Tutti a caccia di paperoni. Tra i paesi è forte la concorrenza per attrarre persone con elevato reddito e, di conseguenza, alta capacità di spesa. Abbiamo approfondita dei punti di forza e di debolezza dell’Italia su questo fronte con Francesco Guelfi, partner e responsabile del dipartimento Tax dello studio legale A&O Shearman.
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L’Italia è attrattiva per i cervelli a livello internazionale?
Sì molto, in considerazione di due fattori. Il primo è che il regime degli “impatriati” (che prevede una riduzione a metà delle imposte sui redditi da lavoro dipendente e autonomo fino a 600 mila euro) e quello dei “res non dom”, resident non domiciled (che prevede una flat tax forfetaria di centomila euro per tutti i redditi di fonte non italiana) sono molto convenienti, se confrontati con le alternative disponibili in altri Paesi, soprattutto adesso che il Regno Unito ha disposto la progressiva eliminazione del suo regime res non dom.
Ma ci sono anche altre legislazioni che si sono mosse nella medesima direzione.
Vero, ma l’attrattività del regime italiano va anche valutata in relazione alla sostanziale assenza di imposte patrimoniali, a un regime civilistico e fiscale in materia di successioni che permette una certa flessibilità in tema di succession planning e alla circostanza che l’Italia non è generalmente considerata come un paradiso fiscale o comunque come un paese black-listed. L’Italia, inoltre, dispone di un network molto esteso di trattati internazionali in materia fiscale e previdenziale che risultano molto utili per chi si trasferisce in Italia dopo aver lavorato anni all’estero (e, quindi, con una posizione previdenziale pregressa) e ha, tipicamente, proprietà e attività finanziarie produttive di reddito all’estero. In secondo luogo, l’Italia va valutata in relazione al lifestyle che offre a confronto con altri paesi che, seppure dotati di incentivi fiscali potenzialmente interessanti, non offrono le stesse attrattive in termini di qualità della vita. Questo è un fattore importante, perché i cervelli di solito si spostano insieme alle famiglie.
Quanto è attrattivo il regime fiscale italiano?
Il regime degli impatriati prevede una riduzione del 50% dell’imponibilità dei redditi da lavoro autonomo e dipendente (fino alla soglia annua di reddito di 600 mila euro) per cinque anni a condizione che il lavoratore impatriato non sia stato residente fiscalmente in Italia nei tre anni precedenti (che diventano sei o sette se il datore di lavoro post rimpatrio è il medesimo o altra società del gruppo), che lo stesso sposti la residenza fiscale in Italia, svolga attività lavorativa in Italia per più della metà dell’anno d’imposta e risulti altamente qualificato o specializzato.
E quello dei res non dom?
Questo si applica a chi trasferisce la residenza fiscale in Italia essendo stato residente all’estero per almeno nove dei dieci anni precedenti al trasferimento e prevede che, per quindici anni a partire da quello del trasferimento, tutti i redditi di fonte estera del contribuente siano soggetti a imposte sui redditi nella misura fissa di centomila euro per anno. Il regime può essere esteso ai membri del nucleo familiare del contribuente che si trasferiscano con lo stesso e, in questo caso, la flat tax di ciascun componente il nucleo familiare è fissata in 25 mila euro l’anno. Questo regime, che per essere applicato richiede un interpello preventivo dell’Agenzia delle Entrate, è particolarmente interessante per high net worth individuals che derivino la maggior parte dei propri redditi da investimenti non localizzati in Italia ed è mirato ad attrarre rentiers con significativa capacità di spesa.
A suo avviso ci sono aspetti migliorabili di queste normative?
Tecnicamente, entrambi i regimi funzionano molto bene. L’elemento di criticità più importante riguarda l’incostanza dell’amministrazione finanziaria italiana in materia fiscale, che un po’ erode quella certezza del diritto che chi decide di compiere un passo così significativo si aspetta. Questo soprattutto per quanto riguarda il regime degli impatriati, mentre la disciplina dei res non dom offre una resistenza maggiore per effetto dell’interpello preventivo.
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