La trasformazione digitale avvenuta negli ultimi decenni ha rivoluzionato il modo in cui le persone comunicano, favorendo lo sviluppo di modalità completamente nuove di relazione e quindi anche modalità completamente nuove attraverso le quali le persone esprimono sé stesse e la propria identità.
Negli ultimi mesi l’avvento dell’intelligenza artificiale ha impresso una ulteriore poderosa accelerazione a questa trasformazione. È una trasformazione che avrà effetti profondi in tutti quegli ambiti dove le persone comunicano sé stesse, la propria identità, sia nei settori più propriamente culturali – come le arti, la musica e l’intrattenimento – che in quelli economico-produttivi, come ad esempio quello del fashion.
Della trasformazione in corso nel settore dell’arte – attraverso la cosiddetta Digital Art – ho scritto nel mio ultimo articolo pubblicato su Forbes. Oggi invece vorrei parlare della trasformazione nel settore del fashion, in particolare della trasformazione che il cosiddetto Digital fashion sta portando nelle modalità attraverso le quali le persone “comunicano sé stesse” attraverso ciò che indossano.
La storia del Digital fashion
È una trasformazione che ha avuto inizio qualche anno fa e che obbligherà molti brand iconici del settore a rivedere profondamente le proprie strategie per continuare a generare valore. Stabilire quando questa trasformazione sia iniziata è piuttosto difficile, tuttavia può essere utile ricordare che già alla fine del 2018 il New York Magazine riportava come Fortnite realizzasse più profitti attraverso la vendita di capi di abbigliamento indossati dagli avatar che si muovevano nelle sue strade virtuali rispetto a quanto Amazon realizzasse attraverso la vendita di capi di abbigliamento indossati dalle persone che si muovevano sui marciapiedi e nelle strade delle città.
Tuttavia, sebbene gli indumenti digitali facevano parte dell’industria dei videogiochi e dell’intrattenimento digitale già da diversi anni, nessuno ancora parlava di Digital fashion. La prima comparsa di un capo di (alta) moda digitale si è probabilmente verificata nel 2019 quando The Fabricant – una startup olandese specializzata nel design di capi digitali – in collaborazione con Dapper Labs – società specializzata nelle tecnologie del Web3 – mise all’asta un abito esclusivamente digitale all’Ethereal Summit di New York ad un prezzo che equivaleva a 9.500 dollari.
L’asta si proponeva di mostrare le “meraviglie della moda digitale” con il supporto delle tecnologie del Web3, oltreché destinare parte del ricavato ad opere di beneficienza. Da allora il mercato del fashion digitale è cresciuto lentamente e – ad oggi – è ancora un mercato dalle dimensioni piuttosto ridotte nel quale operano aziende nate negli ultimi anni 3-4 anni – di cui non sono noti i dati ufficiali di fatturato – assieme a brand iconici del settore, in particolare del segmento del lusso.
Un mercato da 600 milioni di dollari
Le stime fatte da diversi soggetti quantificano la dimensione di questo mercato alla fine del 2023 tra 400 e 600 milioni di dollari, con previsioni di crescita a tassi annui composti superiori al 25% che porteranno il mercato del fashion digitale ad avere una dimensione compresa tra 1,3 e 2,0 miliardi di dollari nel 2028, per arrivare a valere circa 5 miliardi di dollari nel 2031.
Si tratta quindi di un mercato che rimarrà di dimensione piuttosto ridotta, se non proprio trascurabile, rispetto a quella del fashion “fisico”, che alla fine del 2023 valeva già circa 1,7 trilioni di dollari e che nel 2028 – secondo diverse previsioni – arriverà a valere circa 2 trilioni di dollari.
Tuttavia, è lecito chiedersi se sia corretto valutare la dimensione del mercato del fashion digitale limitandosi a considerare solo i capi digital-only trascurando la relazione tra questi e quelli fisici. Per questo motivo – nell’ambito della mia attività di ricerca e advisory – da oltre un anno ho iniziato un “viaggio” all’interno del fashion digitale finalizzato a comprendere meglio come le persone si “raccontano” e si esprimono negli spazi digital/immersivi dei mondi virtuali e se questo influenza il loro comportamento nel mondo fisico, sia in termini di preferenze e desideri verso i brand, nonché nella loro modalità più ampia di “percezione di sé stessi”.
I risultati emersi fino ad oggi ritengo che siano decisamente interessanti. Ad esempio, per i Gen Z è emerso che quasi il 50% di loro pensa che l’abbigliamento digitale possa certamente sostituire quello fisico, mentre meno del 10% è convinto che questo non sia possibile.
Tutto questo dimostra che il “twinning” è molto desiderato dalle giovani generazioni, in altri termini, è molto desiderata la possibilità che un capo indossato dal proprio “io-digitale” possa essere indossato anche nella vita fisica. E se l’elemento più importante del proprio aspetto quando ci si muove all’interno dei mondi virtuali è certamente l’abbigliamento (lo dice oltre il 70% delle persone di età fino a 60 anni che frequentano mondi virtuali), anche l’acconciatura dei capelli, gli accessori e il body shape sono considerati anch’essi di particolare importanza da quasi il 65% delle persone che frequentano mondi virtuali.
Questo spiega, ad esempio, il fatto che mentre nel mondo fisico le donne sentono il bisogno di cambiare la pettinatura in media circa tre volte all’anno, le utenti di mondi virtuali come Roblox, nel corso del 2023 hanno acquistato mediamente cinque diverse acconciature, mentre gli utenti di sesso maschile ne hanno acquistate addirittura tre, quando nella realtà cambiano la propria acconciatura meno di una volta all’anno.
E se le acconciature sono molto ricercate, non lo è da meno il makeup personale. Infatti, quasi il 45% dei giovani Gen Z e il 20% circa dei Millennials personalizza tutti i giorni il trucco del proprio gemello digitale. Ed è forse per questo che nel corso del 2023 i creatori si sono sbizzarriti nella realizzazione di nuovi “trucchi per gemelli virtuali”. Ad esempio, la creatrice Jenni Svoboda ha tradotto il suo amore per le ciglia in una nuova offerta che ha venduto su Roblox centinaia di migliaia di estensioni di ciglia per avatar.
Espandere sé stessi nel mondo fisico
Tuttavia, ciò che ancora è più rilevante è rappresentato dal modo in cui la percezione di sé nella vita digital/virtuale influenza il comportamento delle persone nella loro vita fisica. A questo proposito, vale la pena segnalare che oltre l’80% dei Gen Z afferma che l’aspetto che essi hanno nel mondo fisico è almeno “in qualche modo” ispirato da ciò che indossano nei mondi virtuali e anche da ciò che indossano gli altri avatar incontrati nei mondi virtuali.
Sono poi oltre il 50% coloro che affermano di essere addirittura “molto” o “estremamente ispirati” nella scelta di cosa indossare nella vita reale da ciò che viene da loro indossato virtualmente. E se pensate che siano solo i più giovani ad essere ispirati, commettete un grosso errore.
Infatti, la percentuale di Millennials che dichiara che l’aspetto che essi hanno nel mondo fisico è molto o estremamente ispirato da ciò che indossano nei mondi virtuali è comunque superiore al 35%. Si può allora affermare che esiste una relazione simbiotica tra il proprio aspetto digital/virtuale e quello fisico, una sorta di “ispirazione digital/virtuale” che spinge le persone ad allargare gli stili di abbigliamento preferiti, determina una maggiore audacia nelle combinazioni di colore e stile dei capelli nonché nel sentirsi sempre più a proprio agio nell’indossare abiti gender-fluid cercando in tal modo di assomigliare al proprio gemello digitale.
In altre parole, il mondo digital/virtuale aiuta le persone ad esprimere e ad espandere sé stessi nel mondo fisico, fornisce uno spazio dove si può giocare con il proprio apparire, un luogo in cui ci si sente più sicuri per mostrare le versioni più autentiche di sé stessi.
Tutto questo significa che non ha più senso distinguere tra digital/virtuale e fisico, tutto accade nella vita reale, sia che venga vissuto digital/virtualmente o fisicamente. La realtà va oltre la fisicità delle cose e la parola “realtà” non può essere più usata per distinguere la dimensione fisica da quella digital/virtuale. D’altra parte, già Pablo Picasso affermava che “tutto ciò che puoi immaginare è reale”.
Se la parola “realtà” non può essere più usata per distinguere la dimensione fisica da quella digital/virtuale nella vita delle persone, allora è necessario chiedersi come i brand del mercato del fashion dovranno rivedere le proprie strategie per sfruttare gli spazi digital/virtuali al fine di rafforzare e influenzare in modo positivo la loro desiderabilità.
Strategie di successo dei brand
Vediamo allora quali sono le strategie e le esperienze digital/virtuali di maggiore successo realizzate da alcuni brand negli ultimi due anni, e gli effetti che queste hanno avuto sulla desiderabilità degli stessi brand. Un primo esempio è quello di Nars Cosmetics che lo scorso 30 Maggio ha lanciato all’interno di Roblox una campagna di attivazione denominata Sweet Rush, durata fino al 10 Luglio.
In Sweet Rush i giocatori potevano esplorare un “universo” colorato e ricoperto di caramelle ispirato al mondo di Afterglow – un famoso videogioco di avventura ambientato in un inverno post-guerra nucleare del 2058. In questo universo, Nars ha offerto sfide, giochi e attività che incoraggiavano i giocatori a raccogliere articoli di moda per i loro avatar.
Inoltre, Nars ha inserito dei “personaggi non giocatori” – compreso il fondatore dell’azienda, Francois Nars – attraverso i quali i giocatori potevano imparare a conoscere il brand e accedere anche ad alcune speciali abilità di gioco come ad esempio la creazione di makeover personalizzati. Sweet Rush è stato un successo, con oltre 9,5 milioni di visite durante le 6 settimane della campagna di attivazione e quasi 10.500 voti positivi.
Un secondo esempio è quello di Vans, che nel settembre del 2021 ha lanciato il suo Vans World anch’esso all’interno di Roblox. Il Vans World è uno skatepark virtuale ispirato agli skatepark del mondo fisico, nel quale i visitatori possono pattinare assieme, apprendere trucchi di gioco, raccogliere monete e guadagnare articoli del brand.
Gli articoli all’interno di Vans World sono ispirati a prodotti iconici del brand, adorati dai suoi fan, come ad esempio le scarpe, un tipo di articolo a cui di solito gli avatar non danno molta importanza. In soli due anni, Vans World è diventata una delle brand experience digital/virtuali di maggiore successo all’interno di Roblox, raggiungendo a luglio dello scorso anno il record assoluto di visitatori tra i mondi brandizzati – pari a circa 105 milioni – con una percentuale di positività espressa superiore al 90%.
Le esperienze digital/virtuali di Nars e Vans, sono certamente di grande successo poiché consentono di soddisfare in misura rilevante uno dei bisogni più forti delle giovani generazioni, rappresentato dal bisogno di appartenenza e comunitarietà.
Tuttavia, si tratta di esperienze digital/virtuali che non garantiscono un impatto forte sulla desiderabilità del brand. Una survey da me effettuata su un campione di visitatori degli spazi realizzati da Nars e Vans ha infatti rilevato che alla domanda, “Pensate che l’esperienza fatta nell’ambiente creato dal brand contribuisca alla vostra identità nel mondo fisico”, hanno risposto positivamente solamente il 35% delle persone.
Inoltre, il livello di preferenza verso i prodotti del brand non risulta particolarmente influenzato dall’esperienza digital/virtuale, infatti solo il 20% circa delle persone che hanno visitato i mondi digital/virtuali di Nars e Vans dichiara che sicuramente acquisterebbe un prodotto fisico del brand se questo fosse di prezzo superiore a prodotti simili di altri brand.
L’impatto dei brand sulla desiderabilità: il caso di 9dcc
Per trovare esperienze digital/virtuali che hanno un impatto molto più alto sulla desiderabilità, bisogna rivolgersi verso altri brand. In particolare, verso brand che fanno ampio uso delle tecnologie del web3 combinandole con piattaforme social basate su tecnologie del web2.
Un primo caso certamente interessante è quello di 9dcc, un brand statunitense di moda digitale di lusso nato ad aprile del 2022, che ha lanciato la sua prima collezione phygital nell’agosto del 2022. Ogni articolo fisico di 9dcc viene fornito con incorporato un chip Nfc che lo associa a un Nft che ha come sottostante il corrispondente gemello digitale.
In questo modo, chi acquista un articolo digitale riceve la sua copia gemella fisica e viceversa. Con la prima collezione dell’agosto 2022, 9dcc ha venduto 1.111 magliette realizzando ricavi complessivi pari a circa 465mila dollari.
Sono poi seguite altre 9 collezioni phygital che hanno totalizzato vendite pari a oltre 15 milioni di dollari – con un acquirente top spender che è arrivato a spendere 1,41 milioni di dollari – e questo nonostante la forte caduta del mercato degli Nft avvenuta a partire dal 2022.
9dcc è riuscita a stabilire una connessione forte con il suo pubblico attraverso una comunità nella quale i fan competono tra di loro per riuscire a scalare le posizioni di una particolare “classifica a punti”. Per guadagnare punti, i fan devono indossare i prodotti del brand nella loro vita fisica e prendere parte alle conversazioni nelle live-chat che il brand organizza su X/Twitter.
Si tratta di conversazioni che – come dice il brand – sono per “innovatori e change makers”, che hanno come temi l’arte – nelle sue varie forme – piuttosto che l’invito a partecipare e commentare degustazioni di prodotti alcolici pregiati, ma anche partite di black jack alle quali è possibile partecipare toccando con la propria mano un capo fisico del brand.
Ogni tre mesi, le prime 25 persone in classifica guadagnano un badge di affiliazione al brand che – come dice Gmoney, lo pseudonimo del fondatore anonimo di 9dcc – sono “i migliori membri della nostra comunità, e i migliori ambasciatori del brand”.
Il numero di soggetti che fino ad oggi ha acquistato articoli phygital di 9ddc non è elevato – sono circa 3500 – tuttavia, attraverso la comunità creata dal brand, sono riuscito a raggiungerne circa 60 – di età compresa tra 17 e 55 anni – per sottoporre loro le stesse domande che ho posto ai visitatori dei mondi digital/virtuali di Nars e Vans.
Circa il 75% delle persone a cui mi sono rivolto ha affermato che l’esperienza digitale avuta con 9dcc contribuisce alla propria identità anche nel mondo fisico, con una chiara evidenza anche dell’impatto sulla desiderabilità del brand e sull’intenzione di acquisto dei suoi prodotti fisici.
Infatti, quasi il 70% di coloro che hanno acquistato un capo fisico di 9dcc – ad esempio una t-shirt – dichiara che acquisterebbe sicuramente un altro prodotto fisico del brand anche se di prezzo molto superiore a prodotti fisici dello stesso genere di altri brand.
Penso inoltre che valga la pena segnalare che nel corso dell’ultimo World Economic Forum svoltosi a Davos alcune settimane fa, 9dcc è stata premiata come Phygital Brand of the Year, dando così un chiaro segnalo al mondo della moda che non esiste più alcuna separazione tra fisico e digital/virtuale.
La comunità digitale lanciata da Nike
Infine, è di pochi giorni fa l’annuncio in cui 9dcc ha comunicato che i possessori dei suoi capi digitali potranno presto avere un accesso esclusivo a diversi ambienti di gioco virtuali. L’ultimo caso che vorrei riportare è quello di .Swoosh, la comunità digitale lanciata da Nike alla fine del 2022, basata sulle tecnologie del Web3.
Il 25 gennaio del 2023 i membri della comunità furono invitati a partecipare a una creator challenge chiamata YourForce1 attraverso un annuncio pubblicato sul blog della comunità, che recitava:
“Today, an exciting possibility of .Swoosh is now a reality — the ability to collaborate directly with .Swoosh. We’re calling it .Swoosh Studio, and the creative director is you. The first co- creation opportunity starts today with the YourForce1 challenge and is open to nearly all .Swoosh members. At .Swoosh, we’d like to expand the definition of what a creator can be. That’s why this .Swoosh Studio contest prioritizes creative storytelling over creative skills.We’re asking you: What of your story could make air force 1 history?”
Per partecipare alla challenge era necessario costruire una story-board su Instagram seguendo le linee guida fornite dal brand. Tra tutti coloro che hanno partecipato furono selezionati quattro vincitori – ai quali sono stati assegnati 5.000 dollari ciascuno – che hanno poi avuto l’opportunità di lavorare direttamente con i designer di Nike per creare le proprie sneakers digitali uniche.
I quattro modelli sono stati poi inseriti nella prima collezione di sneakers digitali uniche denominata OF1, messa in vendita lo scorso 15 maggio al prezzo unitario di 19,82 dollari. Nonostante alcuni problemi tecnici, nei primi 10 giorni sono state vendute oltre 71mila sneakers digitali uniche.
A luglio il brand ha poi reso disponibili a tutti i membri della comunità la possibilità di scaricare i file 3D delle sneakers della collezione per poterle personalizzare a piacere e stampare con una stampante 3D. A ottobre è stata invece lanciata la prima sneaker fisica denominata Tinaj – acquistabile solamente attraverso Snkrs, l’app sviluppata da Nike per tutte le sue sneakers – mentre a novembre è stata lanciata la prima maglietta fisica Tinaj, disponibile per l’acquisto ai membri di .Swoosh solo nella giornata del 29 novembre. Le magliette sono (ovviamente) andate sold-out nel giro di poche ore.
L’esperienza digitale influisce sull’identità nel mondo fisico
Nel corso del 2023 .Swoosh si è anche “materializzata” fisicamente in oltre 10 città del mondo, dove ha realizzato dei workshop finalizzati ad insegnare ai membri della comunità le tecniche di design digitale, e ha fatto debuttare Airphoria – un ambiente di gioco virtuale realizzato all’interno di Fortnite dove sono acquistabili e indossabili diversi capi digitali brandizzati. E per finire, le sneakers OF1 sono diventate anche fisiche, infatti i fan possessori di modelli digitali sono stati invitati a sbloccare le gemelle fisiche per poterle calzare ai loro piedi.
Mi fa piacere dichiarare di essere membro di .Swoosh fin dalla sua fondazione, anche se non ho partecipato alla challenge e non ho acquistato alcuna sneaker digitale. Tuttavia, ho avuto modo di partecipare a un paio di workshop ed ho potuto video-incontrare quasi 80 membri della comunità, per fare loro le stesse domande che ho posto ai membri dei mondi digital/virtuali di Nars e Vans, nonché ai membri della comunità di 9dcc.
Tutte i membri di .Swoosh a cui mi sono rivolto – i quali hanno un’età che arriva fino a oltre 60 anni – hanno affermato che l’esperienza digitale avuta nella comunità contribuisce alla loro identità anche nel mondo fisico, con una chiara evidenza dell’impatto sulla desiderabilità del brand Nike e quindi anche sull’intenzione di acquisto dei prodotti fisici del brand.
Infatti, tutti i membri di .Swoosh che hanno acquistato sneakers piuttosto che magliette o tute, dichiarano che acquisterebbero sicuramente un altro prodotto fisico del brand anche se di prezzo superiore ad articoli fisici dello stesso tipo di altri sportswear brand.
Ma ciò che ancora è più rilevante, è il contributo che affermano di ricevere al loro benessere personale derivante dalla possibilità di sviluppare ed applicare le proprie abilità nella ideazione e creazione di nuove sneakers. Tutti i membri di .Swoosh con cui ho parlato hanno infatti affermato chiaramente che la possibilità di creare delle sneakers applicando le proprie abilità li rende “estremamente legati al brand” poiché consente loro di essere “designer del proprio aspetto” ed esprimere così la propria identità.
Ma soprattutto, confrontando il livello di “attaccamento al brand” di queste persone rispetto ad altri consumatori che acquistano prodotti Nike ma che non sono membri di .Swoosh, ho potuto misurare un incremento che supera il 70% nelle principali metriche di desiderabilità del brand.
Il legame tra prodotti, cultura e tecnologia
Si può riassumere tutto questo dicendo che la vita digital/virtuale influenza in maniera profonda il complesso delle manifestazioni delle persone nella loro vita fisica, non solo sociale ed economica ma certamente anche estetica e forse anche spirituale.
In altri termini, la vita e le esperienze vissute nelle comunità digitali e nei mondi virtuali influenzeranno lo sviluppo della cultura delle persone poiché contribuiscono a plasmare la loro identità, cioè la percezione che esse hanno di sé stesse.
Nel futuro assisteremo quindi a relazioni tra brand e persone in cui i prodotti, la cultura e la tecnologia si intersecheranno secondo modalità completamente diverse rispetto al passato. Fino ad oggi infatti, i brand del settore fashion hanno proposto al loro pubblico un proprio lifestyle, risultato dell’intersezione tra i prodotti realizzati dai brand, la cultura e i valori del loro pubblico, e i punti fisici e digitali attraverso i quali i prodotti passano dai brand ai consumatori.
In altre parole, i brand hanno cercato fino ad oggi di identificare e raggruppare le persone secondo le loro identità e caratteristiche culturali, per offrire loro uno stile di vita coerente con la loro cultura, attraverso prodotti ed esperienze d’uso.
In futuro invece, la cultura sarà ciò che i brand dovranno produrre, mentre i prodotti fisici saranno solo ausiliari, saranno cioè un supporto alla produzione principale che sarà quella culturale. I brand saranno scelti non più sulla base dei prodotti che offriranno alle persone per essere consumati, bensì saranno scelti sulla base della cultura che saranno in grado di produrre per essere vissuta dalle persone.
In altri termini, la creazione di valore da parte dei brand non avverrà attraverso i loro prodotti fisici – piuttosto che quelli digitali – bensì avverrà attraverso la produzione di cultura, intesa come un insieme di conoscenze e pratiche, idee e racconti.
In un prossimo articolo descriverò come i brand del fashion system potranno realizzare questa transizione epocale, dalla produzione di beni fisici alla produzione di cultura, sfruttando – tra le altre cose – gli spazi digital/virtuali, il web3 e l’intelligenza artificiale.
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