Gavin Schmidt Nasa
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“La scienza sia il motore del cambiamento”: l’intervista di Forbes al climate advisor della Nasa

“Sono interessato a comprendere il clima passato, presente e futuro e gli impatti di molteplici fattori del cambiamento climatico, tra cui l’irraggiamento solare, la chimica atmosferica e i gas a effetto serra”, racconta Gavin A. Schmidt. Da febbraio 2021, sotto la nuova amministrazione Biden, Schmidt è diventato senior advisor on climate per la Nasa. È stato anche, dal 2014, direttore del Giss (Nasa Goddard institute for space studies) e ha fondato, assieme a otto colleghi, RealClimate, il pluripremiato blog sulla scienza del clima.

Gavin A. Schmidt è considerato uno dei maggiori scienziati del nostro tempo. Dopo avere studiato alla Corsham School, ha conseguito una laurea in matematica al Jesus College di Oxford e un dottorato in matematica applicata allo University College di Londra. Ha lavorato sulla variabilità della circolazione oceanica e del clima, utilizzando modelli di circolazione generale, e si è occupato di come conciliare i paleo-dati con i modelli. Ha collaborato con l’American museum of natural history, il Collège de France, la New York academy of sciences e la Columbia university. Abbiamo parlato con lui del futuro della Nasa e dei nuovi progetti in cantiere.

In qualità di nuovo senior climate advisor della Nasa, su che cosa intende focalizzare i suoi sforzi?

Spero di fornire un focus specifico sul clima alle varie attività della Nasa, in modo da poter rendere le persone e le parti interessate consapevoli di che cosa l’agenzia sta facendo, che cosa può offrire e come può costruire partnership per trovare applicazioni utili ai suoi dati.

In principio era un matematico. Come si è appassionato alla scienza, al clima e allo spazio?

Sono sempre stato interessato e bravo in matematica, sin dalle elementari. Sono rimasto affascinato dagli enigmi matematici, come quelli discussi da Martin Gardner, e ho continuato ad andare avanti in questa direzione. Ho deciso molto presto che sarei andato all’università per studiare matematica, forse già a 13 anni. E ho avuto la fortuna di ottenere un posto a Oxford. All’epoca non pensavo molto alla scienza, anche se frequentavo corsi di fisica e chimica: la matematica era decisamente l’obiettivo.

Come è arrivato, quindi, alla sua professione attuale?

È stata un’evoluzione: dalla matematica alla matematica applicata e alla dinamica dei fluidi, dall’oceano al clima. Lungo il percorso ho capito che più la matematica veniva applicata, più le altre persone erano interessate e più mi piaceva lavorarci.

A quali progetti state lavorando adesso alla Nasa?

Siamo molto concentrati sulla modellizzazione del clima e sullo sviluppo della nostra comprensione del perché dei cambiamenti climatici e del loro impatto. Questi studi si sono espansi di recente verso la modellizzazione dei climi su esopianeti scoperti di recente o su altri pianeti del sistema solare nelle prime fasi della loro storia. Più in dettaglio, si lavora su questioni legate al clima e alla qualità dell’aria, al cambiamento del livello del mare, all’impatto sull’agricoltura e sulle calotte glaciali.

Quali sono, secondo lei, i maggiori problemi che dovremo affrontare a causa del cambiamento climatico? In che direzione dovrebbero andare gli investimenti, in vista di un mondo migliore? 

Le sfide maggiori saranno associate all’innalzamento del livello del mare, alle inondazioni costiere e ai cambiamenti estremi: ondate di calore, siccità, tempeste. Le tecnologie giocheranno un ruolo importante nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici. Penso ad aspetti come le reti intelligenti, le tecnologie delle batterie e tutti i sistemi che aiutano le persone a prendere decisioni migliori e più rispettose del clima.

Cosa pensa della “corsa” alla conquista dello spazio, anche a opera di imprenditori?

Ci vuole molto lavoro per portare i sensori nello spazio. Tutto ciò che la Nasa o l’Esa lanciano è il prodotto, a volte, di decenni di discussioni e dibattiti tra ciò che sarebbe ideale e ciò che può essere sviluppato. Altri gruppi, con diversi programmi o specifiche opportunità di mercato in mente, approderanno a soluzioni diverse, che possono essere sia complementari ai dati della Nasa, sia redditizie per le società coinvolte. Sintetizzare diversi flussi di dati per la massima comprensione e previsioni migliori può essere una sfida, ma non vediamo l’ora di farlo. Vedo il futuro della Nasa brillante e vivace.

Quali saranno le tecnologie più richieste?

Premetto che non sono un analista di investimenti. Penso però che le tecnologie energetiche, come reti intelligenti e più estese, batterie e generazione su piccola scala, saranno importanti.

Cosa pensa dell’uso sempre maggiore di robot e intelligenza artificiale?

Preferisco il termine machine learning, che è forse meno minaccioso. Il fatto è che il volume di dati prodotti nel mondo cresce velocemente, molto più velocemente di quanto li possiamo gestire con metodi standard. Il machine learning ci offre l’opportunità di esplorare questi set di dati ampi e variegati, per scoprire nuove scienze e aumentare la comprensione. I robot nello spazio hanno avuto un enorme successo. Penso, per esempio, ai rover su Marte. E la Nasa seguirà senz’altro le missioni su Titano (il più grande satellite naturale di Saturno, ndr), su Europa (il quarto satellite naturale di Giove, ndr) e in altre parti del sistema solare.

Il 22 aprile è l’Earth Day, la giornata mondiale della Terra. Cosa auspica per quel giorno?

L’Earth Day è una grande opportunità per mostrare ciò che stiamo imparando sul mondo e portare l’attenzione su questioni importanti come il cambiamento climatico. Possiamo prendere decisioni migliori su clima, qualità dell’aria e salute pubblica, ma dobbiamo essere consapevoli che il motore del cambiamento deve essere la scienza. Non si può aspettare che a muovere la gente sia un pio desiderio.

Quali pensa possano essere alcune soluzioni al problema ambientale?

Ci sono molte cose che contribuiscono al cambiamento climatico e, quindi, molte potenziali soluzioni: le persone devono prendere decisioni come consumatori, genitori, cittadini, scrittori, intellettuali, imprenditori e innovatori. Tra le sfide maggiori c’è la riduzione delle emissioni per i trasporti, con una combinazione di veicoli elettrici, aumento della mobilità in bicicletta, la creazione di comunità più vivibili e percorribili e di un trasporto pubblico migliore. C’è poi il tema della generazione di elettricità: solare, eolica, idroelettrica, geotermica, mareomotrice (ricavata dagli spostamenti d’acqua causati dalle maree, ndr). E bisogna migliorare gli edifici, l’industria e l’agricoltura. È un compito arduo, che deve essere perseguito in molte direzioni contemporaneamente.

Lei ha creato il blog RealClimate proprio per creare consapevolezza.

Oggi, nell’era dei social media, può essere difficile da credere, ma nel 2004 l’idea che gli scienziati potessero parlare direttamente alle persone e ai giornalisti sembrava radicale, rivoluzionaria. Eppure la necessità per gli scienziati di prendere parte alla conversazione pubblica sul cambiamento climatico, così come su molti altri argomenti, era fin troppo reale già allora. RealClimate è stato il risultato di quel bisogno e il riconoscimento che, se vuoi che un lavoro sia fatto bene, spesso devi farlo da solo.

Quali progetti vorrebbe sviluppare in futuro?

In questo momento sono concentrato sul vedere come la Nasa possa essere utile a tutte le parti interessate: dal governo alle agenzie, dalle ong alle società private. E voglio approfondire come possiamo costruire partnership redditizie.

Quali consigli darebbe a chi sogna di diventare uno scienziato o un matematico della Nasa?

Siate interessati. Leggete. Studiate. E non esitate a contattare le persone che fanno cose interessanti.

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