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La sconfitta alle elezioni potrebbe essere un affare per Donald Trump

il tycoon Donald Trump

Articolo di Dan Alexander e Chase Peterson-Withorn apparso su Forbes.com

Donald Trump vedeva la corsa alle presidenziali del 2016 come una specie di strumento di marketing per il suo business. “Sapete, in un certo modo, contribuisce al valore del marchio”, dichiarò nel settembre 2015, quando era il favorito per la nomination del Partito repubblicano, a proposito del suo vantaggio nei sondaggi. “Non intendo parlarne”.

Solo che, ovviamente, ne parlò. Non soltanto con Forbes, ma anche con il suo team, che includeva l’ex avvocato Michael Cohen. “Il signor Trump diceva spesso che la sua campagna sarebbe stata il più grande informercial nella storia della politica”, avrebbe testimoniato in seguito Cohen davanti al Congresso. “Non si sarebbe mai aspettato di vincere le primarie. Non si sarebbe mai aspettato di vincere le presidenziali. La campagna per lui era sempre stata un’opportunità di marketing”.

La politica si è dimostrata in effetti un’opportunità di marketing per Donald Trump – non redditizia, però. Con la sua corsa, in sostanza, Trump si è assicurato di non continuare a ricevere compensi per The Apprentice, il programma andato in onda dal 2004 al 2015 che gli aveva fatto incassare, stando alle sue parole, 214 milioni di dollari. All’inizio della campagna per le elezioni del 2016, i partner commerciali di Donald Trump avevano preso le distanze dopo alcuni commenti controversi sugli immigrati messicani. Poco prima dell’inizio del suo mandato, Trump abbandonò dozzine di potenziali accordi. Una volta alla Casa Bianca, i proventi delle sue proprietà – come il golf resort Trump National Doral di Miami – crollarono. Il suo patrimonio è stimato ora in 2,5 miliardi di dollari, un miliardo in meno rispetto al giorno della cerimonia di inaugurazione alla Casa Bianca.

Tutto ciò mette il presidente in una situazione curiosa. Certo, secondo tutte le principali testate giornalistiche ha perso le elezioni. Il che significa che perderà presto alcuni dei privilegi presidenziali, come esercitare il potere sui creditori ed essere protetto dalle inchieste dei procuratori federali. Ma otterrà anche qualcosa in cambio: l’occasione di guadagnare, nei prossimi anni, molti milioni in più. Non un cattivo premio di consolazione.

Bill Clinton ha mostrato a tutti un metodo per fare cassa dopo avere lasciato l’incarico. Quando il 42esimo presidente degli Stati Uniti lasciò la Casa Bianca nel 2001, era sostanzialmente al verde e doveva pagare milioni di dollari in spese legali. Clinton trovò rapidamente un modo per fare soldi: cominciò a tenere discorsi a pagamento, a partire da quello presso Morgan Stanley il 5 febbraio 2001, appena 16 giorni dopo la fine del suo mandato, per 125mila dollari. Si stima che Clinton, alla fine del 2015, avesse incassato 106 milioni di dollari grazie alle sue conferenze. È chiaro che Donald Trump è in grado di richiamare grandi folle. Perché non chiedere loro dei soldi?

Bill Clinton, 42esimo presidente degli Stati Uniti
Bill Clinton, 42esimo presidente degli Stati Uniti (Slaven Vlasic/Getty Images)

Poi ci sono i libri. Si calcola che Clinton abbia guadagnato 38 milioni di dollari, tra il 2001 e il 2015, scrivendo libri come My Life, contenente le sue memorie. L’attuale twittatore in capo degli Stati non è noto per il suo talento letterario, ma ha pubblicato in realtà più di una dozzina di libri. Cosa che fa di lui uno dei miliardari americani con più titoli a suo nome. Con tutto ciò che ha visto durante il suo mandato, Donald Trump dovrebbe avere abbondanza di materiale fresco.

Quanto alla televisione, Trump sembra avere un ventaglio virtualmente infinito di possibilità. In teoria, potrebbe tornare ai reality. Forse potrebbe selezionare apprentice politici? Oppure potrebbe condurre un programma di informazione. È quasi certo che Trump farebbe in modo di far conoscere a tutti le sue opinioni – perché non farsi pagare, allora? Ci sono addirittura voci secondi le quali la famiglia del presidente starebbe considerando di acquistare o creare un proprio canale.

Nessuno sa meglio di Donald Trump che il successo in televisione può aprire ad altre opportunità. Forse alcuni partner sarebbero interessati a prendere di nuovo in prestito il suo nome. Grandi imprenditori stranieri hanno già fatto sapere che sarebbero molto interessati a stringere nuovi accordi. “La torre sarà pronta per il marchio Trump”, aveva detto nel 2017 a Forbes uno degli ex partner del presidente nell’ex repubblica sovietica della Georgia, “se il marchio Trump è pronto a tornare sulla torre”.

Donald Trump con il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell
Donald Trump con il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell (Drew Angerer/Getty Images)

Occasioni del genere sarebbero state lì ad attendere Donald Trump a prescindere dalla data della conclusione della sua presidenza. Come ogni investitore potrebbe spiegarvi, però, i soldi guadagnati domani hanno un valore maggiore degli stessi soldi guadagnati fra quattro anni. In particolare per un 74enne che non ha tempo illimitato per godersi la sua fortuna.

Donald Trump, a differenza di Clinton, lascerà lo Studio Ovale come proprietario di un business del valore di miliardi di dollari. La presidenza, però, ha danneggiato il suo brand. Per trovare un po’ di ottimismo, Trump potrebbe pensare a un altro ex presidente: George W. Bush. Quando Bush lasciò la Casa Bianca nel 2009, stando a una rilevazione Gallup, il suo indice di gradimento era del 34%: 12 punti in meno rispetto a quello attuale di Trump. Nove anni dopo, nel 2018, un sondaggio della Cnn mostrava che il 61% degli americani aveva un’opinione favorevole su Bush. Su un periodo di tempo più breve, il gradimento di Obama è passato dal 59% del giorno in cui aveva concluso il suo secondo mandato al 66% nel 2018.

Ricostruirsi una reputazione aiuterebbe Trump in tutte le attività che coinvolgono direttamente i consumatori. Come il Trump National Doral, i cui profitti – calcolati come ricavi al netto di interessi, tasse, svalutazione e ammortamento – sono crollati dai 13,8 milioni del 2015 ad appena 4,3 milioni nel 2017. Se il presidente recuperasse – per esempio – il 75% dei dollari andati in fumo nel suo primo anno di presidenza, guadagnerebbe 7,2 milioni in più all’anno. Lo stesso discorso vale per il Trump Hotel di Chicago, i cui profitti sono precipitati da 16,6 milioni nel 2015 a 1,8 nel 2018, stando ad alcuni documenti ottenuti dal Washington Post.

La sconfitta elettorale potrebbe giovare anche al portfolio immobiliare di Donald Trump a New York. Si calcola che il presidente possieda 17 appartamenti, valutati complessivamente 100 milioni di dollari, in un edificio all’angolo tra la 59esima Strada e Park Avenue. Il valore è però diminuito del 32% tra il 2015 e il 2019. I prezzi di altri appartamenti di lusso di Manhattan, nello stesso periodo, sono cresciuti del 15%. Non è difficile capire perché: il presidente, che alle ultime elezioni ha raccolto appena il 14% dei voti a Manhattan, è detestato nella sua città. Se il disprezzo dovesse attenuarsi negli anni e Donald Trump – per esempio – incrementasse del 10% il valore delle sue proprietà a Park Avenue, si calcola che il suo patrimonio crescerebbe di 10 milioni di dollari.

La residenza Mar-a-Lago di Donald Trump
La residenza Mar-a-Lago di Donald Trump (Joe Raedle/Getty Images)

La presidenza ha fornito a Trump la possibilità di beneficiare dei soldi dei contribuenti. Cosa che non per forza cesserà quando lascerà lo Studio Ovale. Secondo documenti ottenuti dall’associazione no-profit Property of the People, nei primi cinque mesi da presidente Trump aveva passato abbastanza da tempo nelle sue proprietà da fare in modo che i servizi segreti spendessero 254mila dollari nelle sue diverse attività. Non è chiaro quanto denaro del governo sia esattamente fluito, da allora, nelle casse dell’impero di Trump. I servizi segreti, che proteggono anche gli ex presidenti, dovrebbero continuare a frequentare le proprietà di Trump anche dopo che avrà lasciato la Casa Bianca. Specie ora che ha dichiarato Mar-a-Lago sua residenza ufficiale. Se i servizi segreti spendessero a un ritmo pari a un quarto di quello dei primi mesi della presidenza Trump – e se lui vivesse fino a 93 anni come suo padre – l’agenzia potrebbe finire per versargli altri 2,9 milioni di dollari.

La vittoria di Trump nel 2016 non è stata comunque del tutto negativa per i suoi affari. Il che significa che neppure la sconfitta del 2020 sarà del tutto positiva. Innanzitutto, darà ai procuratori federali la possibilità di incriminare Trump, che è stato finora protetto da un’interpretazione legale secondo la quale i presidenti in carica non possono essere perseguiti per reati federali. Il presidente dovrà anche combattere con il procuratore distrettuale di Manhattan e con il procuratore generale di New York, che stanno indagando sui conti di Trump.

Al di là delle questioni legali, ci sono alcune proprietà che potrebbero risentire del termine del suo mandato. Gli immobili di Trump nel Nevada, dove il presidente è più popolare che a New York, vengono venduti a prezzi altissimi. Chi può sapere se la tendenza proseguirà quando Trump avrà lasciato l’incarico? Inoltre, perderà presumibilmente clienti nel suo albergo di Washington D.C., tra cui i lobbisti e i funzionari stranieri interessati a costruire pubbliche relazioni.

Molte delle difficoltà che il business di Trump dovrà superare hanno a che vedere con i debiti. Per il suo hotel di Washington D.C., il presidente ha sottoscritto un mutuo da 170 milioni di dollari con la Deutsche Bank. La scadenza del prestito è fissata per il 2024. È solo una parte del miliardo di dollari abbondante che incombe sul patrimonio del presidente. I suoi creditori si aspettano che Trump ripaghi circa 900 milioni di dollari tra il 2021 e il 2024.

Raccogliere una simile quantità di denaro richiederà probabilmente una combinazione di vendite e rifinanziamenti. Un finanziatore naturale sarebbe Deutsche Bank, che al momento è in credito con il presidente per circa 340 milioni di dollari. Poco prima delle elezioni, però, è emerso un documento secondo il quale la banca tedesca voleva mettere fine ai rapporti con Trump. Cosa che, secondo i dirigenti dell’istituto, sarebbe stata più semplice se il presidente non fosse stato rieletto. Per sua fortuna, Donald Trump potrebbe avere meno difficoltà a trovare prestiti il prossimo anno, una volta che si sarà sbarazzato dello sciame di preoccupazioni etiche che derivano dal portare un business multimiliardario dentro la Casa Bianca.

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