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Shein ha generato un impatto economico di 302 milioni di euro sul Pil italiano

Secondo la società di consulenza economica Oxford Economics, nel 2023 Shein ha contribuito con 302 milioni di euro di valore aggiunto lordo al Pil nazionale, sostenendo oltre 1.000 posti di lavoro nell’economia locale.

Lo studio, che misura l’impatto economico di Shein in mercati chiave europei quali Francia, Italia e Polonia, vuole offrire migliore comprensione dell’impronta del retailer online in Ue, e orientare la pianificazione della prossima fase di crescita nel Vecchio Continente.

185 milioni di euro di contributi diretti al Pil italiano

Le operazioni di vendita di Shein, in particolare, hanno iniettato 185 milioni di euro di contributi diretti al Pil italiano, mentre le partnership con fornitori italiani di servizi terzi, ad esempio nei settori dei servizi professionali, della logistica e della distribuzione, hanno aggiunto altri 98 milioni di euro di valore, rafforzando il tessuto economico locale.

Per quanto riguarda l’Europa (Francia, Italia e Polonia), le operazioni di Shein hanno sostenuto oltre 6.100 posti di lavoro diretti e indiretti, contribuendo con 1,1 miliardi di euro al Pil europeo.

Oltre alla sede centrale Emea in Irlanda, Shein ha ora uffici in Belgio, Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna e gestisce centri di distribuzione a Breslavia, in Polonia, e a Stradella, in Italia.

(courtesy Shein)

Le operazioni a sostegno dei talenti: Shein X

Shein ha sviluppato una serie iniziative per favorire la crescita di designer e artisti. Ad oggi, più di 600 artisti e designer in Ue hanno aderito Shein X, programma di incubazione che consente agli stilisti emergenti di lanciare con successo le proprie collezioni e i propri prodotti – guidandoli attraverso il processo end-to-end, dallo sviluppo del prodotto, alla produzione, al marketing e alla logistica della catena di fornitura.

Secondo lo studio di Oxford Economics, questi designer rappresentano quasi il 15% dei 4.500 contratti firmati  a livello global tramite il progetto.

Gli investimenti futuri

I termini di investimenti futuri, Shein ha poi annunciato un fondo di 10 milioni di euro, spalmato su cinque anni, che sosterrà 250 nuovi talenti del design europeo, mentre un investimento complessivo di 200 milioni di euro è stato destinato a startup focalizzate sull’economia circolare nell’Unione Europea e nel Regno Unito.

A questi si aggiungono ulteriori 50 milioni di euro dedicati a iniziative Esg, a beneficio di brand, designer e artigiani.

La quotazione in Borsa

Dopo l’interesse dimostrato nei confronti di Wall Street, in estate i media britannici parlavano di un’imminente quotazione alla Borsa di Londra, con il valore delle azioni destinate al listino stimato attorno ai 50 miliardi di sterline (circa 60 miliardi di euro).

Tuttavia, come emerso negli ultimi giorni, il regolatore finanziario britannico sta impiegando più tempo del solito per approvare l’Ipo del colosso cinese dell’abbigliamento. Il motivo è, tra gli altri, la supervisione della catena di approvvigionamento di Shein. Inoltre, l’Independent Anti-Slavery Commissioner britannico, organo di monitoraggio del Ministero degli Interni, ha sollevato preoccupazioni all’interno del Governo a causa delle accuse sulle pratiche di lavoro presso i suoi fornitori.

Risale a ottobre 2022, infatti, la dura inchiesta condotta dalle telecamere di Channel 4, rete televisiva britannica, secondo cui i lavoratori di Shein ricevono 4 centesimi a capo, ne producono almeno 500 al giorno, e la giornata lavorativa dura 18 ore.

La video inchiesta, dal titolo Shein Untold: inside the Shein Machine, aveva rivelato inoltre che lo stipendio mensile è di circa 4mila yuan (circa 550 euro) e viene trattenuto il primo mese. Per ogni errore commesso, infine, alle sarte vengono tolti i 2/3 della paga giornaliera.

Le manovre dell’Ue per contrastare il fast fashion

Se da un lato, il fast fashion è da tempo ormai sotto i riflettori per le pratiche lavorative discutibili delle aziende, la legge europea non sta a gurdare: a marzo di quest’anno, infatti, l’Assemblea nazionale francese ha approvato una proposta di legge secondo cui verrà imposto un sovrapprezzo ai venditori di fast fashion, che venderanno nel Paese i loro capi.

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