Chi segue le notizie spaziali ha probabilmente sentito che il wet dress rehearsal del nuovo Space Launch System (o Sls) della Nasa, cioè il nuovo sistema di lancio spaziale americano, il più potente mai costruito, è stato temporaneamente sospeso. La colpa non è solo dei problemi tecnici, piccoli ma niente affatto trascurabili, che erano stati riscontrati prima del riempimento dei serbatoi sulla rampa 39B di Cape Canaveral, quanto della necessità di liberare il campo per permettere il lancio della capsula Dragon “Endeavour” di SpaceX che, partendo dalla rampa di lancio 39A, quella del programma Apollo, venerdì nel tardo pomeriggio ha traghettato alla Stazione spaziale internazionale la missione Ax-1, con quattro passeggeri.
Il lancio, comperato dalla società americana Axion Space, già posticipato per i ritardi nel test dello Sls, non poteva più essere rimandato ed è partito l’8 aprile con un lancio picture perfect. L’equipaggio è composto da Michael Lopez-Alegria, un ex astronauta Nasa ora vice presidente per business development della Axion Space, e da tre ricchi imprenditori, con un passato da piloti di vario tipo, ognuno dei quali ha sborsato 55 milioni di dollari per un soggiorno, tutto compreso, sulla Iss.
In effetti i quattro, il primo equipaggio totalmente privato a soggiornare sulla Iss, non saranno turisti; piuttosto “astronauti alla pari”, perché addestrati per partecipare alla gestione di 25 esperimenti scientifici, cui dovranno dedicare un centinaio di ore di lavoro durante la loro permanenza orbitale di otto giorni (un traguardo storico, bene ribadirlo, perché è la prima volta che la Nasa ospita passeggeri paganti sull’avamposto). Ci si augura che l’arrivo dei quattro della Ax-1 porti un po’ di distrazione a bordo della Iss, diventata, dall’inizio della guerra in Ucraina, un’arma di ricatto che l’agenzia spaziale russa (Roscomos) usa contro le sanzioni economiche imposte a Mosca dai Paesi occidentali.
Anche se l’astronauta americano Mark Vande Hei, che ha terminato il 30 marzo il suo lungo soggiorno sull’avamposto orbitante, ha detto più volte che, nonostante i tweet infuocati del capo di Roscomos, Dmitry Rogozin, la situazione a bordo era normale con astronauti e cosmonauti che hanno continuato a vivere e lavorare fianco a fianco, la visita della missione Ax-1 potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase, dominata dallo sfruttamento commerciale e turistico. È stato un passaggio di testimone, che la Nasa aveva previsto da tempo, certo non pensando che la collaborazione con la Russia sarebbe potuta cessare in modo unilaterale, come annunciato a inizio aprile dal sempre vulcanico Rogozin.
Le tempistiche di un eventuale abbandono della Iss da parte dei russi sono ancora incerte, tuttavia non è facile pensare di mandare avanti la stazione senza Roscosmos, visto che la Iss è nata per essere una collaborazione in cui ogni partner è responsabile di sottosistemi vitali, ma nessuno è in grado di gestirli tutti. La missione AX-1, così come la successiva, Crew-4, della quale farà parte Samantha Cristoforetti, sono la prova che la Nasa vuole continuare a gestire la Iss secondo i piani, sebbene nessuno possa prevedere cosa succederà in futuro.
Di certo, anche tralasciando gli attuali problemi politici, la Stazione spaziale internazionale non può continuare la sua missione a tempo indefinito. Il primo dei suoi sedici moduli pressurizzati (il russo Zarya-Alba) è stato lanciato 24 anni fa e lo stress termico, insieme con la costante pioggia di micrometeoriti e piccoli detriti, causano “affaticamento” del materiale. La caccia alle piccole perdite è una delle occupazioni degli astronauti, il cui primo compito è occuparsi della manutenzione dell’enorme struttura orbitante, grossa quanto un campo da calcio. Un’impresa ingegneristica costata, in un quarto di secolo, circa 150 miliardi di dollari.
La Nasa aveva originariamente previsto di terminare la sua partecipazione al progetto nel 2025, salvo, lo scorso dicembre, spostarne la scadenza fino al 2030. L’annuncio era stato dato in occasione della firma del contratto di 415,6 milioni assegnato a Blue Origin, Nanoracks e Northrop Grumman per iniziare le attività di studio e sviluppo di nuove stazioni spaziali commerciali. I piani sono ancora nebulosi e, tra le tre, la compagnia più in vantaggio è Northrop Grumman, che può capitalizzare sulla sua partecipazione alla nuova stazione cislunare della Nasa, il Lunar Gateway. Blue Origin ha deciso che la sua stazione si chiamerà Orbital Reef, perché la vede come un ecosistema grande come un Boeing 777. Pensano di lanciarla con il loro nuovo vettore spaziale New Glenn, che però è ancora in fase di costruzione. Nanoracks ha invece chiamato il suo progetto di stazione Starlab. Sarà meno grandioso di Orbital Reef, ma punta a essere operativo entro il 2027.
Non dobbiamo dimenticare che nel panorama delle stazioni spaziali private ci sarà anche Axion: la società texana ha già in programma di lanciare, tra il 2024 ed il 2027, diversi moduli gonfiabili da attaccare alla Iss, che verrà usata come base per permettere l’assemblaggio di una nuova struttura destinata a staccarsi per diventare indipendente, una volta ultimata la costruzione. Come testimonia il lancio di Ax-1, in effetti, le attività commerciali di Axion sulla Stazione spaziale internazionale sono già iniziate.
La filosofia della Nasa ricalca quella seguita per lo sviluppo dei nuovi sistemi di lancio capaci di portare astronauti in orbita dal territorio americano. Fino ad ora, solo SpaceX è riuscita nell’impresa, ma Boeing si sta affannando per replicare il risultato. Anche se sono in molti a dubitare che, in un panorama di libero mercato, ci siano abbastanza richieste per tenere vive diverse stazioni spaziali private, i tre contratti sono solo un investimento iniziale. Saranno i fondi privati e le condizioni del mercato a decidere chi andrà avanti e per fare cosa.
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