il tetto ai listini delle auto incentivabili, che di fatto ne ha escluse la metà; in particolare quelle che possono usufruire della ricarica super veloce e che incontrano pertanto l’abitudine a fare rifornimento in cinque minuti”.
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Il resto del mondo
Diversi osservatori hanno invece puntato il dito contro la Germania. “Se è vero che un calo rispetto all’anno scorso c’è stato, stiamo comunque parlando di un mercato dove il valore della penetrazione di auto elettriche è pur sempre pari al 18,5%”, osserva Cardinali. “Considerando che lì, dall’oggi al domani, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’utilizzo dei fondi stanziati anti Covid per un piano Green nel quale rientravano gli incentivi lanciati due anni fa, non poteva che esserci un contraccolpo. Ma non vedo come si possa sostenere che in Germania l’auto elettrica sia in crisi con un tale livello di penetrazione nel mercato, per di più senza incentivi! Mi sembra un teorema un po’ debole…”.
Anche a livello mondiale la penetrazione dell’elettrico nel mercato resta su livelli considerevoli. “In Europa, complessivamente, ha chiuso il 2023 al 23,4%; in Cina, che è il mercato più grande del mondo, è al 37%; persino negli Stati Uniti, che sono, tra tutti i Paesi, quello forse più riluttante rispetto all’elettrico, comunque siamo arrivati a un livello del 9,1%”. E se facciamo, al contrario, il confronto con mercati vicini ma più piccoli e più poveri dell’Italia, quanto a Pil pro capite a parità di potere d’acquisto, conclude Cardinali, “ce ne sono come la Bulgaria, la Grecia, la Lituania o il Portogallo, dove la penetrazione dell’auto elettrica è maggiore della nostra. A conferma che, oltre il dato infrastrutturale, la diffusione dell’elettrico probabilmente incontra ancora ostacoli di carattere culturale, informativo e politico”.
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