Ursula von der Leyen e Volodymyr Zelensky.
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Difesa Ue, perché l’Ucraina è l’arsenale low cost della democrazia europea

Aleggia su qualsiasi incontro di leader europei la fatidica domanda: la Nato è ancora viva? Per alcuni l’America si sta ritirando: Mario Draghi, grande difensore dell’euro-atlantismo, ha detto che ormai tocca all’Europa “difendere i propri confini”. Quindi dà ragione al presidente francese Emmanuel Macron, che da anni predica la necessità di “autonomia strategica” per l’Europa. Altri, come Giorgia Meloni, non sono convinti che l’amministrazione Trump sia un punto di rottura e davvero una minaccia. Per ora la strategia giusta sembra quella di tenersi in equilibrio, potenziando la difesa europea – in teoria ciò che chiede Trump. Ma anche qui non tutti percepiscono la minaccia allo stesso modo: la spesa militare cresce man mano che ci si avvicina alla Russia.

In Italia, opposizione e maggioranza sono divise sul piano di riarmo della Commissione europea – questo malgrado il parlamento si sia impegnato nel 2022 a raggiungere il 2% del Pil in spesa militare entro il 2028. Il socialista spagnolo Pedro Sanchez, il cui paese spende ancora meno dell’Italia, ha proposto di includere nel budget per la difesa anche gli investimenti contro il cambiamento climatico, un trucco per arrivare più facilmente alla soglia Nato del 2%.

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Riarmo in Europa, un affare costoso

Il problema è che questa soglia dovrà necessariamente crescere, vista l’ambiguità di Trump e l’aggressività di Putin. Per soddisfare gli attuali piani Nato, con l’America presente, l’Europa dovrebbe spendere il 3% del Pil in difesa, ben al di sopra di quanto spende oggi la maggior parte dei paesi. Se l’America si sfilasse davvero, bisognerebbe investire molto di più. È uno scenario a cui ci si sta preparando. Regno Unito, Francia, Germania e paesi nordici, secondo fonti del Financial Times, vogliono proporre all’America un passaggio di consegne graduale nell’arco di cinque-dieci anni. Il peso finanziario e militare della difesa si sposterebbe sulle capitale europee, rimpiazzando gli Stati Uniti pur mantenendo la struttura della Nato. L’obiettivo è evitare il caos che deriverebbe da un ritiro unilaterale degli Usa.

Con quali soldi? Bruxelles ha appena proposto un piano da 800 miliardi di euro. Una parte, 150 miliardi, verrebbe raccolta con debito comune Ue, da prestare poi ai governi nazionali. Ma i paesi “frugali”, come al solito, fanno resistenza. Il resto del denaro verrebbe da un allentamento delle regole di bilancio, cioè escludendo la spesa militare dal calcolo del deficit. Il debito però aumenterebbe lo stesso e diversi paesi hanno poco margine, tra cui Francia e Italia. La Germania, meno indebitata, ha più spazio di manovra: prenderà denaro a prestito per riarmarsi. L’alternativa è tagliare servizi pubblici o pagare più tasse.

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L’alternativa economica e innovativa

Più ci si avvicina alla Russia, dicevamo, e più è facile convincere gli elettori. I paesi baltici hanno aumentato ogni genere di tassa, anche sul tabacco – “Fuma una Marlboro, ferma i russi!”. La Danimarca ha persino annullato un giorno festivo. Proprio la Danimarca è stata pioniera di un investimento che potrebbe essere allargato ad altri paesi. Finanziare direttamente l’industria militare ucraina, che è economica, innovativa, e può aumentare rapidamente la produzione. Secondo Bruegel, un autorevole think tank di Bruxelles, la necessità di contenere i costi, unita all’esperienza tecnica e alla scala produttiva, “porterà le forze di mercato a spingere una parte significativa della futura capacità industriale militare dell’Ue a stabilirsi in Ucraina”.

L’Ucraina è tutt’altro che un paese distrutto, come spesso si sente ripetere. In alcuni casi opera alla frontiera dell’innovazione militare, le sue startup sono prese a modello dalle società americane per costruire droni da combattimento. Investire lì, continua il report di Bruegel, sarà “un vantaggio per la ricostruzione e la sicurezza dell’Ucraina, per i contribuenti europei e per la deterrenza militare dell’intero continente”. Circa il 40% delle armi usate da Kiev al fronte sono fatte in Ucraina. Ma l’industria potrebbe aumentare la produzione se avesse più fondi. Secondo stime ucraine, basterebbe un finanziamento aggiuntivo di 18 miliardi di euro per portare gli impianti alla massima capacità. Forse è questa la migliore deterrenza contro la Russia.

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